Il dono
della ragione impressa nel cuore umano, ma soggetta al trattamento della
libertà individuale, questa base comune su cui intendersi, questo mezzo per
accogliere il vero e rigettare il falso, è caduto in mano ai falsari cui spetta
la parola nelle cariche pubbliche, i quali, dopo che si è plagiato o intontito
il popolo a suon di eresie accattivanti, possono manipolare la logica facendola
servire alla loro politica, allo spaccio del nero verniciato di bianco come se
bianco fosse.
Abbiamo
dovuto prenderne atto con l'ultima stupefacente messa all'onor del mondo delle
peggiori forme di omosessualità e degli abominevoli vizi sessuali. La teoria
del genere, tanto irreale quanto aberrante, comportando l'assunto che
l'individuo determina, e ne ha diritto, il suo essere maschio, femmina o altro;
la sessualità contro natura introdotta nell'insegnamento scolastico - dopo le
legalizzazioni di divorzio, aborto, concubinato - non hanno sollevato sdegno e
rivolta.
Da oltre
una settimana, la Consulta ha decretato la restituzione di somme indebitamente
sottratte dallo Stato ai pensionati. Sentenza delle più solari. Come la giusta
mercede va corrisposta al lavoratore, così non è lecito decurtare le pensioni,
tacitamente considerate eque. Invece, da giorni, i vari responsabili del governo
e i suoi sostenitori non fanno che ripetere un ritornello di questo tenore: lo
Stato italiano deve rispettare l'impegno preso con l'Europa di contenere il debito
pubblico, e diverrebbe inadempiente, con grave nocumento per il Paese, se
dovesse tacitare i pensionati sborsando i diciotto miliardi loro dovuti.
Pertanto, va bene corrispondere loro un'una
tantum, che ammonta a circa due miliardi. Qualche faccia di bronzo aggiunge
che, con tale compenso, si rispetta bensì l'intenzione o lo spirito della Corte
Costituzionale.
Forse
qualcuno ha rovesciato un tavolo, ha gridato alla vile turlupinatura, è sceso
in piazza contro lo scandalo di una perorazione da operetta, usata in una
faccenda della massima serietà? No. Nella finestra televisiva ho visto soltanto
un operaio (intervistato mentre andava in corteo per non ricordo quale
rivendicazione) eccepire cautamente che occorreva, semmai, far pagare il conto
a tutta la comunità, piuttosto che agli anziani in trattamento di quiescenza.
Sicuro
che le opposizioni parlamentari e i sindacati hanno protestato lamentando
l'ingiustizia. Per cominciare, si tratta di parti diversamente interessate.
Inoltre, l'argomento principe, quello che avrebbe sbugiardato Renzi & Co.
senza possibilità di replica, non si è fatto sentire o è passato sottovoce.
Intanto la massa si induce a fornicare con la logica, ridotta a prostituta
rassicurante.
La
vecchia legge, che contemplava un fondamento morale, riconosce al legittimo creditore
il diritto d'essere risarcito. E non è la pensione un valido titolo di credito?
Anche nel fallimento della ditta, il dipendente è creditore privilegiato.
D'altronde, ci vuol altro perché lo Stato diventi insolvente! Ammesso, e non
concesso, che sia costretto a contenere, in tal caso, il debito pubblico,
giustizia vuole che paghi il sacrosanto dovuto attingendo a un'imposta gravante
sulla popolazione, e non su una sola categoria incolpevole, meritevole della
generale solidarietà.
Il
prelievo di denaro dalle pensioni - operato negli anni scorsi con una legge
iniqua - viene così proseguito dal
disinvolto capo del governo e dai suoi ministri, mediante il meschino raggiro
di uno pseudo-ragionamento. Tuttavia la mascalzonata non passerebbe, se i
cervelli non fossero diventati dipendenti dalla propaganda conformista e
incapaci di operazioni moralmente matematiche.
Quando
la scienza in cattedra può proclamarsi autosufficiente, e riesce ancora a dare
per certo l'evoluzionismo naturale e, in alto loco sulle rotte di internet, si
etichetta lo studioso Giuseppe Sermonti come scienziato sui generis; quando nelle coscienze il buonismo rileva il posto
della responsabilità misericorde, il quadro è compiuto. Un quadro che
conosciamo, eppure mai abbastanza definito, stante l'inerzia di una vita
complessiva, in cui l'antico costume ritarda il
rendersi acuto del suo stato morboso.
Piero Nicola
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