Due anni: 1957, 2016. Due versioni di una stessa
opera: Testimone d’accusa di Agatha Christie, testimoniano una
trasformazione epocale vertiginosa. La prima versione, in bianco e nero,
interpretata da Marlene Dietrich, Tyrone Power e Charles Laughton, è luminosa e
perfettamente chiara; la seconda, prodotta dalla mitica BBC, è, o dovrebbe
essere a colori, se non vi dominassero le tenebre.
Tenebre che regnano in più di un senso, non solo perché lo
schermo è buio e l’azione si svolge per lo più nella più impenetrabile
oscurità, ma perché l’intera vicenda è immersa in una tenebra morale
assolutamente satanica. Nel 1957 si contrapponevano il bene e il male, nel 2016
rimane solo il male, non vi è più un solo personaggio positivo; il male resta
impunito e trionfa, e si permette pure di fare la morale, incolpando la
“società”, mentre una innocente finisce sulla forca e l’avvocato che si è
disperatamente battuto per l’accusato credendolo innocente, finisce suicida
perché la moglie gli ha detto che non lo ama più.
La vittima del delitto, nel 1957 un’attempata vedova che ha
la disgrazia di innamorarsi di un mascalzone, nel 2016 è diventata una
ninfomane sempre a caccia di giovani uomini, la sua devota serva da simpatica
vecchietta scozzese si è trasformata in una lesbica repressa, mentre abbondano
scene di sesso che più esplicito non si potrebbe. Scomparso lo humour,
che aveva una parte non piccola nel 1957, viene sostituito da uno horror assolutamente
gratuito.
Per conseguire questo brillante risultato di vomitevole
disordine morale, la trama del racconto è stata del tutto sovvertita. La
sceneggiatura nel 1957 scorre in modo logico e coerente, quella del 2016
procede a singhiozzo, con ossessive ripetizioni della medesima scena e delle
medesime battute. La recitazione del 1957 è misurata ed efficace, quella del
2016 è isterica e delirante; ogni dignità di comportamento è scomparsa, la
maestà della legge è messa alla berlina, gli avvocati si agitano come istrioni
da baraccone.
La recente produzione della BBC non è più Testimone
d’accusa, non è neppure più un rifacimento moderno mal fatto, ma tutt’altra
cosa, un prodotto di gran lunga più scadente, penoso, disgustoso: è rimasto il
titolo per attirare gli estimatori dell’originale, e poco altro.
Mentre negli anni Cinquanta si avverte ancora la presenza di
valori, nella versione odierna tutto è disintegrato: disintegrata la famiglia,
devastata la stessa natura umana, perché l’uomo ha fatto un idolo di se stesso,
non ha più nessun punto di riferimento, e gettando via la Fede ha perduto il
suo centro, che è Dio, ed è solo, e gira a vuoto intorno a se stesso,
distruggendo e distruggendosi.
Questo non stupisce affatto: cosa c’è in mezzo tra il 1957 e
il 2016? Un anno diabolico: il mitico Sessantotto, quello della “liberazione” o
meglio dello scatenamento degli istinti e dell’infamia, sulla scia di Cohn
Bendit e di altri consimili pederasti confessi, con la tonaca pretesca (vedi
don Milani) o senza tonaca. Si è così compiuta quella che
Plinio Corrêa de Oliveira chiama la quarta rivoluzione (dopo quelle
protestante, giacobina e comunista), la rivoluzione dove il disonore, da sempre
compagno della rivoluzione, raggiunge il suo apice.
Nessuno può illudersi, naturalmente, che nel 1957 regnasse
il bene e tutto fosse in ordine. Il marcio bolliva sotto la superficie, tre
rivoluzioni avevano già compiuto le loro devastazioni; la cultura della morte,
le trame gnostiche evoluzioniste, ambientaliste, abortiste, eutanasiche,
mondialiste mandavano già i loro fetori, ma almeno regnava ancora una certa
parvenza di ordine.
Nel rifacimento del 2016 ogni traccia di ordine è scomparsa,
e questo caso non è che uno fra i tantissimi. Ogni volta che viene eseguita una
riedizione (remake per gli anglofili) di un classico
cinematografico, il crollo estetico, morale e di tenuta dei nervi salta
immediatamente agli occhi. È lo specchio di una società isterica, sguazzante
nel lupanare e nel vespasiano, che ha smarrito tutto quello che rende la vita
degna di essere vissuta: fede, speranza, carità, onore, valori, civiltà, senso
estetico, equilibrio, raziocinio, sanità mentale. Un mondo pienamente laicista,
relativista, gnostico, putrefatto, in piena decomposizione, di cui i valenti
anglosassoni, come sempre all’avanguardia nel “progresso”, ci indicano la
strada, e mediante l’imposizione di storicismo e relativismo vorrebbero vietare
qualsiasi giudizio morale.
Ma è col massimo disprezzo che vanno respinte le diffuse
farneticazioni storicistiche e relativistiche, le quali tendono a minimizzare
ogni condanna delle degenerazioni contemporanee additandola come effetto di
incapacità dei “vecchi” di apprezzare le mirabilia del mitico “progresso”. No,
la realtà è la realtà, i fatti sono fatti, la degenerazione e l’isterismo del
mondo contemporaneo assatanato sono evidenti a chiunque abbia occhi e un po’ di
ben dell’intelletto, compresi i giovani, almeno quelli non (ancora) instupiditi
dalle deliranti “riforme” scolastiche, dai telefonini, dai vizi e dal frastuono
mediatico mondialista.
Emilio
Biagini
salve
RispondiEliminaun quadro veritiero di ciò che stiamo vivendo: la sinistra, il "68" e la destra liberista son tutte alleate per devastare, ove ci fosse ancora da farlo, tutto ciò che ispira giustizia, pudore, verità, buon senso, educazione, distinzione netta tra male e bene ...
ma non dobbiamo arrenderci
un saluto
Piero e famiglia