Dicono che oggi
alla civiltà serve <un'idea forte di umanità per ridare sacralità alla
persona> (Marc Augé). Proprio così: idea forte di umanità, sacralità della
persona: Marc Augé ha dipinto
il cristianesimo aureo.
Enrico Maria
Radaelli
Felice interprete ed originale continuatore
dell'opera di padre Antonio Livi e dei professori Romano Amerio e Paolo
Pasqualucci, Enrico Maria Radaelli è instancabile indagatore e critico puntuale
delle alte illusioni, a monte della slavina neoterica, vettrice
dei fumosi deliri che scendono in folle e sfrenata corsa sulle piste della
teologia modernizzante, prima di rovesciarsi nella liquide e quasi surreali
esternazioni di Bergoglio.
Radaelli ha pubblicato, in questi giorni, un
magnifico saggio controcorrente, “Teologia di strada”, un testo la cui
lettura è suggerita ai cattolici in cerca della bussola necessaria
alla navigazione nei bifidi e trifidi mari della nuova e squillante teologia.
Pubblicato in Verona dalla intrepida casa
editrice Fede & Cultura, il voluminoso, esauriente saggio (scritto in una
agile, raffinata e godibile lingua italiana) disegna fedelmente il profilo
sgangherato della modernizzazione, in triste corsa nelle oscure viscere di una
teologia intossicata dagli errori indiavolati, squillanti nelle sontuose
gallerie scavate, addobbate e flesciate dai gongolanti eredi del
modernismo e – ultimamente – dai prosecutori del chiacchierato concilio
Vaticano II.
A proposito dei nuovi teologi, Radaelli
denuncia i distruttori della Cristianità e cita il Salmo 73: “Hanno
annientato un popolo, a milioni vengono sterminati, e intanto parlano di
problemi ecologici e di misericordia mettendo sotto il tappeto, come polvere,
la dottrina. … Proprio come profetizza il Salmo: Pensavano: 'Distruggiamoli
tutti'; hanno bruciato tutti i santuari di Dio nel paese”. Radaelli elenca
e confuta senza riguardi i prodotti ultimi, le pessime dottrine elucubrate
dal vaneggiamento teologico, emanato e gridato da ventriloqui al servizio di un
buonismo concepito per rovesciare l'ecumenico diluvio delle frivolezze e
degli errori sugli attoniti e sgomenti fedeli, che rimangono in
imbarazzata/disagevole/dolorosa sosta nella neo chiesa di Bergoglio.
Fomite e arma del buonismo, inteso come iperconfusione
mondiale, in sfrenato movimento nei testi della nuova
teologia, è la paura “di dover dire qualche verità sgradevole, di
quelle che da sempre non piacciono al mondo, al pensiero unico e laicista, che
domina il mondo, verità che poi sarebbero le eterne verità dette e ridette
dalla Chiesa da duemila anni”.
La fredda paura di dispiacere ai minacciosi
erranti, al potere nel mondo moderno, ha fatto avanzare le fumose opinioni e le
ritrattazioni ignobili intorno alle dottrine non cristiane, “false, vuote,
carnali e fuorvianti nozioni religiose, prive di riscontri oggettivi con la
realtà, che essa sia quella riscontrabile a partire dalla creazione o che sia
invece quella deducibile dalla storia (scienza a posteriori) e dalle Scritture
(scienza a priori)”.
Indenne dal timore reverenziale in debilitante
circolazione nel pensiero dei teologi post conciliari, Radaelli, di seguito,
osa mostrare la debolezza dell'idealismo filosofico, motore instancabile dei
revisionismi, che sono abbracciati disperatamente da pensatori irriducibili al
realismo: “Gran fuga dalla realtà, l'idealismo. Gran fuga che pare
sia riuscita a ghermire non pochi Pastori, alcuni anche sommi. Il motivo c'è,
ed è che tale sistema filosofico garantisce come nessun altro l'assenza della
realtà, dolosamente usurpata dalla sua idea. L'idea pensa se stessa – il cogito
cartesiano – e questo pensiero, che certo è una realtà, è però solo una realtà
logica, equivocata dall'idealismo per realtà vera”.
Sbalordita dalla filosofia hegeliana e
spaventata dalle sentenze del giornalismo iniziatico, la teologia progressista
scende nella pista del nientismo, in cui corrono – all'impazzata -
teologiche quisquilie e umilianti filosofemi. A questo punto Radaelli fa uscire
dal cappello magico del compianto card. Martini, la sentenza che ha rovesciato
sui fedeli lo schizo-rebus della teologia a due piste: “Ciascuno di
noi ha in sé un credente e un non credente, che si interrogano a
vicenda”.
Di seguito Radaelli dimostra
che l'ascesa della nuova teologia al linguaggio surreale del teatro di
Luigi Pirandello, dipende dalla fatica assidua dei teologi modernizzanti e
dalla desistenza dei pastori, due squadre “che hanno voluto fissare la forma
del concilio (Vaticano II) al grado pastorale invece che al
dogmatico, il che ha permesso la stesura di documenti liquidi, ossia
terribilmente equivoci, costruiti a bella posta in linguaggio liquido, come
illustra Romano Amerio in Iota Unum”.
Avviandosi alla conclusione del faticoso
viaggio nelle desolanti bellurie della teologia
buonista/novista, Radaelli cita un tagliente scritto di Sandro Magister, che
svela i rovesciamenti del pensiero vaticano: “Con la Amoris letitia sta
accadendo nella Chiesa cattolica qualcosa di simile a quanto accadde mezzo
secolo fa con la Humanae vitae. A parti rovesciate. L'enciclica di Paolo VI
sulla procreazione era chiarissima. Ma teologi, vescovi e conferenze episcopali
dissenzienti ne diffusero interpretazioni artificiose e fumose, al fine di far
apparire lecito ciò che il papa proibiva. L'esortazione postsinodale mdi
Francesco sulla famiglia è stata scritta invece in forma volutamente vaga,
consentendo a chiunque di leggervi ciò che desidera, in particolare sulla
questione cruciale della comunione ai divorziati risposati”.
Oltre la coltre fumosa, sotto cui prospera
la non pia illusione di Bergoglio e dei teologi novisti, Radaelli intuisce e
rivendica una opposta, consolante e luminosa realtà: “Il Signore conduce e
protegge sempre la sua Chiesa, per mano della Santa Vergine Maria: mai l'ha
lasciata e mai la lascerà in questa santa battaglia di cui Ella è la
Condottiera”.
Piero Vassallo
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