Un treno nella notte filosofante di Piero Vassallo (Solfanelli – Chieti, casa
editrice cattolica) è un libro da stroncare? Un fatto più che raro nella
cultura del consenso però, prima di leggerlo, mi hanno raggiunto “rumors” sulla
degenerazione dei costumi (di cui si parla nel libro), inclusa omosessualità,
pederastia, fin sacrifici rituali, roba di cui comunque siamo avvertiti dalla
diffusione di sette sataniche. Roba quindi di cui, per prevenzione, si dovrebbe
discutere. Né ci sono descrizioni spinte come nei boom editoriali di libri osé,
al punto che per la sua Madame Bovary
(1857) Flaubert rispose: “C’est moi”.
C’illuminano
queste parole di un personaggio del libro (scritto in forma di romanzo):
“Stanno lavorando per ridurre il papato in completa balia del potere laico.
L’obiettivo è una chiesa nazionale, ridotta a pittoresca cerimonia e farsa. Ci
manca che eleggano vescovi dichiaratamente omosessuali”. Questa discussione (p.
144) segue al ripristino del potere temporale dei Papi, ma include anche “l’umiliazione
del cattolicesimo come parte del programma comunista”. Nel romanzo l’accenno è
ad una comunità di Entità, preposte alla rieducazione di persone fatte
prigoniere durante un viaggio in treno. Ne conseguono alcune considerazioni:
“Chi ha messo i comunisti sulle cattedre dei licei e delle università? Palmiro
Togliatti ha ricevuto l’investitura in una banca massonica. I giovani, scarpe
di gomma, tamburi di latta e testa rombante eseguono a puntino i piani
eleborati in alta sede..., la persecuzione alla Chiesa è ignobile ma
vantaggiosa. I rivoluzionari si sono arricchiti saccheggiando i beni
ecclesiastici.” Fin qui siamo nella storia abbastanza nota, però a questo punto
scatta il pensiero controcorrente del filosofo-storico Vassallo. Ci ricorda
quanto sia ingannevole il trionfo della Russia sovietica e come sia già
cominciata l’ora di un altro seduttore, della Germania. Obietta un personaggio
del libro: “Ma la Germania ha perduto la guerra”. Replica: “Quella delle armi.
La guerra riprenderà dopo la fine della Germania nazista che avrà bruciato la
sua miglior gioventù. Si faranno avanti gli intellettuali, i figli
dell’ignavia, quelli che il gergo delle caserme definisce ‘vaselina’. La
Germania diventerà capitale della perversione”. Arriva poi questa conclusione:
“Gli scrittori gnostici (ontologia negativa che genera il culto di eroi
negativi e dei popoli viziosi) hanno esaltato ‘cainiti, sodomiti, egiziani’.
Alla luce di questo precedente l’adesione al razzismo germanico rappresenta
l’incontro dell’ontologia negativa con l’etica dei distruttori”. Come non
bastasse a fine libro un personaggio ricorda Padre Pio che denunciò “il
lupanare, vero fomite dei mali presenti”.
Un
altro gli ribatte: “Il lupanare o la banca? Vedi una differenza tra le due
strutture parallele?”, e siamo nell’attualità che ci preoccupa. Nel romanzo
s’insiste, chiedendosi se l’imprenditore d’Arcore, avendo vinto le elezioni,
riuscirà a produrre cambiamenti positivi e se si debba far festa. Risposta:
“Mezza festa. L’economista ‘ineconomico’ è dietro l’angolo e si chiama Mario
Collinari, l’arnese di Giorgio Salernitano”. Una chiave di lettura del libro
infatti è seguirne la satira, decifrando nella storpiatura ad arte nomi noti.
C’è
anche una parte autobiografica. Si può ipotizzare Vassallo stesso in uno dei
due studenti squattrinati che vanno a
conoscere a Roma il barone nero, di cui non è scritto il cognome Evola, ma solo
i nomi di battesimo e di cui viene ricordata la propensione per studi esoterici. (Evola scrisse dal 1920
al ’74 della morte, appellandosi al Tradizionalismo
che implicava una società spirituale, aristocratica e gerarchica). Si può
ipotizzare che Vassallo, poi docente di Teologia, si identifichi anche con don
Sergio (bella figura di sacerdote degli umili) quando da scolaretto delle
elementari si appassiona alla fede e alle domande che questa porta con sé. Nel
romanzo tanti i nomi dei filosofi, i grandi e i devianti: ci vuole molta
cultura per leggere. Vassallo non mette note d’ausilio e, a voler capire bene,
si devono consultare libri per ricuperare un po’ di quel sapere che in lui
sembra innato ma gli viene da una vita di studio.
Ci si
può però abbandonare alla lettura secondo il piacere dell’intelligenza, di
battute fulminanti come dello studioso ed amico Francesco Grisi (morto a Todi
nel 1999): “Il vino scaccia l’olio santo” (cioè allegria fa rima con
malinconia); o come un’altra sul popolo degli sciatori, ormai dediti alle
scioline, in quanto il nostro tempo è di “discendenti universali”. In alcune
pagine uno spirito di autentica poesia. Poesia anche del paesaggio se questo si
configura in luoghi dell’infanzia come la mitica Salita della Rondinella.
Maria Luisa Bressani Ferrero
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