Fini
finis
Amedeo Laboccetta
narra la destra suicidaria
e la discendenza di
Fini dalle illusioni di Almirante
Il 12
febbraio del corrente anno, nel quotidiano romano "Il Tempo" è
apparsa un'intervista all'ex deputato del Pdl ed ex amico e stretto collaboratore
di Gianfranco Fini, Amedeo Laboccetta. Un'occasione utile per rivelare (forse
involontariamente) le dimenticate cause della catastrofe, che ha sepolto nel
ridicolo gaucciano la destra di stampo almirantiano. E per indicare ai
cattolici la direzione politica vietata dal senso comune e dalla dignità.
Laboccetta
rivela, infatti, che la crisi della destra ha origine dal capovolgimento di
quel principio di solidarietà personale e civile, che dovrebbe governare gli
atti dei dirigenti politici irriducibili all'odio di classe e in generale alla
spregevole invidia: "Una volta Berlusconi e Gianni Letta si recarono
nell'appartamento di Fini alla Camera. Il Cav. gli chiese cosa voleva per
piantarla. Fini chiese la testa di due ministri, La Russa e Matteoli, e di
Gasparri, che era capogruppo al Senato. Berlusconi trasecolò: 'Ma sono tuoi
amici'. Fini replicò: 'L'amicizia in politica non è un valore'. Ecco questa era
Gianfranco".
Un'aura sgradevole
avvolge la meschinità dell'uomo e squalifica il suo rozzo pensiero. Pensiero
(se tale si può definire) in aperta guerra con i princìpi della nobile
tradizione della scienza politica, da Platone a Aristotele fino a San Tommaso,
a Vico e a Fabro.
Si pone
il problema: quale è la causa di una tale capovolgimento della tradizione e di
un tale degrado (si è tentati di dire casalese, visto che la qualifica
machiavellica offenderebbe perfino la memoria del segretario fiorentino) della
classe politica "a destra"?
A tale
domanda risponde Laboccetta: "Quando Almirante lo [Fini] propose
segretario del Msi in tanti eravamo perplessi. Allora Giorgio [ecco un nome
che non ha portato fortuna alla politica italiana] ci invitò a casa sua e ci disse di stare
tranquilli. 'Fini', disse, 'prima di andare al partito passerà sempre per casa
mia' E allora ci convincemmo".
La garanzia di
controllare Fini era infondata, dal momento che il padrino Almirante era
molto anziano e di salute cagionevole, vero è che sopravvisse solo un anno alla
promessa a Laboccetta. E oltre che infondata l'assicurazione almirantiana era
insincera, dal momento che il segretario del Msi nutriva e confessava
continuamente un'invincibile stima nei confronti del suo "delfino" o
garzone.
Chi ha attraversato
l'infelice e fallimentare storia della destra missina, peraltro, rammenta il
disprezzo che Giorgio Almirante nutriva nei confronti dei militanti refrattari
al "totalitarismo oratorio" (la politica è unicamente comiziale) e
perciò capaci di pensare con la propria testa e, all'occorrenza, di disubbidire
al comando cervellotico.
Dominato
dall'innaturale avversione all'uomo di pensiero e di carattere, Almirante
trattò alla stregua di nemici, screditò e spinse nel margine i più qualificati
esponenti della potenziale classe politica, i quali si erano formata nel
raggruppamento giovanile del Msi sotto la guida di Ernesto De Marzio e di Carlo
Costamagna: Fausto Gianfranceschi, Enzo Erra, Giano Accame, Fausto Belfiori,
Pinuccio Tatarella, Gianni Allegra, Gabriele Fergola.
A
conferma del giudizio negativo sull'ideala umano del capo missino sta la
originaria scelta di promuovere segretario del Fronte della gioventù l'opaco ma
caninamente servile Fini, che il congresso dei giovani, celebrato nel 1976,
aveva respinto al quinto posto nella lista dei prescelti.
A causa
di tale cervellotica decisione gli oppositori interni attribuirono ad Almirante
il titoli irridente di "capocomico".
Giovanni
Volpe, il geniale mecenate che aveva inventato gli Incontri internazionali
della cultura per avviare un confronto tra le anime della destra ideale,
rappresentate da Giuseppe Sermonti e Massimo Pallottino, Marcel de Corte e
Arnaldo Volpicelli, Nicola Petruzzellis e Augusto Del Noce, Ugo Spirito e
Fausto Gianfranceschi, Sergio Ricossa e Marino Gentile, lamentava il
disinteresse e l'ostilità di Almirante verso le proprie splendide iniziative.
Fini è
un mediocre orecchiante. Almirante era un uomo colto purtroppo in guerra contro
la cultura della destra vivente fuori dal suo controllo e del suo ragionare
secondo Pirandello.
Sembra
opportuno concludere che è illusorio, patetico e destinato al fallimento il
tentativo di fondare il partito della destra sull'immaginario conflitto tra la
politica di Almirante e quella di Fini.
La
destra d'ispirazione cattolica, di conseguenza, deve nascere da una filosofia
politica irriducibile al machiavellismo borgataro e al pirandellismo
filodrammatico, che ha elevato uno zotico interprete all'infelice vertice della
politica italiana.
Piero Vassallo
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