lunedì 28 luglio 2014

I fondamenti della persona in San Tommaso D'Aquino

Ai fedeli, tormentati degli spinosi problemi posti dalla babilonia anti-umana, che è inscenata dall'ateismo post-moderno per seminare errori nella Chiesa cattolica, l'instancabile e sagace editore Marco Solfanelli propone un eccellente saggio di Giovanni Emidio Palaia, "I fondamenti della persona in San Tommaso d'Aquino".
L'importanza del saggio di Palaia emerge dalla definizione dell'opera di San Tommaso, che indirizza alla comprensione della necessità urgente di ristabilire il rapporto di ordinata continuità tra tra ragione e rivelazione cioè tra filosofia e teologia: "le parti della filosofia tomista sono state elaborate tanto più profondamente quanto più direttamente esse interessavano la teologia tomista. La teologia di San Tommaso è quella di un filosofo, ma la sua filosofia è quella di un santo".
L'opera di Palaia è apprezzata e consigliata da due eminenti e prestigiosi studiosi della Lateranense, il rettore mons. Enrico dal Covolo e l'illustre politologo prof. Giulio Alfano, in quanto finalizzata alla scrupolosa lettura delle fonti teologiche dalle quali discende, per faticose vie, il riconoscimento della dignità, che compete alla persona umana.
Al proposito Palaia rammenta che "l'antico popolo di Israele - da cui provenivano i primi credenti - ha dovuto accettare forti novità. Difatti con il cristianesimo l'esperienza religiosa viene trasportata su un piano nuovo sotto tutti gli aspetti".
Un primo, importante contributo al consolidamento della teologia nella nuova dimensione fu offerto dal precursore Tertulliano che usò la parola latina persona nella definizione trinitaria.
Sant'Agostino, a sua volta, trattò del Verbo che unisce l'una e l'altra natura nell'unità della persona: "Cristo è Dio ed è uomo non per confusione della natura ma per l'unità della persona". Tuttavia Agostino "non ha definito il concetto di persona e non si è preoccupato di definirlo".
Severino Boezio stabilì che il termine greco persona (prosopon) indica la maschera: "L'allusione all'origine teatrale del termine (scrive José Angel Lombo, opportunamente citato da Palaia) rivela già implicitamente la dignità del soggetto di cui si predica, perché soltanto all'essere razionale diamo il nome di persona, in quanto di lui si possono narrare fatti rilevanti".
Di qui la definizione di Boezio: Persona est rationalis naturae individua substantia. Palaia condivide l'opinione di Lombo e dell'autorevole mons. Gianfranco Basti, secondo cui Boezio, correggendo la dottrina di Porfirio, ha definito la persona "una sostanza capace di pensiero, libertà, consapevolezza, autocoscienza, dialogicità".

