mercoledì 9 maggio 2018

CONSEGUENZA DELL'ERRORE (di Piero Nicola)


  L'errore è quel fatto gravido di conseguenze che può generare l'inganno. In campo sociale, dall'inganno derivano giudizi errati e mali d'ogni genere. Infatti sovente l'errore assume l'aspetto della verità. Quanto all'azione umana che produce l'errore-inganno, cioè l'effetto dell'impostura, è inutile indagarne la qualità, metterla sotto processo. Possono determinarla malafede, passione, pregiudizio, ingenuità, ignoranza. Soltanto Dio ha il potere di certa condanna o di assoluzione.
  Il discorso cade a proposito in merito al proposto e caldeggiato governo imparziale rispetto ai differenti disegni politici dei partiti. Tale governo sarebbe utile o necessario per decidere su questioni economiche urgenti. E qui sta il fallo.
  In primo luogo esiste un governo imparziale? In via di principio, ciò è impossibile. Essendo formato di uomini, e di uomini associati come ministri, essi dovrebbero non avere tendenze, preferenze, interessi, colpe e condizionamenti di sorta. Ma se anche, per assurdo, l'impeccabilità si verificasse, che cosa si richiede a un potere esecutivo efficiente e efficace? Si richiede la migliore delle soluzioni da adottare circa i vari problemi. In altri termini, si richiederebbe la saggezza personificata o almeno la miglior saggezza possibile. Per la qual cosa non esiste alcuna garanzia. Inoltre se vige un principio democratico, non sarebbe questo governo che rispetterebbe la volontà popolare, la quale esprime un indirizzo, un orientamento, giusto o sbagliato che sia. Alle elezioni è già stata bocciata la precedente politica governativa e, il partito bocciato è quello che sostiene il governo "neutrale". Perciò il voluto governo indipendente non sarebbe democratico: non rispetterebbe la costituzione.
  In secondo luogo, entrando nel merito, qual è la materia dei provvedimenti da prendere? È inevitabile che essa sia politica, dunque non può essere neutra, meramente amministrativa. Si dice che sono stati presi degli impegni economici e devono essere onorati, pena danni e sanzioni. Le cose non stanno affatto così. Anzitutto tali impegni sono stati assunti da una politica rigettata dall'elettorato. Poi sussiste un potere contrattuale italiano che può essere esercitato, e deve esserlo, sempre a motivo della nuova volontà di radicale cambiamento manifestata dagli elettori. L'Italia non è obbligata a ubbidire alle disposizioni della UE, per esempio riguardo alla regolazione del debito pubblico. Come Francia e Spagna hanno potuto negoziare, così dobbiamo farlo noi. E non sarà il governo tecnico a prendere le improrogabili, occorrenti decisioni. D'altronde nessun membro dell'UE è vincolato all'UE indissolubilmente.
  Infine la ragione principe dell'immediato ricorso alle elezioni è costituita dall'urgente necessità di adempiere i programmi dei partiti che hanno ottenuto la maggioranza dei voti. In base a tali programmi bisogna risolvere senza indugio la questione dell'emigrazione clandestina, dei ricevimenti o respingimenti di immigrati, bisogna riformare le leggi sulle pensioni, sulla tassazione, sul lavoro dipendente, ecc.: tutto ciò secondo una nuova politica; ed è di importanza vitale almeno quanto la regolazione dei rapporti con Bruxelles e Francoforte.
  Intanto assistiamo a una campagna di propaganda scatenata dalle tivù e dalla stampa del vecchio regime, ormai screditato, propaganda di denigrazione dei partiti vincitori delle elezioni e giustamente contrari a un governo del presidente, che nasce morto. Poiché devono esistere lobby, associazioni, sette di vario genere, la loro mobilitazione ha fatto sì che, persino canali televisivi prima schierati a destra, oggi si uniscano al coro delle accuse di irresponsabilità e di agire per la rovina dei cittadini, rivolte ai partiti che hanno denunciato l'errore suddetto, che non si prestano, giova ripeterlo, a quell'effetto di impostura.
  Se, come sembra, la maggioranza parlamentare vorrà sfiduciare il governo proposto, è interessante vedere quale capo dell'esecutivo e compagine ministeriale si esporrà al sacrificio, che farà giustizia dello sbaglio commesso dalla più elevata fallibilità.

Piero Nicola

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