mercoledì 5 ottobre 2016

Un saggi di Ennio Innocenti: Critica della carta costituzionale

 “Per Dossetti non valeva la tradizionale dottrina cattolica del diritto naturale, secondo cui i vincoli della legge naturale sono antecedenti lo Stato. Per lui il diritto naturale non limitava lo stato e la persona umana, non era il nucleo da cui nasceva il diritto. … Il diritto positivo dello stato era, per Dossetti, l'unico diritto vigente”.
 Ennio Innocenti

 Poiché il pensiero si avvicina alla indeclinabile verità quando fugge dalle tentazioni della gloria vana, è lecito affermare che don Ennio Innocenti, autore di una magistrale e coraggiosa Critica alla carta costituzionale d'Italia, testo edito in questi giorni dalla Sacra fraternitas aurigarum in Urbe, appartiene alla irriducibile minoranza degli studiosi refrattari, che contrastano magistralmente l'ideologia degli apostati, trionfanti e gongolanti nelle società assordate e intossicate dagli squilli della miscredenza illuminata.
 Ispirata dalla refrattarietà alla teologia luterana e dal laicismo, la critica della costituzione italiana è avviata dalla puntuale analisi del principio ispirato dal pessimismo luterano, che contempla “la totale consegna della società nelle mani dell'autorità statuale”.
 Ora la degenerazione in atto nella politica italiana ha origine dal germe dell'assolutismo democratico, che ha interamente trasferito la sovranità al Parlamento.
 L'immanentismo maramaldo, osserva don Innocenti, “inquina nel profondo il mondo moderno, e si innesta allorché si sostiene – ritenendosi non sussistere nulla di superiore alla ragione umana né valori trascendenti – che quanto è stabilito dalla legge positiva trova in essa il suo vero e ultimo fondamento, e per ciò stesso quindi tutte le disposizioni della legge positiva vanno osservate sempre”.
 Le ragioni della critica cattolica (animata da Pio XII) alla modernità furono malauguratamente inquinate e sopraffatte dalle suggestioni concepite e propalate dai democristiani, obbedienti al sinistrismo di Giuseppe Dossetti e conquistati dalle tesi di Jacques Maritain, “propugnatore d'una cristianità riconciliata con la rivoluzione democratica moderna”.
 Dalla filosofia maritainiana discende, infatti, quella rovinosa cultura politica democristiana, “che esalta la nuova costituzione come fondata sulla resistenza, ossia sulla guerra civile voluta dai comunisti (che ancora nel 2016 vengono premiati per le loro stragi) invece che sulla fraternità civica”.
 Dalla paura destata dagli atti criminali dell'alleato comunista, discendono la timorosa flessione della politica cattolica e il silenzio sui crimini di stampo staliniano consumati nella radiosa primavera del 1945 (durante la quale don Innocenti calcola che furono giustiziati – assassinati - almeno centomila fascisti. Una gloriosa mattanza, che fu eretta a festa della liberazione).

 Interessante è infine la ricostruzione della resistenza dei cattolici (ad esempio Giuliano Balbino e Giovanni Papini) alle leggi razziali e la sottolineatura della pieghevolezza del regime fascista in materia di difesa della razza: “senza ripetere qui le osservazioni di De Felice e di Primo Siena, basterebbe l'azione svolta dal questore Palatoci a dimostrare la flessibilità del governo fascista in tale doloroso frangente”.
 Al proposito don Innocenti rammenta che l'evoluzione filo cattolica del fascismo era favorita dall'influsso di autorevoli prelati e di affermati scrittori quali Niccolò Giani, Guido Pallotta, Carlo Borsani, Giovanni Papini, Giuseppe Bottai, Federico Tozzi, Domenico Giuliotti, Pietro Mignosi, Piero Bargellini, Arnaldo Mussolini.
 Don Innocenti, infine, cita lo storico israeliano Yehoshna Porat, il quale ha rammentato che “il regime [fascista] salvò migliaia di ebrei nel sud-est della Francia e in Croazia”.
 Tali notizie dimostrano che il soggiacente, inflessibile antifascismo costituisce la debolezza della cultura a monte della costituzione italiana e a valle della politica radicata nell'indeclinabile guerra civile.
 Negli anni del sanguinoso dopoguerra, il faticoso lavoro di ricerca intorno alla tragedia degli italiani, condotto da don Ennio Innocenti, ha prodotto un ingente volume di notizie e di commenti che assottigliano e ridimensionano l'apologetica resistenziale e restituiscono la parte di dignità alla quale hanno diritto i vinti in camicia nera.
 Il risultato di tale infaticabile revisione è il riscatto delle verità deportate sulla faccia proibita e comunque inguardabile (per decreto) della storica luna.

 Il faticoso riscatto della memoria di un'unità conquistata debellando lo stato della Chiesa e i legittimi regni e ducati, è il modello della revisione necessaria ad ottenere la rinascita di un patriottismo avvelenato dalla giustizia esercitata dagli eredi della vittoria ottenuta dal partigiani al seguito dei vittoriosi nemici della tradizione italiana, gli alati giustizieri anglo-americani e i loro tirapiedi. 

Piero Vassallo

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