L'errore è quel fatto gravido di conseguenze che può generare l'inganno.
In campo sociale, dall'inganno derivano giudizi errati e mali d'ogni genere.
Infatti sovente l'errore assume l'aspetto della verità. Quanto all'azione umana
che produce l'errore-inganno, cioè l'effetto dell'impostura, è inutile
indagarne la qualità, metterla sotto processo. Possono determinarla malafede,
passione, pregiudizio, ingenuità, ignoranza. Soltanto Dio ha il potere di certa
condanna o di assoluzione.
Il discorso cade a proposito in merito al proposto e caldeggiato governo
imparziale rispetto ai differenti disegni politici dei partiti. Tale governo
sarebbe utile o necessario per decidere su questioni economiche urgenti. E qui
sta il fallo.
In primo luogo esiste un governo imparziale? In via di principio, ciò è
impossibile. Essendo formato di uomini, e di uomini associati come ministri,
essi dovrebbero non avere tendenze, preferenze, interessi, colpe e
condizionamenti di sorta. Ma se anche, per assurdo, l'impeccabilità si
verificasse, che cosa si richiede a un potere esecutivo efficiente e efficace?
Si richiede la migliore delle soluzioni da adottare circa i vari problemi. In
altri termini, si richiederebbe la saggezza personificata o almeno la miglior
saggezza possibile. Per la qual cosa non esiste alcuna garanzia. Inoltre se
vige un principio democratico, non sarebbe questo governo che rispetterebbe la
volontà popolare, la quale esprime un indirizzo, un orientamento, giusto o
sbagliato che sia. Alle elezioni è già stata bocciata la precedente politica
governativa e, il partito bocciato è quello che sostiene il governo
"neutrale". Perciò il voluto governo indipendente non sarebbe
democratico: non rispetterebbe la costituzione.
In secondo luogo, entrando nel merito, qual è la materia dei
provvedimenti da prendere? È inevitabile che essa sia politica, dunque non può
essere neutra, meramente amministrativa. Si dice che sono stati presi degli
impegni economici e devono essere onorati, pena danni e sanzioni. Le cose non
stanno affatto così. Anzitutto tali impegni sono stati assunti da una politica
rigettata dall'elettorato. Poi sussiste un potere contrattuale italiano che può
essere esercitato, e deve esserlo, sempre a motivo della nuova volontà di radicale
cambiamento manifestata dagli elettori. L'Italia non è obbligata a ubbidire
alle disposizioni della UE, per esempio riguardo alla regolazione del debito
pubblico. Come Francia e Spagna hanno potuto negoziare, così dobbiamo farlo
noi. E non sarà il governo tecnico a prendere le improrogabili, occorrenti
decisioni. D'altronde nessun membro dell'UE è vincolato all'UE indissolubilmente.
Infine la ragione principe dell'immediato ricorso alle elezioni è
costituita dall'urgente necessità di adempiere i programmi dei partiti che
hanno ottenuto la maggioranza dei voti. In base a tali programmi bisogna
risolvere senza indugio la questione dell'emigrazione clandestina, dei
ricevimenti o respingimenti di immigrati, bisogna riformare le leggi sulle
pensioni, sulla tassazione, sul lavoro dipendente, ecc.: tutto ciò secondo una nuova
politica; ed è di importanza vitale almeno quanto la regolazione dei rapporti
con Bruxelles e Francoforte.
Intanto assistiamo a una campagna di propaganda scatenata dalle tivù e
dalla stampa del vecchio regime, ormai screditato, propaganda di denigrazione dei
partiti vincitori delle elezioni e giustamente contrari a un governo del
presidente, che nasce morto. Poiché devono esistere lobby, associazioni, sette
di vario genere, la loro mobilitazione ha fatto sì che, persino canali
televisivi prima schierati a destra, oggi si uniscano al coro delle accuse di
irresponsabilità e di agire per la rovina dei cittadini, rivolte ai partiti che
hanno denunciato l'errore suddetto, che non si prestano, giova ripeterlo, a
quell'effetto di impostura.
Se, come sembra, la maggioranza parlamentare vorrà sfiduciare il governo
proposto, è interessante vedere quale capo dell'esecutivo e compagine
ministeriale si esporrà al sacrificio, che farà giustizia dello sbaglio
commesso dalla più elevata fallibilità.
Piero Nicola
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