lunedì 8 agosto 2016

IL MORBO CIVILE (di Piero Nicola)

Mi è capitato di sentire un giovane medico, prestante e vitale, irridere un suo conoscente pessimista. "Vede tutto nero" ha detto, "deve aver vissuto esperienze sbagliate e vorrebbe vendicarsi sparlando degli altri e buttando fuori giudizi catastrofici".
  Secondo lui il menagramo non doveva essere che un vinto, esacerbato dalle frustrazioni.
  Per il momento, lascio da parte il destino dell'anima di quell'uomo di spirito, che magari si compiace della pseudo-chiesa messasi al passo con i tempi. Interessa osservare le minacce evitabili (assenti in altri tempi maggiormente normali) che insidiano il futuro del gagliardo realista, il quale accetta i pro e i contro del presente, amando la vita e così com'è.
   Prendiamo atto che egli è giunto alla sua età con uno spirito vincente. Forse le circostanze familiari e sociali gli sono state propizie. Però non è escluso che sia di quelli che se la cavano mentendo anche a se stessi. Forse si è tratto d'impaccio grazie alla sua forza intrinseca e giovanile. Ma quali sono gli ostacoli che lo aspettano? Basterebbe che incappasse in uno solo di questi inciampi (non evitati, anzi voluti dal governo civile) per rompergli le uova nel paniere? Vediamo quali essi siano.
  Egli può usufruire del divorzio, dell'unione civile o semplicemente della rispettata convivenza. Un legame di coppia si troverà pure nel suo avvenire e, perché no? avendo dei figli, giacché soprattutto la sua donna ambirà al proprio completamento esistenziale diventando madre. Ora, chi sfugge a qualche fastidiosa discordanza con il compagno e, data la licenza dei costumi, a un piccolo tradimento che punge l'orgoglio, oppure a una certa flessione del desiderio reciproco, o infine a una combinazione di due o più fattori disgreganti? Avendone il destro, chi rinuncia a una maggiore felicità che gli si prospetti?
  Quando il matrimonio fosse legalmente indissolubile salvo casi eccezionali, e lo Stato promuovesse l'antica onestà dei rapporti fra i sessi, il nostro bravo amico correrebbe molto meno l'alea di dover rifare la coppia e di ritrovarsi con successive insoddisfazioni, non traumatizzerebbe i figlioli della famiglia liquidata, non dovrebbe sostenere un aggravio economico e diversi travagli a causa di tale rottura, né sostenere possibili casi di coscienza (anche il più corazzato ne possiede una) bensì nei confronti dell'ex consorte o, viceversa, non dovrebbe subire il di lei abbandono. Riguardo alla prole, la sua autorità, il suo diritto ad allevarla ed educarla, sarebbero ben meno compromessi.
  Un secondo ostacolo messo sul suo cammino (che la potenza dello Stato può togliere di mezzo e non lo fa) consiste nella droga. La droga non è quella cosa che riguarda soltanto gli altri, può toccare a chiunque come una delle sciagure più perniciose. Ammettiamo che il Nostro sia un maschio equilibrato, che fumò spinelli da studente, che fiutò cocaina ai festini senza prendere il vizio. Ma, quand'anche la sua cara metà non ci sia cascata, i figli sono soggetti al pericolo di cadere nel vizio esiziale, nonostante la famiglia solida e attenta. In questa vita si sopravvive a qualsiasi disgrazia, ciò non toglie che si resti scossi nella propria sicurezza.
  Allorché si scopre che il proprio ragazzo o la figliola pendono dal lato omosessuale, incoraggiati dalla società e dalle scuole di vario genere che predicano non solo il rispetto dell'innaturale rapporto, ma invogliano gli indecisi e i deboli alle esperienze più stolte, mentre i pervertiti sono facilitati intendendo afferrare le loro prede, allora il genitore, figlio del secolo, mostra qualcosa che sta fra l'indifferenza e la perfetta comprensione, sebbene avesse desiderato un nipotino autentico, erede del suo Dna, e non un prodotto di complicati traffici e alchimie. A questo punto, ci asteniamo dall'indagare la sua intima condizione.
  A proposito della procreazione, chi dice che la sua compagna non possa mettere al mondo una creatura naturalmente e voglia ricorrere ai vari metodi artificiosi, e che egli non ne sia, suo malgrado, disgustato?
  Ancora una volta un sistema politico che rivaluti l'etica precedente (checché se ne dica, un regime di tal fatta avrebbe oggidì, in questa palude delle idee, tutto l'agio di ripristinare valori, di esaltare le patrie glorie e il senso dell'onore, il sentimento della nazione e della sua difesa armata) mette al suo posto l'omosessualità e la procreazione mostruosa, diminuendo drasticamente gli effetti deleteri dell'una e troncando quelli dell'altra.
  Il tipo preso in esame è un edonista. Essendo soltanto tale, non esiste essere umano più di lui soggetto alla sazietà, alla noia, alla depressione e alla pazzia. Dandosi ai godimenti voluttuosi, nessuno più di lui rischia di finire nella schiavitù dei vizi. Se ama le donne, una non gli basta, e si caccia in un ginepraio di relazioni, in un seguito di convivenze, da cui verrà fuori certamente malconcio.
  Non si creda che di questa  sorta di crisi sia estraneo lo Stato. Esso è lungi dal mobilitare gli spiriti in modo ideale e sociale. E dev'essere raro che nella professione abbracciata, nell'eventuale impegno di solidarietà umana, non si insinui il verme della corruzione, dal momento che la corruzione - dalla politica alla mafia - si diffonde ovunque. Invano l'individuo si illude all'americana. L'illusione marcisce in lui che vi resta abbarbicato. Già la maggioranza popolare si sta staccando dal viscido inganno, ha perduto la fiducia nella classe dirigente. Elezioni e altri fatti lo dimostrano.
  Poniamo che costui dal facile sorriso tra le labbra volitive sia un cinico coriaceo. Viene il giorno in cui la crudele malattia o la vecchiaia gli smorzeranno il buon umore, e il passato non supplirà al presente, tanto meno nel domani spaventoso per l'estremo salto nel buio che lo aspetta.
  Riesce forse il beato ottimista a giungere indenne alla meta, superando la corsa ad ostacoli che l'attende? Riesce a danzare sul fallimento democratico, a cavalcare la tigre nel disincanto e nella soddisfazione, degni d'un iniziato finanziere di Wall Street? È piuttosto difficile. Ad ogni modo, perseverando sino all'addio a questo suo paradiso, non sfuggirà al tranello diabolico: la sua superba spregiudicatezza gli costerà un passaggio sulla barca di Caronte.
  Quanto ai poveri di spirito, il loro scapito terreno e ultraterreno è pure assicurato, quando potrebbe essere di gran lunga inferiore.
  È proprio come se ci fosse una terapia che guarisce alcune serie malattie epidemiche, e il medico non la prescrivesse per sue convenienze personali. Il rappresentante del popolo propina un farmaco dal gusto stuzzichevole, accresciuto con nuove aggiunte piccanti. La massa presa in cura un po' ne è stanca e subodora il raggiro, ma ancora aborrisce le medicine amare e le iniezioni dolorose. Piuttosto che assaggiare il rimedio che ricorda l'olio di ricino, trangugia la solita pozione dolce e drogata. Eppure non è escluso il sorgere di bravi persuasori, capaci di esaltare la sana virtù della cura eroica.


Piero Nicola

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