mercoledì 17 agosto 2016

LA VIRTÙ CRISTIANA DI TOBIA (di Piero Nicola)

  Eretici e anticristiani vollero addurre il Vecchio Testamento a prova delle loro teorie. Alcuni pretesero che tra Jahvè e Cristo ci fosse incompatibilità, perché la legge mosaica e il loro Autore furono spietati, tanto verso i fedeli inadempienti quanto verso gli adoratori degli idoli, e perché certi virtuosi campioni di Dio, come Giuditta, avrebbero usato l'inganno. Altri adesso trovano che la poligamia dei patriarchi e il ripudio legittimo smentiscono il matrimonio monogamico sacramentale. Donde un pretesto per inficiarne l'indissolubilità, a dispetto della spiegazione data da Gesù Cristo.
  Accanto alla severa giustizia divina, nella Bibbia la divina misericordia è sempre presente, sempre riconosciuta dai convertiti e dai pii, sempre da essi onorata con obbedienza e conformi adempimenti. Le afflizioni, sino alla pena della morte, dovute al Cielo o ai responsabili del Popolo eletto, sono consone al raziocinio e al disegno della redenzione, sebbene quest'ultima fosse quasi impossibile prima del Sacrificio del Messia. Tuttavia alcuni eletti, resisi degni del loro privilegio (a differenza del saggio Salomone, che alla fine tralignò), figurano tra i Santi assunti dal Limbo in Paradiso.
  Fra le diverse storie veterotestamentarie, le opere del re Davide, il suo ravvedimento e la sua penitenza attestano il principio del cristianesimo, e il detto di Cristo che dichiarò di non essere venuto per abolire la Legge e i profeti, ma per darvi compimento. Perfezionare presuppone la continuità, lo spirito in nuce della cosa da compiere.
  Il Libro di Tobia contiene un chiaro esempio del corso di santificazione, precedente all'avvento del Redentore. Nella cattività assira di Ninive, Tobia "non abbandonò la via della verità. Tanto che di tutto quello che poteva avere ne faceva parte ogni dì ai fratelli compagni di sua schiavitù". In premio della sua osservanza religiosa, Dio "gli fece trovar grazia dinanzi al re" e fu libero di beneficare gli ebrei. Essendo provveditore del re, prestò del denaro a Gabelo, uomo della sua stirpe che a Rages viveva in miseria. Sennacherib, succeduto nel regno a suo padre, perseguitò gli israeliti. Tobia, caduto in disgrazia, continuò ad aiutare il suo prossimo finché gli fu possibile. "Andava attorno visitando i suoi parenti e li consolava, e faceva loro parte dei suoi beni secondo le sue forze, Dava da mangiare agli affamati, vestiva gli ignudi, e dava con sollecitudine sepoltura ai morti e agli uccisi". Per questo il malvagio sovrano, "fuggitivo dalla Giudea a causa del flagello con cui Dio lo aveva percosso", "comandò che Tobia fosse ucciso e confiscò tutti i suoi averi". Egli, "spogliato col suo figliolo e con la moglie", stette nascosto sino a che i figli del re non furono parricidi, e lo sventurato riebbe casa e beni.
  Ciononostante Tobia non ha requie, mentre si prodiga nel seppellire i morti resta accecato dallo sterco di una rondine, subisce i maltrattamenti della consorte e degli amici, che lo scherniscono. Sopporta la dura prova con somma pazienza come Giobbe. "Allora Tobia sospirò, e cominciò a fare orazione con lacrime. Disse: Giusto sei tu, o Signore, e sono giusti tutti i giudizi tuoi, e tutte le tue vie sono misericordia, e verità, e giustizia. Ed ora, Signore, ricordati di me, e non far vendetta dei miei peccati [fin da giovanotto, "quando tutti andavano ai vitelli d'oro fatti da Geroboamo re d'Israele", "si recava a Gerusalemme al tempio ad adorarvi il Signore, offrendo puntualmente tutte le sue primizie e le sue decime"] e non ti ricordare dei miei delitti, né di quelli dei miei genitori. Perché non obbedimmo ai tuoi comandamenti, per questo siamo stati depredati, menati schiavi, uccisi, divenuti favola e obbrobrio per tutte le nazioni, tra le quali tu ci hai dispersi [...] Ed ora, Signore, fa di me quel che ti piace, e comanda che sia ricevuto in pace il mio spirito, giacché è meglio per me il morire che il vivere".
