sabato 11 ottobre 2014

LA GRAZIA CALPESTATA (di Piero Nicola)

  Il sinodo sulla famiglia indetto da Jorge Mario Bergoglio ha suscitato diversi giusti allarmi e appropriati giudizi negativi da parte di autori e commentatori tradizionalisti. Ho letto un articolo di Alessandro Gnocchi, che crudamente ma puntualmente vede nell’evento – avviato a un cattivo sbocco – il segnato procedere di un aberrante consenso alle voglie del secolo, compiuto dal Vaticano e dalla gerarchia che vi aderisce. Ove lo scrittore rileva la desolazione e la profanazione dei Sacramenti, in particolare, dell’Eucaristia, mi si è accesa una luce su un aspetto forse ancora lasciato in ombra, quello della grazia, che anzitutto proviene dai Sacramenti.
  La ragione principale per cui i pastori mercenari – chiamiamoli così benevolmente, giacché i loro inganni dottrinali inducono a dubitare di peggio – fanno del male al gregge, consiste nel loro ignorare la grazia e la sua virtù soprannaturale. Evito la disamina delle cause, osservo soltanto che essi, soggetti al lupo, al mondo lupo, consentono all’ignoranza in cui è ridotta la massa dei cattolici, o sedicenti tali, i quali trovano che, nei duri frangenti, è impossibile osservare i precetti tradizionali, per cui sono cristiane e lecite le scappatoie permesse con l’aver reso relativi i comandamenti della Vecchia e della Nuova Alleanza. E hanno ragione di credere che con le proprie forze non si riesca a tenersi nell’onestà pretesa un tempo, o in quella conservata finora momentaneamente dalla sede di Pietro.
  Il Nuovo Testamento chi lo legge? Allorché qualcosa si legge tuttora in chiesa, di solito il primo a travisarlo è quel tale che, durante l’omelia, si volge al microfono, cui fanno eco sonori altoparlanti.
  Se il popolo non cercasse un aiuto soprattutto esistenziale e, spinto dall’innato sentimento religioso, non volesse sbrigativamente soddisfarlo, se gli sbandati eredi dei vecchi cattolici non si accontentassero di belle quanto false rassicurazioni morali e ultraterrene, ma si prendessero la briga di leggere le parole testuali e affatto intelligibili di Cristo, scioglierebbero la loro recondita insoddisfazione, troverebbero la soluzione e scoprirebbero il raggiro. Senza di me non potete fare niente, dice il Messia. Bussate e vi sarà aperto. Se pregando chiedete una grazia al Padre vostro, Egli vi esaudirà. Ecco come ricevere la forza che, secondo natura, non possiamo avere per adempiere la legge. Ecco come il giogo impostoci da Cristo può diventare soave.
  San Paolo spiega bene in che modo la legge, pur necessaria al popolo ebreo, eccedesse le sue capacità di adempierla. La legge è morte, egli dice, ma non per noi redenti da Cristo.
  Quale evidenza maggiore di questa, a significare il potere che ci viene dalla Redenzione! Non si tratta d’un potere largito incondizionatamente a tutta l’umanità. Anzitutto occorre il Battesimo. Chi riceverà la mia parola e sarà battezzato, sarà salvo. E siccome anche la Grazia avuta al fonte battesimale si perde col peccato (quante raccomandazioni giungono da Gesù e dagli Apostoli di non cadere nel peccato, di restare uomini nuovi, di vigilare perché, spazzata la casa, non tornino ad irrompervi più demoni di quelli scacciati in precedenza, di mantenersi integri poiché la morte sopraggiunge furtiva come il ladro) non resta che il perdono del peccato, ottenuto col Sacramento del confessionale.
  Alessandro Gnocchi rimarca che il popolo viziato si presenta per lo più profano e colpevole alla balaustra, dove riceve l’Ostia come in una partecipazione sociale e mondana, come riscuotendo il debito, senza piegare il ginocchio, senza inchino adorante la reale presenza del Signore. L’inadempienza del popolo insofferente di pesi da sostenere e incoraggiato ad abbandonare l’umiltà, prende origine dall’aver rovinato, peccando, lo stato di Grazia avuto gratuitamente col Battesimo, e poi dipende dall’aver rovinato il recupero di essa, trascurando la Penitenza, ossia l’assoluzione, disertando l’inginocchiatoio davanti al confessore, così come questi trascura il suo ministero. Spesso costui, mette fardelli ingrati e insostenibili sulle spalle dei parrocchiani! È il curato che non cura, non istruisce, non si adopera per farli diventare vigorosi, acquistando il vigore soprannaturale.
  Ma che cosa è in effetti questa risorsa portentosa? Nessun mistero. Definizioni dogmatiche la illustrano, tratte infallibilmente e univocamente dalla Rivelazione (composta da Sacra Scrittura e Tradizione).
  La Grazia santificante, abituale, si acquisisce divenendo membri della Chiesa, del Corpo mistico di Cristo, ed è dono gratuito necessario a corrispondere al vero, ad adempiere il bene e a conseguire la salvezza eterna.
  La Grazia attuale, bensì necessaria per perseverare o per convertirsi, può essere di vario genere. Notevoli sono quella in certo modo comune per tutti, che consente anche ai non cattolici, i quali collaborino con essa, di giungere a salvamento, e quella efficace, che supera il bisogno della collaborazione, per insondabile decreto dell’Onnipotente, pur restando il beneficiato libero di resistervi.
  Le grazie si possono impetrare anche alla Madonna, grande mediatrice di esse, oppure ai Santi. La storia ecclesiastica è gremita di casi, verificati dalla Chiesa, in cui i devoti ottennero aiuti di ogni sorta per sé e per altri.
  Perciò sono esecrabili quanti tolgono la speranza agli uomini concedendo loro che, stanti le avverse circostanze, non possono fare a meno di peccare e, in nome di un’assurda misericordia, li assolvono senza che rimedino al mal fatto. Questi cattivi maestri adottano l’eresia che nega la validità della grazia per non trasgredire, e la remissione del peccato condizionata al fermo proposito di porvi riparo, di cambiar vita.


  Piero Nicola

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