Nella vita di tutti i giorni
conosco persone gentili, sotto diversi aspetti ammirevoli: un carrozziere, una
bibliotecaria, una dottore, una dottoressa. Non so dei retroscena che li
riguardano, né mi interessano, considerando i rapporti che intercorrono fra noi.
Talvolta incontro sconosciuti e sconosciute, specie giovani, altrettanto a modo
in occasioni fuggevoli, e resto sorpreso che in questa società esista gente la
quale conserva rispetto e letizia. Peccato che nel complesso non contino nulla.
Se contassero, non avverrebbero certi misfatti pubblici e anche legalizzati.
In generale, la nobiltà è morta, l'onore è
usurpato da bassi politicanti. Dignità e decoro sono abusati e mancano proprio
laddove le cariche e i ruoli eminenti dovrebbero almeno farne mostra.
La fellonia e l'inverecondia danno maggior
spettacolo allorché sono in gioco gli interessi dei padroni del vapore e dei
loro tirapiedi, e i sentimenti del popolo plagiato.
Un segno confortante e divertente
(confortante perché conferma che non si è pessimista e Cassandra, divertente
perché occorre pure ridere della gratuita stoltezza incorreggibile) si leva
dagli odierni notiziari. Donald Trump è quello che si vede e che dimostra di
essere. Non un gentiluomo, ma un tipo parecchio americano, un soggetto del
West. E l'America non è forse anche il Far West, non è anche il miliardario
grossolano? Essa non ha mai rinnegato né l'una cosa né l'altro.
Ora, è normale che questo magnate si sia
lasciato andare, in privato, a volgarità irrispettose verso le donne, nel senso
del suo modo di trattarle sessualmente, non senza qualche vanto di spaccone. Che
qualcuno si sia procurato la registrazione del fatto, avvenuto ben undici anni
fa, nel 2005, che lo abbia messo da parte con chiaro intento ricattatorio, e
che ora lo renda pubblico per creare uno scandalo inteso a danneggiare il
candidato alla Presidenza degli Statu Uniti, è davvero un'azione che lascio
giudicare ai galantuomini. Viceversa, su quella volgarità vagamente misogina e
dal sapore goliardico, si è montata una campagna denigratoria feroce e
livorosa, propria delle coscienze sporche di coloro che temono di perdere la
partita e dei tifosi che non vogliono vedere la miseria della propria squadra.
Certo che è uno spasso assistere a questo
accanimento, a uno scandalizzarsi sperticato da vere beghine, che pretendono di
essere liberali. Ai volponi mestatori è inutile far caso. Sono quelli che ci
credono a dimostrasi miserabili, proprio nel senso di indigenti morali e
spirituali. E siccome esistono ancora tante persone comuni dabbene, essi devono essere colpevoli,
meritano il loro tifo malato, la loro passione per lo sporco andamento politico
che ci governa. Quindi, se non è bello ridere di uno che inciampa e finisce a
terra disteso, forse nemmeno in una comica finale, rido di questa che passerà
alla storia come una delle più esilaranti storielle realmente accadute,
comunque vada a finire, giacché gli onesti amanti dell'obiettività (mi scuso
per l'immodestia di voler farne parte) non possono farci niente, salvo dire
pane al pane e vino al vino nella loro cerchia o poco al di là.
A onor del vero, in un importante
telegiornale è comparso un importante vecchio giornalista che ha ricordato, con
l'ausilio delle sequenze di repertorio e senza un forte commento, la serie dei
presidenti statunitensi protagonisti di cose turche. Solite cose. Un po' di
verità per spacciarsi illibati, una goccia limpida dissolta nel mare del fango
gettato. Lo stesso Trump ha risposto che in casa Clinton si è fatto di peggio.
Ma ha chiesto scusa, secondo l'immarcescibile ipocrisia e la cattiva ingenuità
americana.
Piero Nicola
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