  Intanto, a Rages, città dei Medi, Sara, figlia unica di Raguele, subisce l'oltraggio di una serva. Essendosi sposata con sette mariti, "appena accostatisi a lei erano stati uccisi dal demonio chiamato Asmodeo", e la donna l'accusa d'averli fatti morire. La giovane si ritira a digiunare e a pregare.
  "Or avvenne il terzo giorno che avendo terminato la sua orazione, benedicendo il Signore disse:  Benedetto è il tuo nome, o Dio dei padri nostri, che dopo esserti sdegnato fai misericordia, e nel tempo della tribolazione perdoni i peccati di quelli che ti invocano [...] Ti prego, o Signore, che tu mi sciolga dal laccio di questa ignominia, o almeno mi levi dalla terra. Tu sai, o Signore, che io giammai ho desiderato alcun uomo, e ho serbata pura l'anima mia da ogni concupiscenza. Non mi sono mai addomesticata con quelli che amano gli scherzi, né sono stata amica di quelli che trattano con leggerezza. E acconsentii a prendere marito nel tuo timore, non per effetto di passione. E, o fui indegna di loro, o forse quelli non erano degni di me, perché tu ad altro marito forse mi ha riservata. Perché nulla può l'uomo contro i tuoi consigli. Ma è tenuto per certo da chiunque ti onora, che se la sua vita sarà messa alla prova, egli sarà coronato; e se sarà in tribolazione, sarà liberato; e se sarà sotto la verga, potrà pervenire alla tua misericordia. Perché tu della nostra perdizione non hai diletto, e dopo la tempesta fai la bonaccia, e dopo le lacrime e i sospiri infondi il giubilo. Sia il tuo nome, o Dio d'Israele, benedetto nei secoli.
  "Nello stesso tempo furono esaudite le orazioni dell'uno e dell'altra nel cospetto della Maestà del sommo Iddio".
  Si rileva giustamente che, allora, il benefici del Signore consistevano nel procurare una buona condizione temporale.  Ma sembra pur vero che agli agi materiali dovessero accompagnarsi i beni spirituali, mezzo per non ricadere nel peccato e nella condanna, e che i devoti innocenti accettavano di pagare per gli empi, essendo già ricompensati dalla propria fede, e che accettando la morte in quei frangenti dovevano essere sinceri, né perdevano la speranza. Tutto ciò appartiene al cristianesimo, nondimeno a quello dei mistici.
  Credendo d'essere vicino a morire, Tobia impartisce pii insegnamenti al figlio, che ha il suo stesso nome, raccomanda le cure per la madre destinata a rimanere vedova, la quale ebbe a soffrire per lui. "Guardati di non acconsentire mai al peccato e di non trasgredire i precetti del Signore". "Di quello che hai fa elemosina, e non volger le spalle a nessun povero, di modo che la faccia del Signore non si distoglierà da te". "Usa misericordia secondo la tua possibilità. Se avrai molto, dà abbondantemente, se avrai poco, procura di dare volentieri anche quel poco. Perché ti accumulerai una grande ricompensa per il giorno del bisogno. L'elemosina libera dal peccato e dalla morte, e non permetterà che l'anima cada nelle tenebre". "Guardati, figlio mio, da qualunque impurità e, presa moglie, non voler sapere che cosa sia il male". "Non permettere che regni giammai nei tuoi sentimenti, o nelle tue parole, la superbia; perché da lei prende origine ogni sorta di perdizione". "Quello che tu non vuoi che sia fatto a te, guardati dal farlo giammai agli altri. Mangia il tuo pane in compagnia dei meschini e degli affamati, e delle tue vesti copri gli ignudi". "Benedici Dio in ogni tempo, e pregalo che regga i tuoi andamenti, e in lui si fondino tutti i tuoi disegni".
  Poi gli dice di andare da Gabelo e di riscuotere il prestito, rendendogli il chirografo.
  L'Angelo Raffaele si presenta a Tobiolo sotto spoglie umane e si offre di accompagnarlo nel viaggio. Il padre gli affida il figlio, di cui la madre piange l'assenza, tuttavia confortata dalla fiducia del marito.
