Il pensiero tomistico si pone nel
solco aristotelico, dalla pianta dello Stagirita cresce rigogliosa quella
dell'Aquinate in un processo che possiamo definire di gemmazione. Tommaso però
non solo cerca di spiegare Aristotele, ma cerca soprattutto la verità. Come
afferma Guido Mazzotta nell'introduzione a 'Teologia Aristotelica e Metafisica
dell'Essere' (nostro testo di riferimento): “L'Angelico comprende Aristotele
e, proprio perché ne ritrova il movimento complessivo del pensiero, si sente
autorizzato a prolungarlo e a fargli dire cose che il Filosofo non poteva
nemmeno presentire e che tuttavia appaiono sviluppi naturali di premesse
aristoteliche”.[1]
Nel seguente lavoro analizzeremo
una piccola parte del commento di San Tommaso al Libro Lambda di Aristotele,
precisamente la Lezione Prima: 'Metafisica e indagine sulla sostanza'.[2]
Lambda è il XII libro della
Metafisica di Aristotele, il libro teologico per eccellenza, in cui il Filosofo
tenta l'estrema impresa della ragione umana: la ricerca di Dio. Come dirà
Tommaso successivamente “quasi tutta la filosofia è in cammino verso le cose
di Dio”.
L'espressione che utilizza lo
Stagirita è prote philosophia, filosofia prima e non metafisica, termine
che non appartiene al suo vocabolario. Nella sua teologia Aristotele chiama Dio
- il principio dal quale “dipendono il cielo e la natura” - Vita, intesa
come vita del puro pensiero, quell'attività contemplativa che a noi è possibile
soltanto per breve tempo. Riportiamo a questo proposito un passo del “maestro
di color che sanno” che ci aiuta a capire:
“Da un tale
principio, dunque, dipendono il cielo e la natura. Ed il suo modo di vivere è
il più eccellente: è quel modo di vivere che a noi è concesso solo per breve
tempo. E in quello stato egli è sempre. A noi questo è impossibile, ma a lui
non è impossibile, poiché l'atto del suo vivere è piacere. E anche per noi
veglia, sensazione e conoscenza sono in sommo grado piacevoli, proprio perché
sono atto, e, in virtù di queste, anche speranze e ricordi […]. Se, dunque, in
questa felice condizione in cui noi ci troviamo talvolta, Dio si trova
perennemente, è meraviglioso; e se egli si trova in una condizione superiore, è
ancor più meraviglioso. E in questa condizione egli effettivamente si trova. Ed
egli è anche Vita, perché l'attività dell'intelligenza è Vita, ed egli è
appunto quella attività. E la sua attività che sussiste di per sé, è vita
ottima ed eterna. Diciamo, infatti, che Dio è vivente, eterno e ottimo;
cosicché a Dio appartiene una vita perennemente continua ed eterna: questo
dunque è Dio”.[3]
Questo tipo di teologia rientra
nella prima distinzione che fa l'Aquinate, riguarda cioè l'ente in quanto ente
e Dio ne fa parte perché principio e causa dell'ente in quanto ente. La seconda
teologia è quella che si base sulla Rivelazione, chiamata dall'Angelico Sacra
Doctrina.
Tommaso, vuole in questo modo
sottolineare come nessuna scienza umana possa avere Dio come oggetto proprio.
Allo stesso tempo però spinge la ragione metafisica oltre, per cercare la causa
dell'ente in quanto ente, auspica in verità la trasformazione dell'ontologia in
eziologia (ricerca delle cause).
Lo Stagirita chiarisce sin dalle
prime righe del Libro Lambda che l'oggetto della sua indagine sarà la sostanza
(dal latino sub-stare = ciò che sta sotto, a fondamento), il primo dei significati
dell'essere, “ente in sé”, ribadisce l'Angelico nel commento. Sempre
Tommaso evidenzia ciò che appare sottinteso, “questa scienza, in quanto è la
filosofia prima e si chiama sapienza, indaga i primi principi degli enti”,[4]
si cercano cioè i
principi primi e le cause della sostanza.
