lunedì 18 maggio 2015

San Tommaso commenta il libro Lambda di Aristotele. “Metafisica e indagine sulla sostanza” (di Domenico Rosa)

Il pensiero tomistico si pone nel solco aristotelico, dalla pianta dello Stagirita cresce rigogliosa quella dell'Aquinate in un processo che possiamo definire di gemmazione. Tommaso però non solo cerca di spiegare Aristotele, ma cerca soprattutto la verità. Come afferma Guido Mazzotta nell'introduzione a 'Teologia Aristotelica e Metafisica dell'Essere' (nostro testo di riferimento): “L'Angelico comprende Aristotele e, proprio perché ne ritrova il movimento complessivo del pensiero, si sente autorizzato a prolungarlo e a fargli dire cose che il Filosofo non poteva nemmeno presentire e che tuttavia appaiono sviluppi naturali di premesse aristoteliche”.[1] 
Nel seguente lavoro analizzeremo una piccola parte del commento di San Tommaso al Libro Lambda di Aristotele, precisamente la Lezione Prima: 'Metafisica e indagine sulla sostanza'.[2]
Lambda è il XII libro della Metafisica di Aristotele, il libro teologico per eccellenza, in cui il Filosofo tenta l'estrema impresa della ragione umana: la ricerca di Dio. Come dirà Tommaso successivamente “quasi tutta la filosofia è in cammino verso le cose di Dio”.
L'espressione che utilizza lo Stagirita è prote philosophia, filosofia prima e non metafisica, termine che non appartiene al suo vocabolario. Nella sua teologia Aristotele chiama Dio - il principio dal quale “dipendono il cielo e la natura” - Vita, intesa come vita del puro pensiero, quell'attività contemplativa che a noi è possibile soltanto per breve tempo. Riportiamo a questo proposito un passo del “maestro di color che sanno” che ci aiuta a capire:
“Da un tale principio, dunque, dipendono il cielo e la natura. Ed il suo modo di vivere è il più eccellente: è quel modo di vivere che a noi è concesso solo per breve tempo. E in quello stato egli è sempre. A noi questo è impossibile, ma a lui non è impossibile, poiché l'atto del suo vivere è piacere. E anche per noi veglia, sensazione e conoscenza sono in sommo grado piacevoli, proprio perché sono atto, e, in virtù di queste, anche speranze e ricordi […]. Se, dunque, in questa felice condizione in cui noi ci troviamo talvolta, Dio si trova perennemente, è meraviglioso; e se egli si trova in una condizione superiore, è ancor più meraviglioso. E in questa condizione egli effettivamente si trova. Ed egli è anche Vita, perché l'attività dell'intelligenza è Vita, ed egli è appunto quella attività. E la sua attività che sussiste di per sé, è vita ottima ed eterna. Diciamo, infatti, che Dio è vivente, eterno e ottimo; cosicché a Dio appartiene una vita perennemente continua ed eterna: questo dunque è Dio”.[3]
Questo tipo di teologia rientra nella prima distinzione che fa l'Aquinate, riguarda cioè l'ente in quanto ente e Dio ne fa parte perché principio e causa dell'ente in quanto ente. La seconda teologia è quella che si base sulla Rivelazione, chiamata dall'Angelico Sacra Doctrina.
Tommaso, vuole in questo modo sottolineare come nessuna scienza umana possa avere Dio come oggetto proprio. Allo stesso tempo però spinge la ragione metafisica oltre, per cercare la causa dell'ente in quanto ente, auspica in verità la trasformazione dell'ontologia in eziologia (ricerca delle cause).
Lo Stagirita chiarisce sin dalle prime righe del Libro Lambda che l'oggetto della sua indagine sarà la sostanza (dal latino sub-stare = ciò che sta sotto, a fondamento), il primo dei significati dell'essere, “ente in sé”, ribadisce l'Angelico nel commento. Sempre Tommaso evidenzia ciò che appare sottinteso, “questa scienza, in quanto è la filosofia prima e si chiama sapienza, indaga i primi principi degli enti”,[4] si cercano cioè i principi primi e le cause della sostanza.
