sabato 2 aprile 2016

L'ITALIA CHE NON AVESSE FATTO LA GUERRA (di Piero Nicola)

Lasciamo stare i molli pacifisti e gli attuali storici di professione: anche gli studiosi che ambiscono a restare nella Storia e soprattutto nella mente di Dio come onesti testimoni, si sono smarriti o trovati in imbarazzo circa la dichiarazione di guerra che l'Italia presentò a Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, per iniziativa del capo del governo e con l'avallo del re, non più Re Soldato.
  Le conseguenze furono una sconfitta militare, accompagnata da un crollo politico determinato non tanto dalla demoralizzazione e diserzione popolare quanto dal cedimento dei vertici del regime, complice la monarchia. Essa provocò il rinnegamento e la messa al bando degli artefici di un ordine civile; provocò, col suo voltafaccia nei confronti dell'alleato germanico, la reazione degli italiani che ritennero di opporsi al misfatto e al nemico originario. Infine, Vittorio Emanuele II fu all'origine della guerra fratricida, e resta il sospetto che egli abbia voluto la disfatta fin da principio, a vantaggio delle massonerie internazionali, poiché il fascismo era sfuggito al controllo che avevano supposto di poter esercitare su di esso.
  Ma immaginiamo un'Italia fascista neutrale, ingiustamente colpita da sanzioni economiche e da una propaganda ostile, una Patria astenutasi dall'intervenire nel conflitto, sebbene l'alleanza con la Germania, il famoso Patto d'acciaio, l'obbligasse, almeno moralmente, a schierarsi al fianco di Hitler. Forse costui aveva usato maniere forti per ottenere in Polonia il Corridoio di Danzica, città di popolazione tedesca; sta di fatto che gli Alleati dichiararono una guerra evitabile e dovuta soprattutto a motivi politici.
  L'errore di Mussolini, spinto dall'ostilità delle grandi democrazie, di unire le nostre sorti all'empio dittatore di Berlino fu una colpa non lieve. A parte ciò, egli avrebbe dovuto, ad ogni modo, accettare un isolamento che ci rendeva vittime di sistemi statali prepotenti, ipocriti, inferiori sul piano della civiltà e della giustizia (il seguito della degenerazione occidentale lo ha ampiamente dimostrato), i quali, aspirando al dominio planetario, paventavano che il fascismo potesse conquistare il mondo ancora sotto la loro influenza e penetrare nel loro stesso seno?
  Vediamo dunque il nostro ipotetico futuro di neutrali dopo la prevedibile fine del nazismo. Ecco una nazione che ha disertato il campo di battaglia, costretta a subire il sopruso, di nuovo messa in condizione di dover combattere, senza speranza di vittoria, oppure rassegnata a sottostare. La crisi economica, l'assalto delle seduzioni ideologiche comuniste e liberali, le inevitabili provocazioni non raccolte, ci avrebbero tormentato e immiserito. Dio nuovo il dilemma: guerra disperata ma onorevole, esempio tramandato ai posteri, altrimenti, la servitù.
  Qualcuno dei nostri ha addotto il presunto totalitarismo del Ventennio come motivo della sua messa al bando a priori. Invece il Ventennio vide una fioritura culturale polivalente - nell'ambito del rispetto d'un ordine non iniquo, né irreligioso - alla quale contribuirono e aderirono quasi tutti gli intellettuali, gli artisti e gli scienziati di quell'epoca. O la Storia è già stata scritta, e dobbiamo desistere dal rimetterci mano?
   

Piero Nicola

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