La crisi del capitalismo come sistema mette in luce la
componente
neocapitalistica
del regime che fronteggia tale crisi operando in una
ottica
sostanzialmente antiborghese: il giovane Dossetti era
rimasto più
coinvolto in questa mentalità di quanto non abbia
voluto
ammettere in seguito.
Pier Paolo
Saleri
Alla dimissione della cultura nera dalle
prigioni e dai manicomi democratici, nei quali è segregata l'indicibile e
detestata verità storica, contribuisce la diffusione di un ingente saggio del
politologo Pier Paolo Saleri, L'influsso del democristiano Dossetti
nell'elaborazione costituzionale, edito in questi giorni, a cura di don
Ennio Innocenti, per le infaticabili edizioni della Sacra Fraternitas Aurigarum
in Urbe.
Saleri confuta la tesi dossettiana finalizzata
alla minimizzazione della adesione al fascismo: “Dossetti era stato
riconosciuto come un oratore tra i più efficaci e venne più volte incaricato di
intervenire per sviluppare temi in linea con le parole d'ordine e gli
obbiettivi del regime: temi come Originalità del Fascismo
o Esperimento bolscevico e rinnovamento fascista”.
Al proposito Salera rammenta che “come
padre Gemelli, Dossetti ed i suoi amici, condividevano alcune posizioni del
Fascismo più radicale. Credevano che lo stato individualista liberale fosse
fallito, accettavano i princìpi dell'economia corporativa, ritenevano che il
regime potesse venire scavato dall'interno e cristianizzato”.
L'antifascismo di Dossetti ebbe (cauta)
origine dall'avversione all'alleanza italiana con la Germania nazista e dal
rifiuto delle leggi razziali.
I segni premonitori della sconfitta italiana
accrebbero la distanza di Dossetti dal Fascismo e l'otto settembre del 1943 lo
indussero ad aderire alla comunità dei resistenti.
Al proposito Dossetti scriveva: “Prima di
tutto bisogna capire come sono entrato nella Resistenza. Ci sono entrato
scivolando su un gradino dopo l'altro … Ho cominciato in paese. Ho ritrovato
gli amici delle elementari – fatte a Cavriago – che erano nella Resistenza
attiva, appartenenti al Partito comunista … Con quelli ho preso il mio contatto
clandestino”.
Nelle bande partigiane, Dossetti assume
funzioni di comando e matura “decisioni molto gravi che potevano riguardare
arresti di persone, pattuglie, colpi di mano”. Comanda squadre incaricate
di eseguire omicidi e tuttavia si vanta (con sublime ipocrisia) di non aver mai
fatto uso delle armi.
Non è lontano dal vero l'opinione degli
storici secondo i quali il partigiano Dossetti condivise e applicò la spietata
legge sovietica intorno alla guerra civile.
Saleri dimostra che “la fratellanza d'armi
nella Resistenza segna e caratterizza in maniera determinante l'atteggiamento
di Dossetti nei confronti dei comunisti. Sullo sfondo dei suoi rapporti con il
Pci resta, infatti, sempre l'indimenticata esperienza comune
della Resistenza, che Dossetti interpretava come il
riconoscimento almeno implicito del valore supremo della persona umana, un
valore che rendeva pur sempre in qualche modo possibile il dialogo, anche nei
momenti più cupi dell'ultimo stalinismo”.
Nel parlamento eletto per scrivere la
costituzione repubblicana, Dossetti obbedisce a una logica, di stampo
progressista, secondo cui “lo Stato non deve limitarsi ad amministrare e
governare la società ma deve, piuttosto, darle forma, educarla, indurne ed
informarne la crescita”. Salera sostiene pertanto che nelle intenzioni di
Dossetti “riecheggia in qualche misura, depurato dell'aspetto militarista e
totalitario, il mito della Grande proletaria capace di proporre una terza via
alternativa tra capitalismo e comunismo, tra collettivismo e individualismo.
Prende forma uno stato pedagogo che, in qualche misura, non può non assumere
affinità con la concezione di Stato autoritario”.
Un autorevole storico, Giorgio Campanini,
opportunamente citato da Salera, ha dimostrato che l'ammirazione e la stima e
la stima nutrite da Dossetti nei confronti dei comunisti resistette alla dura
contrapposizione in atto tra Pci e Dc nel 1948. Una tale ostinazione, secondo
Salera, manifesta la stretta dipendenza di Dossetti dalla filosofia di Jacques
Maritain: “come in Humanisme Intégral il
marxismo era giudicato un riconoscimento esatto della realtà storica, viziato
da una falsa metafisica”.
Dossetti e al suo seguito gli esponenti
della sinistra democristiana, traevano alle conseguenze estreme – strutturalmente
antitradizionali - le obiezioni al pensiero della borghesia illuminata, e
perciò postulavano un nuovo, progressivo ordine sociale e politico.
La più aspra critica che Salera indirizza
al dossettismo e ai suo derivati democristiani, riguarda la curiosa
pretesa di stabile quale evento fondante della Nazione italiana la
Costituzione, “un duro colpo all'essenza stessa dell'identità popolare
italiana. Identità che non nasce con la Costituzione ma si è invece costruita
nei secoli. … La teoria dossettiana sulla Costituzione evento fondante
porta infatti, come esito inevitabile, ad una concezione massificata della
società, che riduce il popolo a massa e la persona ad individuo”.
Si può affermare, in conclusione che,
giusta l'analisi puntuale di Salera, la politica dei cattolici può uscire dalla
cattività modernizzante/insignificante/alienante, riallacciando il nodo con la
tradizione ossia spezzando il nodo avventizio, che vincola la cultura politica
degli italiani ai pensieri esportati dai vincitori della seconda guerra
mondiale. Il futuro della Patria inizia dall'uscita dalla fossa scavata in cui
pullulano i bifidi errori del mondo moderno.
Piero Vassallo
il saggio di Pier Paolo Saleri
può essere ordinato a fraternitasaurigarum@gmail.com
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