venerdì 3 ottobre 2014

Perché è necessario che l'Italia rimanga unita

L'unificazione d'Italia fu compiuta con l'importante non decisivo contributo degli stranieri, dei garibaldini, cialtroni incappucciati, e di una borghesia lanciata al furto dei beni ecclesiastici. Non è pertanto ragionevole ridurre la storia del movimento unitario all'azione massonica e all'avarizia della borghesia senza princìpi. L'unità era un progetto condiviso dalla larga maggioranza degli italiani, in quel tempo fedele alla religione cattolica. Gli archivi parrocchiali dell'epoca registravano un adempimento del precetto pasquale  da parte del 95% della popolazione.
 E' onesto riconoscere la nobiltà dei soldati napoletani, combattenti al Volturno e a Gaeta, ma è impossibile condividere oggi le ragioni anti-unitarie del loro eroismo.
 Non c'è ragione di dimenticare che, dopo l'annessione, la passione monarchica dei napoletani fu favorevole a Casa Savoia. A favore dei Savoia i napoletani votarono nel referendum del 1946. E sostennero, con scelta maggioritaria, il Partito nazionale monarchico fino al 1956, anno in cui il ministro degli interni, Ferdinando Tambroni, destituì il sindaco di Napoli Achille Lauro.
 D'altra parte la critica all'unità italiana fu avviata solo nel 1960 da due giovani dirigenti missini, Gabriele Fergola e Silvio Vitale. La loro avversione al Risorgimento, tuttavia, non si tradusse nelle dimissioni dal partito nazionalista e non ri rovesciò nella avversione alla storia (patriottica e unitaria) del partito fascista.   
 La discussione sull'unità d'Italia, infine, non può non tener conto di alcune conclamate verità storiche:

a. L'Italia pre-unitaria era un umiliato spezzatino di stati satelliti sottomessi ai capricci delle arroganti corti europee. Corti infettate dalla massoneria. 

b. La massoneria era largamente presente e attiva, oltre che nel Ducato di Toscana, in quel Regno di Napoli, che il revisionismo anti-unitario solitamente oppone al Regno sabaudo.

c. Francisco Elias de Tejada, uno studioso che non può essere accusato di garibaldinismo, ha dimostrato che la Regina di Napoli Sofia non fu una sposa virtuosa ma una fedifraga. Lo storico Arrigo Petacco, nel saggio su Gaetano Bresci, ("L'anarchico che venne dall'America", Mondadori, Milano 2000) in seguito ha dimostrato che la Regina Sofia prese parte al complotto per uccidere Umberto I. Riconosciuto il valore dimostrato da Sofia durante l'assedio di Gaeta sorge una imbarazzante domanda: può essere simbolo di un'Italia migliore la regina adultera, che ha collaborato con l'autore di un regicidio?

d. Il Concordato dell'11 febbraio 1929 mise fine al conflitto tra Italia e Santa Sede e avviò un decennio intitolato alla felice intesa del governo italiano e del papato. Riaprire una ferita cicatrizzata da tempo al fine di mettere in discussione l'unità nazionale implica la demolizione della memoria di quel periodo e alzare la bandiera dell'antifascismo di stampo crociano o gramsciano. Inoltre il capovolgimento dell'unità italiana pone il problema di quali argomenti si dovrebbero escogitare ed esporre per convincere papa Bergoglio ad accettare la riconsegna di Roma, del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e della Romagna. Solo un Petrolini potrebbe convincere il papa regnante ad accettare un "dono" così ingombrante.

e. Sotto la pelle del separatismo corre, inavvertita, la vecchia passione degli antifascisti di scuola liberale & crociana. Il male che tormentava, secondo  Giorgio Del Vecchio, l'Italia del dopoguerra e oggi disorienta i tradizionalisti, avviandoli alla folle ammirazione per la scuola di Vienna. Per inciso: Del Vecchio fu un filosofo giusnaturalista, sulla cui opera i militanti nel partito della disunità dovrebbero riflettere seriamente, per capire la natura della corda patibolare che unisce antifascismo e anti-Italia.

f.  Infine si pone la domanda sulla resistenza che i piccoli stati italiani potrebbero opporre all'arroganza dei poteri forti e del loro arnese germanico. La Liguria, regione che ha già sperimentato la sua fragilità al tempo dell'invasione giacobina, e che oggi detiene il primato mondiale di denatalità e invecchiamento, potrebbe, ad esempio, resistere a un imperioso comando lanciato da Berlino? Contro la cancelleria teutonica Matteo Renzi leva una vocina fioca. Non è difficile immaginare il belato dell'eventuale governatore dello stato ligure, ad esempio il fragile professore che porta il fatidico nome dei Doria...


 In conclusione: l'Italia disunita e - a parole - antimassonica, retrocederebbe allo stato di "giardino dell'impero" di Bruxelles e/o di breccia aperta al passaggio dell'islamismo.  La nostra patria diventerebbe terra da mettere sotto i piedi di iniziati, di banchieri, di tedeschi, di burocrati insaziabili e dei miliardari islamici (già attivi in Sicilia). La disunità è un progetto che contempla l'uscita dal tunnel della ipertrofica burocrazie romana per entrare definitivamente nella fosse da morto scavata dai padroni europei.    

Piero Vassallo

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