venerdì 23 gennaio 2015

Legittime insorgenze e oscure infiltrazioni

 Nei primi anni Sessanta l'iniziato torinese Elemire Zolla (1926-2002), esteta raffinato ed estremo, lanciandosi all'assalto delle mitologie progressiste e operaiste circolanti nelle cellule e nei cineforum impegnati, ottenne da ammirati/infatuati baroni cattolici una cattedra universitaria, che gli consentì di influire nella gestione di due importanti case editrici, Borla e Rusconi.
 Nessuno osava opporsi seriamente al fascino sottile di uno scrittore autorevole e incensato in alto. Certamente non il giovane collaboratore della rivista Renovatio, che, nel 1967, ricevette, dal direttore, il compianto don Gianni Baget Bozzo, l’incarico di recensire favorevolmente  un saggio del prestigioso Zolla.
 Il redattore cominciò a leggere, a prendere appunti e a cercare espressioni adeguate alla stima cattolica dovuta al brillante contestatore del materialismo e della martellante/soffocante cultura progressista.
 Per puro caso il recensore fu colpito dalla sperticata lode zolliana di un severo centro mistico, attivo nell’antichità cristiana e citato negli “Stromata” di Clemente Alessandrino.
 Il giovane collaboratore di Renovatio possedeva una rara copia della edizione degli “Stromata” datata 1925. La curiosità fu più forte della pigrizia. Lo splendore mistico dall'austero professor Zolla fu messo a nudo da una scoperta casuale: il testo edificante, da lui citato con sottile, beffarda intenzione, descriveva  festini sapienziali a base di droghe sacramentate, severi colpi di frusta e atti sessuali contro natura e in diverse posizioni. Pratiche che avevano destato l’orrore e la condanna, del dotto teologo alessandrino.
 Nella pia luce dei festini gnostici la polemica di Zolla contro la cultura progressista rivelava la sua segreta intenzione: accelerare il transito delle masse dall’utopia sovietica alla religiosità porno-nichilistica, ovvero attuare quella mutazione sporcacciona e  thanatofila della rivoluzione, che era stata programmata dagli alti “mistici” radical chic, francofortesi e californiani, per essere festeggiata dalle urlanti/sragionanti/travolgenti folle sessantottine.
 Purtroppo la rivelazione della fonte spuria dello Zolla-pensiero fu contestata, sdegnata e tacitata dai baroni cattolici, che avevano messo in cattedra l'elegante intellettuale. 
 L'infiltrato/incensato Zolla, che nel 1958 aveva conosciuto Cristina Campo [1], fece uso delle altolocate amicizie di lei per incrementare la sua attività di seminatore di testi pseudomistici, eleganti e incantevoli trappoloni, quali, ad esempio, due opere della scrittrice gnostica Simone Weil, La Grecia e le intuizioni precristiane [edita da Borla nel 1967  e nel 1972 da Rusconi] e Attesa di Dio, [edita da Rusconi nel 1972].
 Zolla, continuò la sua sottile opera di attivista confusionario agendo come suggeritore anticattolico [2] fra gli oppositori cattolici al Novo Ordo Missae di Paolo VI.
 Don Francesco Ricossa, autore di un pregevole ed equanime saggio, Cristina Campo o l'ambiguità della Tradizione, edito da Sodalitium in Verrua Savoia nel 2005 [3], ha dimostrato l'influenza negativa esercitata dai laicisti e dagli esoteristi (in prima fila il guénoniano Zolla) infiltrati nel movimento per la difesa della liturgia latina, Una Voce.
 La presenza di studiosi eterodossi e umbratili e/o impazienti/incontinenti fra i firmatari del documento in difesa della liturgia tradizionale, annunciata dal notiziario Una Voce, e le indiscrezioni sulle bizzarre idee in circolo nell'ambiente, allarmarono i non leonini cardinali, che si erano dichiarati contrari alla riforma di Paolo VI, e li indussero a non firmare. Zolla esultava e dichiarava la morte del Cattolicesimo.
 Di conseguenza la robusta opposizione clericale alla riforma liturgica, minaccia che aveva allarmato la curia progressista, si ristrinse alle sole firme animose ma sotto schiaffo dei cardinali Alfredo Ottaviani e Antonio Bacci, e fu privata della sua iniziale e temuta efficacia. 
 Ai progressisti in clergyman non fu difficile convincere i fedeli che la resistenza alla nuova liturgia era dettata dall'estetica professata dal nucleo non cattolico dei firmatari e dei sostenitori del Breve esame critico del Novus Ordo Missae. 
 L'esito scoraggiante dell'azione in difesa della liturgia, riconosciuta la buona fede dei promotori, rivela la intrinseca debolezza della qualunque strategia, del qualunque ecumenismo a destra, in ultima analisi della qualunque tentazione di disobbedire al principio di identità e non contraddizione, per cercare consensi obliqui e fragili alleanze nell'area in cui la verità è inquinata da suggestioni non cattoliche.
 Non ci si stancherà mai di rammentare l'insidia in agguato fra le righe della trans-politica, e del qualunque discorso pronunciato da tradizionalisti a mezzo servizio.
 Da Guénon a Zolla fino agli anti-abortisti in questi giorni ruggenti a corrente a corrente alternata, la dolorosa storia dei rapporti tra cattolici e infiltrati rammenta la gravità dei danni, che può procurare l'incauta apertura agli esoterici amici.  

Piero Vassallo          




[1]          Cristina Campo, pseudonimo della poetessa Vittoria Guerrini 1923-1977, "figlia di musicisti, parente di Ottorino Respighi", apparteneva a una illustre famiglia bolognese, fedele al movimento fascista. Al riguardo cfr.: Don Francesco Ricossa, autore di un puntuale profilo biografico della Guerrini,  Cristina Campo  o l'ambiguità della Tradizione, Centro Librario Sodalitium, Verrua Savoia  2005, pag. 21.
[2]               Don Ricossa, nel testo citato, rammenta che secondo un'opinione, che Zolla ha manifestato dopo la morte di Vittoria Guerrini, la fede sarebbe "una capacità di  autoallucinarsi o di sostanziare in un certo modo la percezione". Zolla si spinse al punto di affermare che la condanna del quietismo (un'eresia secondo cui il fedele che aveva raggiunto lo stato di quiete era esentato dall'obbligo di resistere alle tentazioni), la Chiesa aveva avviato l'estinzione del misticismo. L'enormità dell'eresia quietista si deduce dalla biografia di Fénelon, che ha legato il suo prestigio di vescovo blasonato ma incauto alla boccaccesca vicenda dei “riti” quietistici officiati dall’intrepida/rovente visionaria Jeanne Marie de la Mothe-Guyon.    
[3]             Don Riscossa sospende il giudizio sulla fede di Cristina Campo e contesta l'ipotesi sulla sua adesione alla tesi zolliana sulla fine del Cattolicesimo: "la Campo parla di una possibile fine del Cattolicesimo in seguito alla riforma liturgica. Ma fa di tutto per evitarla. La sconfitta (così crede) in questa battaglia non viene da lei inquadrata, guénonianamente, in una necessaria distruzione dell'ordine per giungere al caos: Cristina della scomparsa della liturgia muore letteralmente e mai abbandona - almeno visibilmente - la Chiesa"

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