La classe dirigente del partito
democristiano, molto prima di naufragare nelle acque grigie (fumo di Londra)
del progressismo secondo Matteo Renzi,
aveva tentato di nascondere, nell'ombra di una rivoluzione felpata,
l'intenzione di modernizzare e quasi sovietizzare la dottrina sociale della
Chiesa.
L'avveniristico progetto fu concepito e
promosso dagli esponenti dal circolo dei piissimi e devoti sinistrorsi radunati
dal professor Giuseppe Dossetti. Dal cardinale Alfredo Ottaviani furono
definiti “pesci rossi d'acqua
santiera”.
Consapevole dell'involuzione in atto nel
partito democristiana, Pio XII, alla vigilia delle elezioni del 18 aprile 1948, aveva affidato a Luigi
Gedda il compito di suggerire agli italiani
il voto per la Dc quale scelta del male minore. Scelta dichiarata
dai manifesti dei Comitati Civici.
La minacciosa, temibile presenza del blocco
social-comunista aveva nascosto, in una plumbea ma rassicurante nuvola,
l'errore progressista, incubato dalla modernizzante Dc.
Il 18 aprile del 1948, tuttavia, la Dc ottenne, dalla paura del
comunismo, una schiacciante maggioranza: il
48,5% dei voti e 350 deputati contro il 30% dei voti (183 deputati)
ottenuti dal Fronte Popolare.
Pio XII confermò tuttavia la sua diffidenza
nei confronti degli esponenti democristiani rifiutando (più volte) di ricevere
Alcide De Gasperi, che richiedeva insistentemente un'udienza.
Quasi volesse confermare i sospetti di Pio
XII, De Gasperi dilapidò e inquinò il consenso ottenuto il 18 aprile,
preferendo l'alleanza centrista (con i rappresentanti dell'anticlericalismo:
liberali, socialdemocratici e repubblicani) a quella con le destre (che
contavano una quarantina di deputati meglio orientati).
Una scelta insensata, quella “centrista”, che
svelò l'inettitudine democristiana a respingere l'attacco forsennato e perverso
sferrato dagli alleati divorzisti e abortisti.
Finalmente la presenza degli alleati laici
della Dc sul palco del comunista Enrico Berlinguer, festante vincitore del
referendum sul divorzio, è l'emblema dell'inganno, che ha causato le disastrose
scelte centriste di De Gasperi e dei suoi successori.
Dopo la disgregazione della Democrazia
cristiana e l'infausto rovesciamento delle sedicenti avanguardie cattoliche nel
partito dei progressisti, le scelte dei fedeli precipitati e confluiti
nel vuoto della teologia progressista, manifestano l'assenza di un programma
seriamente inteso (e qualificato) a sollecitare il voto degli italiani fedeli
alla loro millenaria tradizione.
Nella prima fase della decadenza del
cattolicesimo politico, la Dc è stata estenuata e vanificata dalla scelta di attuare una politica
discordante dal magistero ortodosso di Pio XII.
Dopo il Concilio Vaticano II la politica democristiana
è stata investita dallo strisciante influsso del pensiero moderno, letto sotto
la conciliante e gregaria luce delle opere di Jacques Maritain e di Pierre de Chardin.
L'inascoltato Cornelio Fabro, nel saggio Introduzione
all'ateismo moderno, aveva dimostrato l'impossibilità di un accordo del
pensiero cattolico con il pensiero moderno, in cui si attua il rovesciamento
della ragione nell'irrealtà: “Il principio fondamentale del pensiero moderno
fa scaturire dall'uomo e non dall'essere stesso il fondamento della verità e
del valore … questo fatto attesta l'ambiguità del principio d'immanenza e
quindi la polivalenza antitetica dei suoi sviluppi e delle sue conclusioni - di
razionalismo, empirismo, idealismo, materialismo, positivismo e neopositivismo,
pessimismo, titanismo, pragmatismo, esistenzialismo”
Al seguito della filosofia di Maritain, la Dc,
ha ceduto alla tentazione del suicidio intellettuale e politico. Inutilmente
padre Fabro ha annunciato la catastrofe, inscritta a caratteri cubitali, nell'avventuroso
aperturismo democristiano, l'ostinazione aperturista si è rivelata invincibile.
La desolata scena della politica italiana è
completata e purtroppo perfezionata dalla confusione babelica delle
culture sedicenti tradizionali e dalla discordia regnante sugli studiosi attivi
nella confusa e litigiosa area destra.
Nell'area degli oppositori alle riforme contro
natura, purtroppo si agitano, in strutturale confusione, tradizionalisti
cattolici e tradizionalisti neopagani, tomisti ed evoliani, risorgimentali e
antirisorgimentali, sabaudi e borbonici, nazionalisti e asburgici, europeisti e
anti europeisti, liberisti e socializzatori.
L'uscita dal regno rovente della confusione ideologica
e la guarigione dalla fragilità destra saranno ottenuti (si spera
presto) dall'atteso restauratore della politica conforme al diritto naturale,
cioè da un autentico seguace dalla filosofia di San Tommaso d'Aquino, che è
stata interpretata fedelmente e proposta dal compianto padre stimmatino
Cornelio Fabro, quale uscita di sicurezza dalla confusione generata pensiero
rivoluzionario.
Il dialogo maritainiano e dossertiano con il
pensiero moderno è finalmente escluso dall'esito della corsa illuminista in
direzione delle sedi umide vespasiani
metafisici nei quali è celebrato il rito del laicismo, che mostra infine
la sua strutturale e polimorfa oscenità.
Piero Vassallo
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