Prima di
affrontare il dibattuto e tormentato problema dell'autenticità delle lettera
scritte e firmate Alcide De Gasperi e indirizzate al comando inglese per
sollecitare il bombardamento della periferia di Roma, lettere pubblicate nel
1954 da Giovannino Guareschi nel settimanale Candido, è indispensabile
rammentare l'infondata fiducia dei belligeranti negli effetti delle incursioni
contro le città, quindi disegnare il profilo dottrinale e le opinioni dello
statista trentino.
L'inefficacia dei bombardamenti delle città
nemiche era stata dimostrata dalla ferma reazione dei civili tedeschi ai
bombardamenti inglesi del 1939/1940, e da quella altrettanto risoluta dei
civili inglesi agli attacchi tedeschi nel 1940 e al lancio delle V2 nel 1943.
Tuttavia la fiducia dei comandi militari e dei loro partigiani nell'effetto
deterrente delle incursioni aeree sulle città non fu mai scossa e non diminuì
neanche di fronte all'accanita, disperata resistenza opposta dai soldati
tedeschi mentre si compiva la devastazione delle loro città, Dresda ad esempio.
L'esame delle fonti delle opinioni di De
Gasperi non può trascurare il fatto che lo statista trentino conseguì a Vienna
la laurea in filosofia; una qualifica che consente di giudicare le sue scelte politiche ispirate dal pensiero
liberale in forte circolazione nell'Austria asburgica.
Tale pensiero alimenterà un rovente e vigoroso
antifascismo, una cordiale simpatia per
i partiti d'ispirazione laicista e infine un'allegra tolleranza nei confronti
dei gapisti, autori di imprese terroristiche. Vero è che Giorgio
Amendola, nel corso di una trasmissione televisiva degli anni settanta,
rammentò che De Gasperi aveva commentato la notizia dell'avvenuto attentato di
via Rasella con una compiaciuta e allegra battuta: "voi comunisti una
ne fate e una ne pensate".
Lo storico Giuseppe Bedeschi dal suo canto ha
rammentato che, nel 1947, lo statista trentino, approfittando della incertezza
del momento storico, prese congedo dalla dottrina sociale della Chiesa: “Per quanto riguarda tale dottrina, infatti,
De Gasperi, come è stato giustamente osservato, non si limitò ad una semplice
revisione ... fece qualcosa di più definitivo e sotto molti punti di vista
stupefacente: la cancello con un solo tratto di penna. Alla luce della sua
esperienza governativa egli bollò a fuoco come radicalmente antistorico il
corpo dottrinale che dalle prime esperienze importate d’oltralpe passando per
la Rerum novarum e le elaborazioni tonioliane, il cattolicesimo italiano aveva
laboriosamente accumulato dalla metà dell’Ottocento in poi” [1].
Non si può pertanto trascurare o sottovalutare
la frequentazione degasperiana di Romolo Murri e nascondere il fatto che la
politica degasperiana non fu del tutto indenne dalla suggestione modernistica.
Un precedente questo che, associato all'incauta comparazione degasperiano (in
un discorso del 1947) di Gesù Cristo a Marx, e all'ostinata preferenza accordata ai partiti laici
piuttosto che ai movimenti di destra (Msi e Pnm) chiarisce le ragioni del
rifiuto opposto da Pio XII alle ripetute domande di udienza presentate dal capo
del governo democristiano.
E' peraltro risaputo che il conflitto tra De
Gasperi e la Santa Sede fu causato, oltre che dall'affrettata bocciatura del
progetto di costituzione elaborata dal filosofo del diritto Guido Gonella,
dalle diverse e incompatibili giudizi sul testo definitivo della costituzione
italiana, un documento compromissorio e scivoloso, - aborto giuridico,
secondo la sferzante ma puntuale definizione di Carlo Costamagna - che (lo
rammenta l'autorevole Pietro Giubilo) ha rivelato in seguito una soggiacente /
nascosta refrattarietà ai princìpi indeclinabili della morale cattolica.
Infine è da rammentare che, mentre Pio XII agiva
in vista di una pace sottoscritta da tutti belligeranti nella seconda guerra
mondiale, De Gasperi, insieme con gli esponenti del Cln, condivideva il
progetto degli alleati, contemplante la resa incondizionata della Germania.
Si può affermare, senza timore di smentite,
che De Gasperi perseguiva il medesimo fine degli alleati, ovvero finalità
diverse e contrarie a quella della Santa Sede.
Non sembra dunque infondata la notizia,
svelata da Guareschi, della richiesta rivolta ai nemici di bombardare la periferia
di Roma.