Quattro gli argomenti aristotelici in quest'inizio del XII libro della Metafisica per provare il primato della sostanza sulle altre categorie che l'Aquinate sviscera. Il primo riguarda la “totalità del reale” in cui la sostanza precede la qualità e la quantità.  La spiegazione – afferma Tommaso – avviene per analogia con le cose sensibili in due sensi. Nel primo senso se le parti di un tutto hanno ordine a vicenda, come nell'animale la prima parte è il cuore e nella casa le fondamenta, nel secondo senso se le cose stanno una dopo l'altra in serie ordinata come nell'esercito si parla d'una prima schiera e d'una seconda schiera. “Come dunque – commenta Tommaso - in un tutto c'è una prima parte e come ancora nella serie ordinata c'è un primo, così la sostanza è prima tra tutti gli altri enti”.[5]
Nel secondo argomento il Filosofo parla di qualità e quantità come di non enti in senso stretto. Ente è infatti ciò che ha l'essere e solo la sostanza ha l'essere. “Gli accidenti invece – continua l'Angelico – si dicono enti non perché sono ma piuttosto perché in essi qualcosa è, come ad esempio si dice che c'è la bianchezza in quanto il suo soggetto è bianco”.[6]
Non c'è da meravigliarsi fa  notare Tommaso se anche gli accidenti e le categorie si dicono enti pur non essendolo in senso assoluto e lo stesso accade alle privazioni e alle negazioni come il 'non bianco' e 'il non retto'; “diciamo infatti che il 'non bianco' è non perché il 'non bianco' abbia l'essere ma perché un soggetto è privo di bianchezza”.[7]
Quindi accidenti e privazioni esistono a motivo del soggetto, nella realtà invece sarebbero solo astrazioni. Conclude Tommaso: “Poiché in senso assoluto non gli accidenti ma soltanto le sostanze sono enti, questa scienza che considera l'ente in quanto ente non studia principalmente gli accidenti ma le sostanze”.[8]
Nel terzo argomento Aristotele chiarifica ulteriormente il primato della sostanza rispetto alle altre categorie dal momento che queste ultime sono inseparabili dalla sostanza. Spiega Tommaso: “Gli accidenti infatti non possono sussistere se non in un soggetto, e per questo lo studio degli accidenti fa parte dello studio della sostanza”.[9]
Nel quarto ed ultimo argomento il filosofo di Stagira per ribadire il primato della sostanza ricorda l'indagine dei pensatori antichi (presocratici) e dei contemporanei (platonici). Mentre i primi “ricercavano principi, elementi e cause della sostanza” allo stesso modo i secondi parlano di universali come sostanze. Ascoltiamo al riguardo l'ultima spiegazione di Tommaso: “I Platonici dicono che gli universali sono più sostanze dei particolari. Dicono infatti che i generi, i quali sono universali, sono più principi e cause delle sostanze che non i particolari; e ciò perché indagavano razionalmente sulle cose; circa gli universali infatti, che sono astrazioni della ragione, pensavano che fossero astratti anche nella natura delle cose e che fossero principi dei particolari. Invece i pensatori antichi, come Democrito, Empedocle e altri naturalisti, sostennero che sostanze e principi delle cose sono le realtà particolari, come il fuoco e la terra, e non l'universale che è il corpo”.[10]


Domenico Rosa


[1]      G. Mazzotta, Teologia Aristotelica e Metafisica dell'Essere. Ermeneutica Tomista di Metafisica Lambda, Urbaniana University Press, Città del Vaticano 2000, p. 27
[2]      G. Mazzotta, Teologia Aristotelica e Metafisica dell'Essere. Ermeneutica Tomista di Metafisica Lambda, Cit. pp. 69-73

[3]      Aristotele, Metaph. Λ 7, 1072 b 13-18, 24-30. Traduzione di G. Reale, Aristotele, La Metafisica, 2 voll., Loffredo, Napoli 1968
[4]      G. Mazzotta, Teologia Aristotelica e Metafisica dell'Essere. Ermeneutica Tomista di Metafisica Lambda, Cit. p. 70
[5]      G. Mazzotta, Teologia Aristotelica e Metafisica dell'Essere. Ermeneutica Tomista di Metafisica Lambda, Cit. p. 70
[6]      Ibidem, p. 71
[7]      Ibidem, p. 72
[8]      Ibidem, p. 72
[9]      Ibidem, p. 72
[10]    Ibidem, p. 73

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