Il termine ordine spesso viene associato a qualcosa di
coercitivo, a un comando da svolgere. In realtà il significato più profondo
della parola è ordinare ogni cosa al proprio fine, il concetto di cosmo (ordine
in greco) che si oppone al caos. La perfezione del creato in cui ogni cosa
trova il suo posto.
Dell’ordine fa parte l’equilibrio, la cosiddetta ‘medietà’
aristotelica (eccellenza e non mediocrità)
che ci insegna a trovare il giusto mezzo della temperanza contro
l’intemperanza e l’insensibilità e della fortezza (coraggio) contro la viltà e
la temerarietà a cui si aggiungono le altre due virtù: giustizia e saggezza.
Proprio la temperanza secondo lo Stagirita “è la custode della saggezza”. In
quanto sia il sesso che il mangiare e il bere sono in grado di travolgere la
ragione trascinandola nel vortice delle passioni (passione viene da passivo,
cioè qualcosa che si subisce). Ancora
Aristotele è illuminante al riguardo: “Chi è davvero viziosamente intemperante
è perfino convinto che è bene per principio seguire l’apparenza puramente
sensibile del bene anche a livello dei principi. Così egli diventa anche
ingiusto”. La giustizia che consiste semplicemente nel dare a ciascuno il suo,
è la virtù che rende la volontà ferma. La fortezza invece protegge dalla
disperazione e apre alla speranza, mette al riparo dall’ira e conduce alla
mitezza. “Chi è forte si caratterizza per la serenità. Egli è capace di dare
ad altre persone sostegno e sicurezza: è in grado di controllare la sua
fantasia, che talvolta induce a temere, di mantenere la calma e di stare al di
sopra delle inezie per non farsi distrarre dall’essenziale; non agisce perché
raccoglie elogi o lodi, ma perché vuole ciò che in verità è buono”. (M.
Rhonheimer, La prospettiva della morale, Roma 1994).
Spesso però, soprattutto nella giovinezza, pensiamo di
bastare a noi stessi, alimentiamo i sensi. La ribellione ci abbaglia e ci rendi
ciechi. L’errore più grande sta nel pensare che tutto ci sia dovuto e a quel
punto non ci stupiamo più del miracolo della vita che si ripete ogni giorno. La
meraviglia per la bellezza che ci circonda lascia il posto all’oscurità.
L’indifferenza diventa la malattia prima che conduce alla depressione.
A quel punto solo la ragione ci può aiutare, ci può ricondurre
alla strada maestra dell’ordine, di quell’ordinamento insito in ognuno di noi
che ci provoca a seconda delle azioni: rimorso o gratificazione. Il rimorso
(dal latino re-mordere, mordere di nuovo) è qualcosa che non possiamo
manipolare, è posto (im-posto) in ognuno di noi da qualcuno che è sopra di noi.
Infatti se l’ordine fosse posto da noi stessi potremmo adattarlo in modo da non
sentirci più responsabili. Caino nella Genesi ci prova. Il primo assassino
mente persino al Signore: “Sono forse io il custode di mio fratello?”. Ma anche
nel suo cuore, duro e crudele, nasce subito il rimorso, una sorta di
‘contenitore’ di tormento, angoscia, tristezza, paura e disperazione. Solo la
realizzazione del bene e volere il bene ci portano alla felicità e ci conducono
come canta il maestro Franco Battiato: “dove tutto è ordine e bellezza,
calma e voluttà – dove – il mondo
s’addormenta in una calda luce di giacinto e d’oro”.
Scopriamo così che le virtù cardinali sono l’ordine
dell’uomo. Sono gli strumenti che ci permettono di governare le passioni e ci
riportano al divino. La nostra esperienza, se è fruttuosa, nutre la saggezza, e
ci insegna che la vera libertà sta nel dominio di sé.
Domenico Rosa
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