Gli espedienti retorici non sono
un'invenzione né odierna né recente. L'arte di manipolare la lingua è una
vecchia porcheria. Però tale malizia ebbe sovente, come le bugie, le gambe
corte. Un'onestà formale ineludibile, autorevole, vanificò l'uso insinuante,
allusivo di vocaboli per svilirne il valore, vanificò le nuove accezioni che
denigravano i buoni significati; i mali giochi linguistici vennero smascherati
con il loro significato effettivo.
Il vocabolario mise le cose in ordine, grazie soprattutto all'etica
eterna della Chiesa, che metteva in soggezione quella mondana, benché sempre si
cercasse il modo per gabbare la gente con usi impropri e locuzioni sofistiche,
atte a trarre in inganno.
Populismo. - Chi oggi vuol accusare qualcuno
o una associazione di essere demagogica, non usa più il termine proprio: demagogia, ma ha stravolto il vecchio
significato di populismo
sostituendolo a demagogia. Il dizionario
Garzanti degli anni Ottanta così definiva la voce populismo: "atteggiamento o movimento politico, sociale o
culturale che tende genericamente all'elevamento delle classi più povere, senza
riferimento a una specifica forma di socialismo o a una precisa impostazione
dottrinale". Dunque il senso spregiativo è recentissimo e sostituisce un
termine preciso, come demagogia,
perché la novità fa maggior presa sull'immaginazione, perché populismo è maggiormente comprensibile
da quel popolo che si presume raggirato, e per diminuire il valore del consenso
popolare, che sarebbe carpito con le lusinghe. Tale azzardo, con cui si mette
in dubbio la capacità di discernimento del popolo e lo stesso valore del
principio democratico, dice la crisi dei partiti ancorati al sistema, dice l'impopolarità
dei conformisti difensori dello status quo, la loro disperazione, non essendo
riusciti a escogitare un nuova soluzione demagogica o non essendosi resi conto
dell'aria che tira.
L'ultima
trovata è il sovranismo. Coloro che hanno
coniato e adoperano questo neologismo, non si rendono conto di impugnare un
coltello a doppio taglio, che sta ritorcendosi contro di loro. Esso si oppone
al sentimento che la gente, avvertendo il profondo malessere sociale, prova
verso una sottintesa rinuncia alla propria identità, alla sovranità, in nome di
un internazionalismo o globalismo o società multietnica, e di un buonismo che
fa d'ogni erba un fascio: proposte a cui non crede, di cui subodora la
macchinazione. Sminuire la sovranità significa pregiudicare la proprietà di
quanto ci appartiene, che si è giustamente ereditato e che non si è disposti a
spartire col primo venuto, il quale ne godrebbe senza alcun merito, col quale
si ha poco da spartire, anzi costui, comportandosi a modo suo, turba la pace e
l'armonia. Il sentimento di tutto ciò, benché sovente inconsapevole, è
diventato più forte della propaganda contraria. Questo spiega la sconfitta e il
discredito dei partiti che propugnano la politica continuità e la moderazione.
Il problema non è semplicemente economico. Anche la massa che può vivere o
vivacchiare si sente moralmente a disagio, minacciata, e ha fiutato l'inganno,
ha smesso di credere e di obbedire. I segni della diffidenza e dello
scetticismo sono evidenti; l'establishment procede in un vicolo cieco, finché
qualcun'altro avanza un'alternativa.
Nella festa dell'Ascensione, Francesco I visita le comunità utopiche e
moderniste e tiene omelie stucchevoli e filantropiche, che sanno di connivenza
con l'universalismo e hanno perduto il potere di convincere.
Mattarella è intervenuto al convegno di Fiesole intitolato The State of
The Union. Già questo invadente abuso dell'inglese (per giunta poco
comprensibile) ormai suona male alle orecchie nostrane, che non appartengano a
pappagalli istruiti e ai vogliosi di tenersi in pari con questa moda
esterofila. Mattarella ha approfittato di tale celebrazione della solidarietà
nell'UE per mettere in guardia un prossimo governo Lega-5Stelle dicendo che
bisogna "sottrarsi alla narrativa sovranista", e ha messo sull'avviso
tutti quanti perché nessuno Stato può illudersi di fare da sé. Come se tuttora
gli Stati europei non dovessero fare da sé, ossia difendere i loro interessi,
nonostante la perdita notevole di sovranità e di interessi, senza adeguata
contropartita. Ed è l'avvertita mancanza di vantaggi, anzi l'avvertito discapito
(immigrazione, moneta unica, debito pubblico in speculative mani altrui) che ha
determinato la volontà nazionale di riappropriarsi della propria roba,
dell'autonomia. Ora, questi concetti di conservazione del patrimonio e di
indipendenza conducono alla sovranità, conducono all'improvvido uso
dispregiativo della parola sovranismo;
chi se ne serve sta dandosi la zappa sui piedi.
Piero Nicola
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