domenica 25 gennaio 2015

Dell'infallibilità papale. Risposta al professor Radaelli (di Piero Nicola)

  Il teologo E. M. Radaelli ha qui pubblicato una lunga replica alle osservazioni di Radiospada intorno alla questione dell’infallibilità pontificia. Egli sostiene, in contradditorio, che tale prerogativa del Papa e della Chiesa resta circoscritta alle sentenze manifestamente definitive e dogmaticamente definite ex cathedra, il cui oggetto sono unicamente i dogmi, senza altra estensione di verità connesse. Per queste ultime, egli pone l’insegnamento autentico e fallibile, con possibilità di errore, positivamente al di fuori dell’infallibilità, e che richiede soltanto un doveroso ossequio del fedele. Potremmo osservare che autentico e insieme erroneo suona all’orecchio comune come un’antilogia, e vedremo come l’udito abbia ragione.
  Per inciso, la polemica verte con ogni evidenza sulla conservazione o sulla perdita dell’infallibilità, e quindi del valido titolo di Papa e di Chiesa, da parte dei soggetti che attualmente si rivestono di tali sacre investiture, avendo commesso notevoli errori (riconosciuti dal Radaelli), o avendoli confermati, riguardo al Deposito della fede, sia dovuti al Concilio Vaticano II, sia commessi in seguito. Sicché la faccenda risulta di capitale importanza.
  Poiché la Chiesa non può insegnare e praticare errori di eresia – come in realtà è avvenuto - senza cessare di essere Chiesa, il cui ufficio precipuo è quello di trasmettere la verità, che è necessaria all’ottenimento della salvezza, la faccenda sarebbe risolta a priori.
  Non occorre essere dottori per comprendere che, ad esempio, l’aver cassato (non omesso) dal Catechismo l’opera di misericordia spirituale della fraterna ammonizione degli erranti è un’azione eretica. Infatti l’ammonizione fraterna è un comandamento evangelico e come tale un articolo di fede. Tanto peggio, se la prassi della sedicente chiesa generalmente non prevede l’istruzione dei fedeli mediante il dettato del Catechismo, pure riformato e costellato di false verità (per esempio circa gli acattolici, mai nominati come tali).
  Secondo esempio di eresia, almeno materiale: il diritto alla liberta religiosa, proclamato e prescritto, contraddice il dogma (esplicito nella Rivelazione e in documenti pontifici dati ex cathedra a condanna di tale libertà) del dovere del Vicario di Cristo e dei pastori di preservare dall’errore (diffuso dagli erranti) il gregge loro affidato e non solo esso. E con le risoluzioni del Concilio e del Vaticano si forma l’eresia dell’abolizione dell’eresia medesima, quanto meno è eretica l’asseverata validità delle false religioni per conseguire la salvezza. Potrei continuare con costatazioni alla portata di qualunque cattolico che si sia istruito nella dottrina come è stato prescritto dalla Chiesa.
  Ma per debita correttezza, entro nel merito.
  L’Enciclopedia Cattolica (bensì citata dal Radaelli, tuttavia parzialmente - né prenderò in considerazione i teologi e i vescovi sui quali egli si appoggia, in quanto potrei allegarne di contrari altrettanto titolati) alla voce Infallibilità dice:
  “L’infallibilità della Chiesa [“non è mai stata formalmente definita come dogma, ma deve indubbiamente ammettersi quale verità rivelata”] implica […] un’assistenza divina che dirige tutto l’insegnamento ecclesiastico […] impedendo la formulazione definitiva di falsi giudizi e indirizzando le menti del corpo docente alla retta comprensione e rielaborazione del dato rivelato. Attraverso questa assistenza è garantita pure l’infallibilità del credente, che aderisce alla dottrina proposta alla sua fede da un magistero infallibile”.
  “Ma il Collegio episcopale, erede dei poteri del Collegio apostolico, infallibile sia nelle solenni definizioni dei concili, sia nel magistero ordinario e universale, esplica la sua missione di insegnamento soltanto in subordinazione al suo capo, secondo la divina istituzione del primato, che racchiude, perciò, nella sua stessa natura, l’infallibilità, attributo inseparabile dal magistero universale”.
  “… dove si trova insegnamento ecumenico in tutta la sua intensità, ivi è pure esercizio di infallibilità”.
  “Gesù ha appena risposto alle contese dei Dodici sul primato, inculcando loro il nuovo spirito dell’autorità (Lc. 22, 24-27), quando affida a Pietro, ripetendo anteriori designazioni, l’ufficio di confermare nella fede tutti i fratelli”.
  E come Pietro confermerebbe tutti i fratelli nella fede disponendo che essi dialoghino con eretici, scismatici, ebrei non convertiti, apostati, infedeli, pagani, atei stando con loro da pari a pari, riconoscendo loro una dignità pari alla propria, quindi andando a loro come non possedendo la sola verità, la verità di Cristo? Questa disposizione contraddice positivamente la missione evangelica e ferisce il dogma del mandato cristiano.