  Durante una sosta nel trasferimento, al fiume Tigri avviene il fatto straordinario del pesce enorme che minaccia il giovane. Su istruzioni dell'Angelo, egli lo cattura, lo sventra e ne ricava i prodigiosi medicamenti del cuore, del fegato e del fiele, sia per scacciare i demoni, sia per guarire gli occhi. Quindi il misterioso compagno gli propone di alloggiare presso Raguele, uomo della sua tribù, suo parente e padre di Sara. Lo persuade a chiederla in moglie. Tobia ha sentito che ella ha avuto sette mariti, subito uccisi dal Demonio, e teme di venire a mancare ai suoi genitori facendo la stessa fine. Ma Raffaele gli mostra chi siano quelli che cadono sotto il potere del Demonio. Costoro si sposano scacciando Dio da sé: "soddisfano la loro libidine come il cavallo e il mulo, che non hanno intelletto". "Ma tu, quando l'avrai sposata, entrando nella camera per tre dì ti asterrai da lei, e non altro farai se non di star con essa in orazione. E quella stessa notte, bruciato il fegato del pesce sarà messo in fuga il Demonio. E la seconda notte sarai ammesso all'unione coi santi Patriarchi. E la terza notte otterrai la benedizione, affinché nascano da voi figli in buona salute. Passata la terza notte, prenderai la vergine nel timor di Dio, mosso più da desiderio di prole che da libidine, al fine di ottenere la benedizione riservata alla stirpe di Abramo".
   Ecco completata la morale per la salvezza: disposizione all'acquisto della fede salvifica, propria dei giusti dell'Antico Testamento.
  Tanta spiritualità necessaria mostra come anche oggi gli uomini da essa alieni e privi dei mezzi della Grazia (Sacramenti) procurati dal Redentore, siano uomini diretti all'eterno castigo.
  L'Angelo rassicura Raguele, che acconsente alla richiesta di matrimonio avanzata dal cugino Tobia. Si celebrano le nozze e saranno consumate secondo le indicazioni dell'Inviato di Dio, che "prese il Demonio e lo confinò nel deserto dell'Egitto superiore". "Ora tu sai, o Signore," prega lo sposo, "com'io prendo questa mia sorella per moglie non per principio di passione, ma per solo amore della prole, in cui si benedica il nome tuo per tutti i secoli".  
 Tutto procederà nel migliore dei modi. Raffaele, conosciuto come Azaria di nobile stirpe, si reca a ricevere il denaro da Gabelo, e lo conduce invitato ai festeggiamenti dello sposalizio. "Ma lo stesso convito nuziale era celebrato nel timore del Signore". Tobia torna dai suoi genitori con gli armenti, la servitù e il denaro della dote. Avendo insieme alla sua guida di puro spirito preceduto la carovana, subito dopo le commosse accoglienze dei suoi, unge gli occhi del padre col fiele del pesce e il vecchio ricupera la vista.
  Riunita la famiglia, i due Tobia vorrebbero ricompensare il provvidenziale accompagnatore con la metà di quello che avevano portato. Allora l'Angelo insegna loro a compiere la resa di grazie a Dio manifestamente, ricorda che "l'elemosina libera dalla morte, e purga i peccati, e fa trovare la misericordia e la vita eterna"; poi aggiunge, rivolto al padre: "Quando tu facevi orazione con lacrime, e seppellivi i morti, e lasciavi il tuo pranzo, e nascondevi di giorno i morti in casa tua, e di nottetempo li seppellivi, io presentai al Signore la tua orazione. E perché eri caro a Dio, fu necessario che la tentazione ti provasse. E adesso il Signore mi ha mandato a guarirti, e a liberare dal Demonio Sara moglie di tuo figlio". A questo punto si rivela essere l'Angelo Raffaele, "uno dei sette che stiamo dinanzi al signore". "Udite tali cose, profondamente turbati caddero tremanti bocconi per terra. E l'Angelo disse loro: La pace è con voi, non temete". Quindi scompare; "e non poterono più vederlo. Allora prostrati per tre ore a terra, benedissero Dio, e alzati che furono, raccontarono tutte queste sue meraviglie".


Piero Nicola

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