lunedì 22 agosto 2016

LA DEMOCRATICA LEGGEREZZA DELLA LEX (di Piero Nicola)

  Quante volte politicanti e governanti vantano lo Stato di diritto, la democratica certezza del diritto, l'uguaglianza di fronte alla legge. Basterebbe la reale mancata applicazione delle leggi (senza dire delle osservate leggi inique e abominevoli) per distruggere quel vanto e quella garanzia. Troppi disordini, dallo spaccio della droga ai taglieggiamenti, all'ingresso clandestino di stranieri, potrebbero essere soppressi e non lo sono.
  Ma quasi ogni giorno veniamo a sapere di pericolosi delinquenti stranieri inviati al rimpatrio. A parte il fatto che di tali immigrati può essere impossibile stabilire la provenienza e che i denari mangiati dalle indagini e dai viaggi escono dalla saccoccia del contribuente italiano, perché essi non subiscono il regolare processo e la debita incarcerazione? Perché concedere l'immunità a chi ha commesso reati in casa nostra, è soggetto alla nostra sovranità, e potrà ritornare da clandestino per delinquere qui nuovamente? - Casi simili sono già avvenuti in abbondanza - Ragioni di convenienza, ragioni politiche, ragion di Stato? Allora qui siamo alla stregua di qualsiasi regime autoritario, che almeno ha il coraggio di dichiararsi costituito per applicare ad arbitrio due pesi e due misure, legalmente parlando.
  Sussiste un divieto di uscire in pubblico col volto mascherato. Invece alle donne maomettane è permesso di farlo, in barba al Codice penale. E chissà che in tale facile travestimento non abbiano a celarsi uomini e individui terroristi?
  Ai giudici, poi, è data una tale facoltà di interpretazione (filosofica, morale o politica) delle leggi, così che, per la medesima imputazione, alcuni magistrati scagionano l'imputato, altri lo condannano, alcuni lo tengono in prigione, altri lo lasciano a piede libero. Per esempio, circa la cosiddetta procreazione assistita (uso di ovuli e spermatozoi) e circa l'adozione del figlio del compagno da parte di una coppia omosessuale, si danno sentenze opposte.
  Volgiamo uno sguardo indietro. Quasi all'improvviso, il divorzio privò marito e moglie della certezza sulla durata indefinita del loro matrimonio (dopo secoli di indissolubilità di quel vincolo) in forza di un decreto del tutto umano, dovuto all'umano talento, privo d'una superiore autorità da cui discendere. In seguito, il capofamiglia venne deposto dalla sua carica senza che ne avesse colpa, fu stracciato il contratto per il quale egli aveva il preminente ufficio di condurre la famiglia. Sua moglie e sua figlia acquistarono il diritto inedito di abortire. La società tutta dovette accettare la liceità e gli oneri degli aborti prima giustamente vietati ed esecrati.
  Oggi si è legalizzata la coppia di fatto, inclusa quella degli omosessuali, assegnandole uno statuto quasi matrimoniale. La società ha subìto questa rivoluzione (nondimeno etica ed economica) essendo sbalzata dal precedente assetto giuridico su cui si fondò una sua sicurezza.
  Non vale eccepire che i costumi cambiano e quindi la legislazione. Ci sarebbe ben donde per entrare nel merito, ma, prescindendo da ciò, viene comunque meno l'assegnamento promesso sulla giustizia, quando essa risulta del tutto incerta e mutevole.
  Domani ai figli sarà dato di procurarsi la cannabis lecitamente, a scuola essi saranno invogliati dall'insegnamento a cambiare il gusto sessuale e a fare qualsiasi uso del sesso. Non è questo un capovolgimento del diritto, basato sui costumi fino a ieri reputati onesti?
   In conclusione, questo nostro ordine civile costituzionale è oltremodo disordinato, e mendace quando assicura la certezza del diritto.


Piero Nicola

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