Leggo su un quotidiano non proprio
filogovernativo che, ad un recente raduno di capi di governo europei, il
presidente della Commissione UE, J.C. Juncker, ha salutato con un "Ciao,
dittatore!" il capo del governo ungherese Viktor Orban. Non si dice se
l'apostrofe fosse scherzosa, semiseria o infine dura. Poco importa. Di certo,
era fuori luogo: la democrazia ha eletto Orban e lo vincola nel suo incarico.
L'epiteto azzardato vien messo in relazione con gli ultimi progetti legislativi
del partito di maggioranza Fidesz, che intende ripristinare la pena di morte e
internare - si dice - gli immigrati clandestini in campi di lavoro.
Il primo
proposito dipenderebbe da un triste fatto di cronaca: l'assassinio di un
giovane tabaccaio; il secondo, dai disordini recati dall'immigrazione
invadente.
La voce
di Bruxelles pare abbia minacciato: "Orban chiarisca subito che non è sua
intenzione. Se lo fosse, ci sarebbe lo scontro".
Il
riscatto del popolo magiaro, timido, ma contrassegnato da note vigorose, ha
avuto eco negli ambienti tradizionalisti, quando l'Assemblea nazionale di quel
Paese nel 2011 approvò la nuova Costituzione, entrata in vigore l'anno
successivo.
Il
trascorrere del tempo in cui si trovano anche le migliori cose umane, trascina
via tutto, tende a seppellirne la memoria. Perciò non resta vivo un buon
esempio concreto, essendo investito dall'ostilità dei suoi detrattori spadroneggianti
e coperto dal loro silenzio pervasivo.
Dunque accade che, per trascuratezza, venga meno ciò che conforta le
messe a punto di vedute e di proposte, le quali potrebbero essere salutari.
La Legge
fondamentale, stabilita dal parlamento di Budapest, presenta caratteri che la
distinguono dalle altre magne carte europee, derivate dai principi della
Rivoluzione francese. La premessa della Professione
nazionale (fonte: la rivista Eurasia)
si apre così:
"Siamo
orgogliosi che il nostro re Santo Stefano mille anni fa abbia dotato lo Stato
ungherese di stabili fondamenta ed abbia inserito la nostra Patria nell'Europa
cristiana". Poco oltre si integra il concetto: "Riconosciamo il ruolo
del cristianesimo nella preservazione della nazione".
Accanto
a queste affermazioni si trovano gli elementi della repubblica parlamentare a
sovranità popolare. Tuttavia, alcune norme tornano alla coerenza con l'incipit, che suona decisamente polemico
verso lo spirito e la lettera dell'UE.
"Dichiariamo che, in seguito ai decenni del XX Secolo che hanno
portato ad una decadenza morale, abbiamo inevitabilmente bisogno di un
rinnovamento spirituale e intellettuale".
Il
matrimonio si compie tra un uomo e una donna.
La
cittadinanza si acquista, di regola, essendo figli di cittadini, e non in virtù
di altri diritti.
Delle
tre feste nazionali, una è quella della Fondazione dello Stato e di re Santo
Stefano fondatore.
La
moneta rimane il fiorino.
"La
vita del feto va protetta fin dal concepimento".
"È
vietata la pratica eugenetica"
"I
giudici non possono svolgere attività politica".
La Banca
Nazionale Ungherese è la banca centrale, responsabile della politica monetaria.
Il suo presidente viene nominato dal Presidente della Repubblica. Una legge
organica definisce il regolamento dettagliato sull'organizzazione e il
funzionamento della BNU.
Il fatto
che queste norme abbiano destato l'avversione, le riserve, le proteste della Commissione
e del Parlamento europei, e che le risposte siano state anche recise, mostra
come non ci sia del marcio in Ungheria, per quanto le remore europeiste vi
prevalgano ancora sull'antieuropeismo. Soprattutto, risulta chiaro che le possibili
resistenze alle imposizioni di Bruxelles non vengono adottate, colpevolmente,
dai governanti di paesi membri dell'Unione.
Piero Nicola
Nessun commento:
Posta un commento