 “S. Ireneo in un testo celebre (Adv. haer., 3, 3, 2) afferma apertamente il supremo magistero della Chiesa romana, impersonata nei suoi vescovi, radice dell’unità dottrinale della Chiesa universale, assommando in sé le qualifiche di teste, di custode e d’organo della Tradizione apostolica, di criterio pienissimo di verità contro tutte le eresie”.
  Ma sono innumerevoli le disposizioni ecclesiastiche contro il falso ecumenismo, in base alla Scrittura.
  “La definizione ex cathedra, unico caso in cui si abbia, strettamente parlando, esercizio dell’infallibilità pontificia, non si verifica se non quando il papa si pronuncia con sentenza manifestamente definitiva e destinata a tutta la Chiesa, mettendo in opera tutto il suo potere dottrinale ecumenico”.
  “Il Concilio Vaticano non definì però l’oggetto dell’infallibilità pontificia, limitandosi a dichiararlo identico a quello dell’infallibilità della Chiesa”.
  “Deve ritenersi di fede che la Chiesa è infallibile nell’insegnamento di quanto è esplicitamente o implicitamente rivelato […] La custodia, spiegazione e proposizione della dottrina stessa del Divin Maestro fu infatti affidata al magistero apostolico. L’ampiezza di questo oggetto è indicata chiaramente nei termini stessi che garantiscono l’infallibilità: nel suo ambito stanno ‘ogni verità’ rivelata agli Apostoli dallo Spirito Santo […], ‘tutta la predicazione’ di Gesù […], ‘le parole di Gesù venute dal Padre’ […], ‘il Vangelo del Regno’ […]. Logicamente vi è compresa l’infallibilità nella condanna dell’eresia, che si oppone contraddittoriamente alla Verità rivelata. Per questa prerogativa può ancora la Chiesa infallibilmente […] definire il senso di un testo biblico dogmatico, scegliere formole dogmatiche adatte, ecc.”
  Ora, quanto alla forma, gli errori sopra ricordati, commessi da coloro che nell’ultimo mezzo secolo figurano essere il pontefice e l’episcopato unito a lui, è indubbio che furono definiti, destinati al clero e ai laici tutti, assumendo tutto il potere dottrinale ecumenico. A suggello di ciò, si noti il carattere di obbligatorietà impresso a tale magistero sia rispetto la fede, sia nei pratici adempimenti, sia nell’esempio del governo ecclesiastico.
  Inoltre, la materia era e resta dogmatica, riguardando la fede e i costumi.
  Il professor Radaelli nega implicitamente che si tratti di dogmi, e vuol dimostrare che gli errori riscontrabili nel Vaticano II esulano dal campo dogmatico dell’infallibilità, perché, a suo avviso, il Concilio fu soltanto pastorale, Paolo VI e i suoi successori non diedero definizioni dogmatiche.
  Viceversa l’Enciclopedia Cattolica prosegue con l’oggetto secondario.
  “Nell’oggetto secondario vengono raggruppate quelle che con termine generico si chiamano ‘verità connesse’. Le quali formalmente non si trovano nella Rivelazione, ma sono con questa così strettamente legate, che vi si possono dire virtualmente contenute. L’errore intorno a queste applicazioni del principio rivelato scuoterebbe le stesse basi su cui poggiano e metterebbe in pericolo la fede. Le verità connesse devono quindi ritenersi presenti nella mente del Divin Maestro nell’atto di comunicare la sua Rivelazione […] Le classi più considerate di queste verità connesse sono quelle delle conclusioni teologiche, dei fatti dogmatici, della canonizzazione, della legislazione ecclesiastica”.
  “Il principio dell’infallibilità intorno all’oggetto secondario ha per sé il consenso unanime della teologia cattolica”.
  Perché, ci si chiede, il professor Radaelli si è dato la pena di escludere, con molte argomentazioni, dall’infallibilità la proposizione delle verità connesse, ossia degli errori commessi nel loro ambito, dal momento che sostiene non vi siano stati gli estremi per risoluzioni conciliari dogmatiche e per definizioni ex cathedra?
  Possiamo presumere la spiegazione nel fatto che il nostro teologo ammetta ci sia stato, e permanga, almeno un magistero ordinario e universale erroneo, con relativa definizione dottrinale in materia di fede e di costumi, per cui egli abbia inteso parare l’accusa di perdita dell’infallibilità a causa degli errori sostenuti, stabilendo che concernevano verità connesse.
    Sennonché l’Enciclopedia Cattolica gli dà torto su questo punto.
    Per giunta, il Concilio Vaticano I, sess. III, dice: “Con fede divina e cattolica deve credersi tutto ciò […] che è proposto dalla Chiesa come divinamente rivelato […] col suo magistero ordinario e universale”.
  Lo stesso nuovo catechismo sostiene che si ha infallibilità “anche quando il Papa e i Vescovi, nel loro ordinario Magistero, concordano nel proporre una dottrina come definitiva”.
  Perciò il professor Radaelli afferma invano che non ci sono le condizioni dell’infallibilità nei termini di tale Magistero.


Piero Nicola

Nessun commento:

Posta un commento