martedì 7 maggio 2013

Un treno nella notte filosofante (Recensione di Aldo Carpineti)

      
Si intenda detto per inciso che il primo sentimento che “Un treno nella notte filosofante” suscita, quasi ad ogni passaggio verbale e concettuale, per tutto il racconto ed a maggior ragione alla conclusione della lettura, è lo stupore.
Perché Pier Angelo Vassallo, per noi tutti suoi amici famigliarmente Piero, stupisce sempre, in ogni sua manifestazione: per la smisurata quantità e qualità della sua cultura, per il rigore della sua dialettica, per lo stesso quotidiano personale proporsi agli altri, immancabilmente stupisce, certo anche al di là della propria intenzione, ed in barba ad un atteggiamento personale pacato, sempre misurato, mai invadente né al di sopra delle righe, volentieri sorretto da una ironia sottile.
Non ho letto tutta la letteratura prodotta da Piero, pertanto non so se quest’ultima creazione rappresenti in qualche modo una summa delle precedenti, ma senza dubbio in essa appaiono un pensiero ed una logica compiuti ed in qualche modo totalizzanti; un discorso completo e complesso che, per ciò stesso, passa attraverso diverse fasi chiaramente riconoscibili, pur connesse tra loro da un ben individuabile filo logico che le unisce e ne giustifica le differenti modalità stilistiche ed espressive.
La potenza del sacro accanto alla dissacrazione del manierismo benpensante, la frequente citazione dotta insieme all’informazione contemporanea, alla nota popolare ed anche popolana; un’aggettivazione ricchissima e mai ripetitiva, l’ironia dell’iperbole e degli accostamenti paradossali. Una descrizione accuratissima fino al raggiungimento del particolare quasi inosservabile ed impensabile, continuamente cangiante, lascia poco ed insieme moltissimo alla prosecuzione fantasiosa del lettore.
Da una seconda fase di ispirazione orwelliana dove la fattoria degli animali trasmuta in una valle, nicchia geografica nella quale i Capi vengono chiamati Enti per non urtare il politically-correct di facciata, si passa senza soluzione di continuità alla rappresentazione di un mondo dove i malcapitati viaggiatori conoscono la disperazione delle città bibliche maledette.
La situazione suscita in essi stati d’animo tanto strazianti quanto non domi, a costo di subire le conseguenze della ribellione alla tremenda ingiustizia.
Ma a questo punto, in un dantesco “la morta poesì resurga” , l’autore innalza un lungo e mirabile inno a Dio, una laude  all’Altissimo che non può non far tornare alla mente il coraggioso slancio del sommo poeta nel rappresentare, nella terza cantica, qualcosa di tanto ineffabile e irraggiungibile alla parola comune: da qui, per i prigionieri, la faticosa fuga dall’odiata nicchia geografica verso la speranza, non ancora chiara nei modi di proporsi e di realizzarsi ma certa del risultato, anche terreno, nella fede.
Per Vassallo il mondo (e con esso l’uomo e tutte le cose) è insieme essere e divenire, Dio invece è solamente essere perchè non conosce il passare del tempo né i cambiamenti d’essenza; la sua impostazione si può considerare un abbraccio incondizionato alla tradizione giudaico-cristiana, e alla ragione tomistica; non accolto il metodo cartesiano né l’irrazionalità di Nietzsche, criticati politicamente i francofortesi di Adorno e gli sviluppi marcusiani, appare imprescindibile l’esigenza della guida, nel rifiuto tanto dell’illusione liberista  quanto dell’inganno giacobino. Non le contraddizioni dell’illuminismo dilagante, figlio parricida del concetto di sacro, ma il Vecchio ed il Nuovo Testamento, quali donatori di speranza persino nelle contingenze dell’attuale buio e preoccupante momento storico: ottimismo che discende in linea diretta dalla stessa promessa della salvezza. Un’idea che si trova tradizionalmente in contrasto con l’opposta visione del paganesimo politeista di stampo ellenistico secondo la quale l’uomo esaurisce su questa terra la ragione di se stesso e, al di là, ogni speranza è bandita; teorica anche questa, che oggi è significato e generazione di voci più che autorevoli anche in campo nazionale e fra tutte notevolissima e grandemente attuale è quella di Umberto Galimberti.
Ma Vassallo va apprezzato anche sotto diversi profili che pochi gli conoscono: una cultura alternativa di carattere aziendale-commerciale da cui gli deriva l’esattezza del linguaggio giuridico e la padronanza delle problematiche inerenti ai bilanci societari ed all’amministrazione contabile. Senza dimenticare la passione per il buon cinema, per la musica eterna e per quella contemporanea, se spiritosa come sa essere la tarantella del genio partenopeo Renato Carosone e l’attenzione alla tenera malinconia filmica della minuscola interprete ed eroina Gelsomina.
Una personalità multiforme ed un’umanità completa, dunque,  ma piana, coerente a se stessa, un uomo che ha il grande merito di saper osservare la realtà e le cose da più punti di vista e di crearsi convinzioni robuste omologate dalle diverse ottiche frequentate, mai superficialmente, anzi attraverso le profondità del cannocchiale del sommergibile.
E’ la sua risposta, convinta ed appassionata, al mistero dell’esistenza che coincide con quello della speranza; pur nella sciatteria di molta parte del mondo moderno, la salvezza passa attraverso la scelta esistenziale della ragione che è ordine per tutte le cose.

Aldo Carpiteti



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