Giuliani Balestrino, autorevole giurista e
storico di collaudata perizia, finalmente dimostra, in un suo pregevole,
robusto e convincente saggio, che De Gasperi, in sintonia con gli esponenti del
partito d'azione, approvò e sollecitò i bombardieri anglo-americani, nella
convinzione (smentita dai fatti) dell'utilità di tali imprese terroristiche [2].
Il 19 gennaio 1944 De Gasperi, coerente con
l'opinione errata sull'efficacia deterrente degli attacchi aerei contro
obiettivi civili, indirizzò al comando inglese due lettere intese ad ottenere
il bombardamento della periferia di Roma: "Questa azione, che a cuore
stretto invochiamo, è la sola che potrà infrangere l'ultima resistenza morale
del popolo romano, se particolarmente verrà preso, quale obiettivo,
l'acquedotto, punto nevralgico, vitale".
Lo stato d'animo degli antifascisti a
cuore stretto non contemplava l'orrore e la ripugnanza ai bombardamenti
delle città italiane. In un testo, Concerto a sei voci,
pubblicato nell'immediato dopoguerra, Giulio Andreotti scriveva infatti: "E'
vero o meno che proprio uomini del Partito d'Azione furono quelli che
chiesero durante il 1943 agli alleati l'intensificazione dei bombardamenti
nelle città italiane per affrettare gli sviluppi della situazione?"
Nel 1952 le due imbarazzanti lettere antifasciste
scritte da De Gasperi e indirizzate al comando dei bombardieri, furono oggetto
di un ricatto sventato da De Gasperi, che tuttavia (inspiegabilmente) non
denunciò i ricattatori.
Nel 1953 le lettere di De Gasperi furono
offerte a Giovannino Guareschi, il quale, prima di pubblicarle nel settimanale Candido,
le fece periziare dal dottor Umberto Focaccia, autorevole perito del tribunale
di Milano: esaminati i documenti il calligrafo dichiarò che le lettere erano
state scritte da De Gasperi.
De Gasperi il 26 gennaio del 1954 querelò
Guareschi. La decisione di adire alle vie legali, implicava la squalifica delle sollecitazioni di bombardamenti
indirizzate agli anglo-americani dai resistenti. Infatti impressionò sia
Giorgio Pini - "il quale osservò che la querela sporta dal politico
trentino implicava un cambiamento di valutazione relativamente ai
bombardamenti anglo-americani" - sia Guareschi che scrisse "De
Gasperi con la sua querela ammette implicitamente che aver chiesto un
bombardamento agli anglo-americani è un fatto disonorevole".
In realtà il fallito tentativo di
occultare le pressioni esercitate dagli antifascisti sugli alleati al fine di
ottenere il lancio di bombe sugli educandi italiani ha gettato un'ombra
sulla gloria dei resistenti.
Sul fronte opposto, un redattore del
quotidiano comunista l'Unità il 29 gennaio scrisse al proposito: "Perché
De Gasperi non denunciò subito, un anno e mezzo fa, i ricattatori? Perché non
lo ha fatto almeno una settimana fa, quando i documenti che furono oggetto del
ricatto - anche se falsi - hanno cominciato ad essere pubblicati? Quali sono i
motivi, quali le preoccupazioni che hanno indotto i capi clericali ad una
condotta tanto equivoca?"
Il pulpito comunista era notoriamente
traballante. Tuttavia la domanda - il sospetto - sulle ragioni del
contraddittorio comportamento di De Gasperi era legittima. Vero è che il
difensore di De Gasperi, l'avvocato Giacomo Delitàla "si oppose a che
venissero disposte le perizie chimica e grafica perché non si doveva porre in
dubbio la testimonianza giurata"
del querelante.
Il motivo della rigida opposizione al ricorso
alle perizie "oggi è dimostrato dai documenti resi noti da Nicolas
Farrell e da quelli pubblicati da Alberto Santoni, che il politico trentino
giurò il falso in Tribunale, come teste".
Guareschi fu condannato a un anno di carcere
interamente scontata. La sentenza fu pronunciata al termine di un processo inquinato dal
legittimo dubbio, insinuato da Guareschi nel numero di Candido pubblicato
il 25 aprile 1954, di una obbedienza dei giudici all'articolo 16 del trattato
di pace imposto dagli alleati all'Italia nel 1947, articolo che contemplava
l'impunità degli italiani che, tradendo la Patria, avevano collaborato con il nemico
durante la seconda guerra mondiale. La rievocazione di Giuliani Balestrino
traccia un pesante segno critico sulle glorificate imprese degli antifascisti
di sacristia. Un'ombra che fa coppia con
quelle lasciate dai giustizieri comunisti sulle radiose giornate della
primavera del 1945. Oscurità che tuttora fanno cadere note stonate sulle
fanfare squillanti nelle perpetue
celebrazioni compiute da autorità che hanno in tasca il metro di legno.
Piero Vassallo
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