Quattro gli argomenti aristotelici in quest'inizio del XII
libro della Metafisica per provare il primato della sostanza sulle altre
categorie che l'Aquinate sviscera. Il primo riguarda la “totalità del reale” in
cui la sostanza precede la qualità e la quantità. La spiegazione – afferma Tommaso – avviene
per analogia con le cose sensibili in due sensi. Nel primo senso se le parti di
un tutto hanno ordine a vicenda, come nell'animale la prima parte è il cuore e
nella casa le fondamenta, nel secondo senso se le cose stanno una dopo l'altra
in serie ordinata come nell'esercito si parla d'una prima schiera e d'una
seconda schiera. “Come dunque – commenta Tommaso - in un tutto c'è
una prima parte e come ancora nella serie ordinata c'è un primo, così la
sostanza è prima tra tutti gli altri enti”.[5]
Nel secondo argomento il Filosofo
parla di qualità e quantità come di non enti in senso stretto. Ente è infatti
ciò che ha l'essere e solo la sostanza ha l'essere. “Gli accidenti invece
– continua l'Angelico – si dicono enti non perché sono ma piuttosto perché
in essi qualcosa è, come ad esempio si dice che c'è la bianchezza in quanto il
suo soggetto è bianco”.[6]
Non c'è da meravigliarsi fa notare Tommaso se anche gli accidenti e le
categorie si dicono enti pur non essendolo in senso assoluto e lo stesso accade
alle privazioni e alle negazioni come il 'non bianco' e 'il non retto'; “diciamo
infatti che il 'non bianco' è non perché il 'non bianco' abbia l'essere ma
perché un soggetto è privo di bianchezza”.[7]
Quindi accidenti e privazioni
esistono a motivo del soggetto, nella realtà invece sarebbero solo astrazioni.
Conclude Tommaso: “Poiché in senso assoluto non gli accidenti ma soltanto le
sostanze sono enti, questa scienza che considera l'ente in quanto ente non
studia principalmente gli accidenti ma le sostanze”.[8]
Nel terzo argomento Aristotele
chiarifica ulteriormente il primato della sostanza rispetto alle altre
categorie dal momento che queste ultime sono inseparabili dalla sostanza.
Spiega Tommaso: “Gli accidenti infatti non possono sussistere se non in un
soggetto, e per questo lo studio degli accidenti fa parte dello studio della
sostanza”.[9]
Nel quarto ed ultimo argomento il
filosofo di Stagira per ribadire il primato della sostanza ricorda l'indagine
dei pensatori antichi (presocratici) e dei contemporanei (platonici). Mentre i
primi “ricercavano principi, elementi e cause della sostanza” allo
stesso modo i secondi parlano di universali come sostanze. Ascoltiamo al
riguardo l'ultima spiegazione di Tommaso: “I Platonici dicono che gli
universali sono più sostanze dei particolari. Dicono infatti che i generi, i
quali sono universali, sono più principi e cause delle sostanze che non i
particolari; e ciò perché indagavano razionalmente sulle cose; circa gli
universali infatti, che sono astrazioni della ragione, pensavano che fossero
astratti anche nella natura delle cose e che fossero principi dei particolari.
Invece i pensatori antichi, come Democrito, Empedocle e altri naturalisti,
sostennero che sostanze e principi delle cose sono le realtà particolari, come
il fuoco e la terra, e non l'universale che è il corpo”.[10]
Domenico Rosa
[1] G. Mazzotta, Teologia Aristotelica e
Metafisica dell'Essere. Ermeneutica Tomista di Metafisica Lambda, Urbaniana
University Press, Città del Vaticano 2000, p. 27
[2] G. Mazzotta, Teologia Aristotelica e
Metafisica dell'Essere. Ermeneutica Tomista di Metafisica Lambda, Cit. pp.
69-73
[3] Aristotele, Metaph. Λ 7, 1072 b
13-18, 24-30. Traduzione di G. Reale, Aristotele, La Metafisica, 2
voll., Loffredo, Napoli 1968
[4] G. Mazzotta, Teologia Aristotelica e
Metafisica dell'Essere. Ermeneutica Tomista di Metafisica Lambda, Cit. p.
70
[5] G. Mazzotta, Teologia Aristotelica e
Metafisica dell'Essere. Ermeneutica Tomista di Metafisica Lambda, Cit. p.
70
[6] Ibidem, p. 71
[7] Ibidem, p. 72
[8] Ibidem, p. 72
[9] Ibidem, p. 72
[10] Ibidem, p. 73
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