A
peste, fame et bello libera nos Domine. Non mi sognerei mai di
contraddire questa litania delle Rogazioni. Però non tutte le guerre sono
inique e qualche volta non tutto il male vien per nuocere. Aggiungerei l'adagio:
Le vie del Signore sono infinite. Ma
chi fa cattivo uso dei favori celesti, sia pure giunti in forma dolorosa, diventa
assai colpevole e incorre nei castighi.
Le
osservazioni di sopra credo si possano applicare alle Potenze vittoriose della
Seconda Guerra Mondiale, in particolare, agli Stati Uniti. La grande e superba
democrazia d'Oltreoceano aveva subito la crisi economica del '29, che coinvolse
il mondo intero. La fede liberale nelle intraprese commerciali e produttive
lasciate in mano alle società per azioni, salvo scarse regole imposte dalle
leggi, aveva determinato fatali squilibri e il fallimento del sistema. Dopo il
crollo della borsa, i suicidi di molti operatori, le masse dei disoccupati,
risollevarsi fu incerto e penoso. Lo strascico della miseria fu lungo e pieno
di dissidi. I finanzieri e gli imprenditori che si erano salvati o che avevano
speculato arricchendosi, resistevano alle prospettate revisioni del liberalismo
e all'intervento governativo, preoccupato anche delle questioni sociali.
La
Germania, duramente colpita dalla sconfitta e dalle sue conseguenze, non ultime
quelle del duro Trattato di Versailles, soffrì grandemente della crisi, che
favorì l'avvento di Hitler.
L'Italia
se la cavò molto meglio. Il regime autoritario intervenne nell'economia
limitando la piaga della disoccupazione, specie col dare impulso alle opere
pubbliche. Nel 1933 venne fondato l'Istituto per la Ricostruzione Industriale
(IRI), che rimise in funzione le fabbriche destinate a chiudere i battenti.
L'economista inglese Keynes aveva elaborato un progetto di regolazione
dei rapporti intercorrenti tra i soggetti della finanza, della produzione e del
lavoro, in cui giocava un ruolo importante la mano dello Stato. Sia l'esempio
offerto dall'Italia, sia la teoria keynesiana suggerirono al presidente F. D.
Roosevelt di intraprendere il New Deal (nuovo corso). Egli riuscì ad attuarlo
abbastanza, pur accettando alcuni compromessi con i capitalisti che si appellavano
alle libertà costituzionali, ma, allo
scoppio della guerra, i postumi del grave malanno del '29 non erano ancora
scomparsi.
Da un
lato, il forte incremento della fabbricazione di armamenti assorbì manodopera e
creò ricchezza; d'altro canto, la mobilitazione nondimeno della società civile,
contribuì a un discreto risanamento delle piaghe della miseria materiale e di
quella morale.
Gli
sfruttamenti, le ingiustizie legate a certi principi liberali e alle loro
chimere ebbero quanto meno moderazione. Persistevano la corruzione politica e
il gangsterismo, ma ai governanti era dato di contenere i disordini e di sospendere
la sequela delle male concessioni alle libertà, ai presunti diritti non ancora
riconosciuti, concessioni nelle cui acque, infine, naviga ogni regime democratico,
concessioni arbitrarie, riprese in seguito, e che hanno portato all'aborto
legalizzato, al dominio dei cattivi costumi, alla crescita del commercio della
droga e via dicendo, sino all'attuale decadenza statunitense.
Cessato
il conflitto, cessati i lutti nelle famiglie dei caduti e altri mali causati dalla
guerra, l'America approfittò della relativa disciplina instaurata nella
comunità. La crisi aveva prodotto un movimento comunista operaio e
intellettuale, cui aveva in qualche modo concorso nientemeno che il celebre
Charlot, cittadino britannico. Nel 1952, mentre Charlie Chaplin era in viaggio
in Europa, il Ministro della Giustizia gli comunicò che il suo rientro negli
USA gli sarebbe stato interdetto, se non avesse dichiarato il suo
anticomunismo, ed egli si stabilì in Svizzera con la sua famiglia. Vigeva ormai
il maccartismo (dal nome del senatore Joseph Mc Carthy) che, oltre a
proscrivere le attività antiamericane, vigilava sulla moralità della nazione
con una censura rigorosa. Fu l'epoca in cui ci vennero rispediti i potenti boss
di origine italiana, come Lucky Luciano. In Pietà
per i giusti (film del 1951) il poliziotto cattolico troppo intransigente
(impersonato da Kirk Douglas), colpito a morte, recita l'Atto di dolore in
attesa del sacerdote. Nel 1958, il divo hollywoodiano Gary Cooper si sarebbe
convertito ufficialmente al cattolicesimo.
Il
maccartismo, tanto vituperato dagli amanti della libertà permissiva, da quelli
che speculano sul suo potere di seduzione, da coloro cui l'ordine suscita un horror vacui, aveva diminuito la
rilassatezza e i vizi che avevano preso piede negli anni '30, dando modo alla
parte sana della società di rialzare la testa. Il generale Eisenhower
(Presidente al 1952 al 1961) mantenne il New Deal assicurando un periodo di
prosperità e di quiete.
Dopo di
lui, riprese la discesa nell'oscurità. Essa si rappresenta efficacemente con la
brutta vicenda della guerra in Vietnam, con il caso Watergate che portò alle
dimissioni del Presidente Nixon, con la deregulation
(termine che è tutto un programma), espediente messo in atto da Regan,
succeduto al governo lassista del Partito Democratico, senza che all'edonismo
si ponesse freno, e con il conseguente inaridimento delle risorse morali della
gente americana, simboleggiato da America
oggi (Short Cuts) del regista
Robert Altman, premiato a Venezia col Leone d'Oro. Se gli episodi della
pellicola non possono raffigurare il degradante avvilimento dell'intero paese,
il solo fatto che lo scandalo venisse accettato dai più, ne dimostrava
l'ambigua rassegnazione.
Piero Nicola
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