Nell'aprile del 1945, gli anglo-americani, che
avevano già attraversato il Po, ordinarono ai partigiani, radunati nella
festante sede del Comitato di liberazione nazionale Alta Italia, di arrestare
Benito Mussolini e di consegnarlo
immediatamente agli amministratori della rinomata e apprezzata (e sopra tutto
implacabile) giustizia a stelle e strisce. Una giustizia (tra virgolette) che
si era macchiata (e vantata) di un delitto enorme e ributtante quale fu lo sterminio
dei nativi d'America.
Probabilmente gli americani intendevano
processare il duce degli italiani per poterlo fucilare in esecuzione
hollywoodiani di una sentenza conforme al diritto dei vincitori e alla loro
grottesca e sinistra procedura.
Si rammenta al proposito la tendenza a
spettacolarizzare la morte dei vinti, un tempo visibile nel film (poi ritirato
dalla circolazione perché controproducente) che mostrava le impiccagioni dei
condannati dal tribunale di Norimberga.
Dal suo canto il compianto Giano Accame ha
mostrato agli spettatori della televisione italiana il filmato americano, che
rappresenta la fucilazione di un incolpevole fascista (il quale affrontò la
morte con una serena dignità, che gli americani ignorano).
Se non che Sandro Pertini, in combutta con
l'agente e boja del Kgb, il criminale Luigi Longo, impose al Cln la decisione
di disobbedire all'ordine impartito dai loro democratici mandati e di procedere
immediatamente (ovvero senza processo) alla fucilazione di Mussolini, di Claretta Petacci, dei gerarchi e degli incolpevoli
militari al loro seguito.
I giustiziati (o meglio gli assassinati)
furono in seguito deposti (bestialmente gettati) sull'asfalto di piazzale
Loreto, dove il furore delle canaglie si esibì nella disgustosa scena dello
sputo e del calcio ai cadaveri.
La sinistra, immonda esibizione di piazzale
Loreto fu una impresa del peggior stampo messicano, un disonorante
orrore, che consente agli stranieri (ad esempio ai francesi,
smemorati eredi dei rivoluzionari, che correvano per le strade di Parigi
esibendo le teste ghigliottinate dei reazionari) di speculare sulla ferocia dei
progressisti italiani.
Presidente di una trucida fazione
social-comunista, Pertini fu venerato e incensato dalla folla dei giornalisti
ubriacati dalla retorica resistenziale o gettonati dal potere o
impauriti dal fragore degli applausi scatenati da una minacciosa clacque
di fanatici e/o di conformisti, questi ultimi tenuti sotto schiaffo dalla
implacabile e incubosa vigilanza esercitata dalle severe guardie della vulgata
resistenziale.
Il culto incensante (ma oramai grottesco) del
boja Pertini è una macchia indelebile sulla storiografia imposta agli italiani
dai vincitori della guerra civile.
Il rispetto che si deve ai caduti della
resistenza non può esigere in alcun modo la cecità al cospetto dei crimini orchestrati
da Pertini ed eseguiti da comunisti.
La prossimità del centenario della sconfitta
italiana nelle seconda guerra mondiale e del massacro dei vinti (decine di
migliaia furono i fascisti assassinati nella radiosa primavera del 1945) induce
a credere che sia maturato il tempo di abolire le leggi che negano il diritto
di svelare la verità intorno alla guerra civile e al suo tragico epilogo.
Tale libertà implica di procedere, al seguito estremo
di Renzo De Felice, al getto al vento dei fumi d'incenso sollevati dai turiboli
del servilismo intorno alla non limpida figura del Pertini e dei suoi sodali.
Piero Vassallo
Nessun commento:
Posta un commento