Il bello
estetico che esige per sé l'assolutezza, la beltà delle opere intelligenti, il non plus ultra della tragedia che purifica
le passioni, gli studi che penetrano il fascinoso mistero artistico, menano
tutti e ciascuno a porti infidi, a quello che non è, per cui l'oro viene
eclissato e si eleva l'orpello. - Questione ellenica e sempre attuale.
A
scuola, al liceo, ragazzi s'infatuarono - tuttora variamente s'infatuano - d'un
meraviglioso abbagliante, indottivi dai professori retori e dalla giovinezza. Diventati
adulti, ricredersi sarebbe ostico, cattivo, un privarsi del primo amore che non
si scorda mai, sarebbe un rinnegamento inconcepibile.
Di modo
che, troppi intellettuali, anche bene orientati, si trascinano addosso la remora
magnifica, assoluta. E il mirabile assoluto vizia la loro esistenza, storce la
loro produzione. Analogamente, alcuni miti della storia adulterata, eroi
apparsi, lungo i secoli, nella scia dei campioni omerici, hanno occupato un
posto regale nelle menti coltivate.
Presso gli
uomini di cultura è tenace l'impulso a creare, a immortalarsi, è fervida la persuasione
di avere la capacità e il dovere di lasciare un segno memorabile, che sin d'ora
deve far rumore. Creazione e orgoglio andando a braccetto, nondimeno le
produzioni devieranno.
La forza
della sana coerenza di rado basta agli amanti della poesia per spezzarne il
vincolo, per il sacrificio
liberatore. La rinuncia para loro davanti un'indigenza insopportabile. Eppure è
lo stesso distacco che il Signore ci chiede di attuare dal mondo malizioso e
demoniaco; distacco naturale nei piccoli, nei poveri di spirito.
L'idea di
purificazione risale ad età ancestrali. In Grecia la catarsi trascorse
dall'ambito religioso dei riti a quello etico e filosofico. Platone mantenne l'affrancamento
dall'impurità preservato dalle suggestioni dell'arte, di cui accusava la
lustra. Aristotele parlò di catarsi nella rappresentazione delle passioni
malsane. Il significato da lui attribuito alla catarsi rimane incerto, essendo
andato perduto uno suo scritto illuminante. La posterità ha comunque annesso
alla poetica, alla narrativa, al teatro un potere di sciogliere il mistero
della vita, essendo dato di contemplarla. Ma come può essere eticamente valido
questo godimento di distillazione a prescindere dalla morale dell'opera? Basta
mettere in scena i conflitti dell'umana difettosità per suscitarne un senso
perfetto, edificante?
Rispondiamo di no. Quanti libri, quanti dipinti e sculture, quanti
drammi e commedie del palcoscenico e dello schermo commuovono, appagano
sentimenti, destano ammirazione, pur offrendo una morale immodesta e cattiva!
Inutile negarlo. Non si tratta di dolci musiche senza parole.
Viceversa, è assai consueto che colui cui spetterebbe l'ufficio di
maestro pregia un grande artista, un poeta maledetto (non c'è bisogno d'essere
maledetti come Baudelaire o Rimbaud: gli scettici disgraziati e compatiti sono
ben più pericolosi) e guai a chi glielo tocca! Guai ad applicarvi una critica
che si riferisca alla veridicità.
Allora,
abbiamo ben intenzionati che in qualche modo camminano sulle tracce degli
autori di testi scolastici e universitari, ove si sono esaltati certi artefici
delle nostre lettere e delle nostre sorti, quasi fossero compagni dei santi, mentre
quei manuali e i docenti che hanno decantato all'unisono con essi le glorie
fasulle, hanno contribuito alla discesa della cultura e del popolo italiano
nella cloaca massima.
Piero Nicola
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