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Prima di esaminare la novità introdotta dall'Angelico nella dottrina intorno alla persona, Palaia rammenta che "l'originalità della metafisica di San Tommaso è da individuare - secondo Cornelio Fabro - nel passaggio al limite dell'essere funzionale aristotelico all'esse subsistens supremo ovvero nella promozione metafisica dell'esse formale aristotelico, che non è ancora, all'esse reale subsistens (Dio) che sempre e anzitutto è e dà agli altri esseri tutti di essere e di esistere".
Di conseguenza "il diritto all'esistenza spetta soltanto a Dio, solo in Lui essenza ed esistenza coincidono. Nel De Anima Tommaso sottolinea come l'esse ipsum è l'atto ultimo, che non partecipa ad alcunché, mentre è partecipato da ogni cosa".
Ora nella Somma Teologica, l'Aquinate commenta la definizione di Boezio e formula la più classica definizione di persona: "L'individuo particolare si trova in modo perfetto nelle sostanze ragionevoli che hanno il dominio dei propri atti, che si muovono da se stesse e non già spinte dall'esterno come gli altri esseri, e le azioni si verificano proprio nella realtà particolare. Perciò tra tutte le altre sostanze gli individui di natura ragionevole hanno un nome speciale. E questo nome è persona. Nella suddetta definizione dunque ci si mette sostanza individua, per significare il singolare nel genere di sostanza e vi si aggiunge di natura razionale per indicare il singolare di sostanza ragionevole".
Di seguito l'Aquinate precisa che "l'anima in quanto forma del corpo non ha un essere separato da quello del corpo, ma con il suo essere è ad esso immediatamente unita".
Al proposito Palaia cita un puntuale commento di Giulio Alfano: "La perfezione specifica dell'uomo si realizza con essenziali note: l'animalità e la razionalità, che sono in rapporto metafisico tale che l'animalità viene intrinsecamente elevata dalla razionalità e questa limitata dall'animalità".
Infine l'autore indica una via d'uscita dalle suggestioni totalitarie propalate dall'idealismo intorno alla persona collettiva, e al proposito cita un testo di Basti: "l'essere ultimo della persona umana, il fondamento della sua dignità non è da ricercarsi nella dialogicità delle relazioni. Anzi, per salvare tutto il dinamismo psicologico della dialogicità, della intersoggettività, se si vuole che tutta l'esistenza della singola persona umana abbia sempre qualcosa di se stesso da comunicare, da porre in dialogo, da condividere, occorre che il fondo dell'essere della propria soggettività, l'io di quella persona da cui essa attinge per comunicarsi agli altri, sia senza fondo, inesauribile ed in questo senso della sua inesauribilità esso sia ultimamente incomunicabile, irriducibile".
La corretta interpretazione dei testi dell'Angelico svela il vero significato dell'umanesimo, dottrina ispirata dall'incontro della teologia cattolica con la innovativa interpretazione dell'aristotelismo, una conquista del pensiero cristiano purtroppo dissipata e invertita da Gemisto Pletone e da Marsilio Ficino, pensatori retrivi, in rovinosa discesa verso le aporie, che impedirono l'accesso dei filosofi greci alle più alte verità di ragione.
Giovanni Emidio Palaia, sapiente e scrupoloso ricercatore in Filosofia Politica lavora nel solco sapientemente tracciato da Fabro e perciò interpreta l'antropologia di San Tommaso quale fonte dell'umanesimo autentico, una dottrina incompatibile con le ideologie discendenti in vario modo dalla sincope fiorentina della filosofia cristiana
Nell'introduzione, l'autore rammenta le ragioni del titolo - Doctor Humanitatis - attribuito all'Aquinate da Giovanni Paolo II: "esse sono particolarmente l'affermazione della dignità della natura umana, così netta nel Dottore Angelico, la sua concezione dell'avvenuto risanamento ed elevazione dell'uomo a un superiore livello di grandezza in forza dell'Incarnazione del Verbo, l'esatta formulazione del carattere perfettivo della grazia, come principio-chiave nella visione del mondo e dell'etica dei valori umani così sviluppata nella Summa, l'importanza attribuita dall'Angelico alla ragione umana nella conoscenza della verità e nella trattazione delle questioni etico-sociali".
Allo studioso che conosce l'autentico significato dell'umanesimo appare dunque evidente che l'Aquinate ne fu il vero fondatore e l'interprete insuperato e che tutti gli altri umanesimi, fiorentini, ginevrini, prussiani o francofortesi, non son altro che smorte e ingannevoli parodie.
Puntualmente Palaia rammenta che "il dogma ha prodotto il concetto di persona, questo s'intende quando si evidenzia che tale nozione di persona è di provenienza cristiana".
A conferma di detta affermazione, Palaia cita una puntuale definizione di Fabro: dalla Rivelazione "l'uomo ottiene un nuovo rapporto con Dio, anzitutto con la Fede che gli offre la conoscenza della salvezza e dei mezzi per raggiungerla, e poi specialmente con la Grazia che gli procura l'inabitazione delle divine Persone, le cui arcane operazioni nell'anima rischierebbero di riuscire completamente infruttuose se non affiorassero mai alla coscienza".

Piero Vassallo
  

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