sabato 4 giugno 2016

Italia mia benché: Critica dei pensieri disunitari

 Ammessa la prosperità e la felicità dell'Italia pre unitaria, venerato e incensato l'antico frazionamento del nostro territorio, lodata l'occupazione straniera, riconosciute le inespiabili colpe del  risorgimento, ridimensionate le ragioni della Grande Guerra, disprezzato l'eroismo dei seicentomila caduti, squalificato il patriottismo, maledetti i fascisti (in obbedienza al giudizio anglofilo di un noto tradizionalista brasiliano), censurato e squalificato  Pio XI firmatario del Concordato con l'Italia unita, concesso infine che la disunità degli animi sia un bene prezioso, oggi attingibile e godibile, si pone una domanda forse intrepida e irriguardosa: è ragionevole sognare il viaggio nel passato? Ha senso far correre la cultura tradizionalista in direzione opposta alla storia? E' seriamente desiderabile un'Italia disunita e felice di soggiacere (in sogno) alle defunte natiche dell'imperatore austriaco?
 E di seguito: è ragionevole progettare, nel corso di oniriche sedute, la restaurazione dell'Italia disegnata dall'ostile, imparruccato e puntiglioso Congresso di Vienna? E' realistica, dignitosa e attuale la storiografia d'impronta pseudo tradizionalista, che contempla e ammira un'italianità austriacante? E' sensato, infine, tollerare e sopportare – in un'ottica supinamente anti nazionale - l'attuale soggiacenza del governo italiano ai voleri dell'Europa colonizzata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel?
 Lo storico ha la facoltà di esaminare criticamente gli autori dell'unità nazionale e di diminuire il giudizio eroico sulle loro imprese – la facoltà, ad esempio, di catalogare le  facilitazioni godute dai garibaldini in Sicilia -  non il diritto di desiderare e sognare il surreale capovolgimento e/o la calunnia globale delle conquiste ottenute dai combattenti italiani.
 Lo storico non ha il diritto di alterare la verità per ridurre il Risorgimento italiano all'ideologia massonica, professata da Giuseppe Garibaldi.  Tanto meno ha il diritto di indirizzare la storiografia a quel disprezzo imperiale dell'amor di patria, che animava gli autori (in maggioranza cortigiani iniziati ai misteri massonici) dell'unità nazionale.
 Del resto gli storici sconfessano le roventi opinioni dei pensatori disunita rii. E' significativo il fatto che, nella rivista Storia contemporanea, si rammenta che un illustre studioso americano, William Hunt, “delineava il declino della Penisola come dovuto all'invasione francese e alla conquista spagnola che seguirono il Rinascimento e distrussero la libertà italiana per tre secoli. … tre secoli di governo straniero avevano indebolito il carattere del popolo italiano”.
 Il potere esercitato dall'imperatore d'Austria a danno del carattere degli italiani, peraltro, ha aspetti sconcertanti e vergognosi.
 Lo storico William Roscoe Thayer scriveva al proposito: “il sovraintendente dello Spielberg poteva ricevere da Sua Maestà Imperiale messaggi di questo tipo: diminuite la razione di fagioli del prigioniero numero dieci oppure il numero Sette ha diritto di avere caffè una volta al mese”.
 Ha senso opporre la spregevole e meschina figura dell'imperatore austriaco ai patrioti italiani? E' possibile non riconoscere la miseria della politica imperiale e l'assurdità delle opinioni nutrite dagli italiani austriacanti? E' seriamente pensabile una cultura di destra fondata sull'ammirazione dei tradizionali nemici dell'Italia? Infatti la destra anti nazionale, che sta in ginocchioni al cospetto del defunto impero asburgico è ridicola e surreale prima che indecente.
 La stima dell'impero che opprimeva gli italiani riduce la cultura della destra anti moderna all'astratto e ridicolo gioco di società di nicchia contro cui era insorto un geniale interprete della genuina tradizione italiana, quale fu Francisco Elias de Tejada y Spinola.

 Dalla paura del ridicolo dovrebbe avere origine la coscienza dell'obbligo di ricondurre la cultura   della destra alla intenzione di esaminare, capire e rinnovare le ragioni dell'unità d'Italia. Una tale scelta farebbe destare i prigionieri dell'incapacitante sogno passatista e, quel che più conta, darebbe vita a una critica italiana della soffocante e per noi italiani penalizzante egemonia tedesca sulla politica europea. Infine farebbe vedere la somiglianza analogica del soffocante potere esercitato dalla cancelliera di Berlino con l'oppressione esercitata dall'imperatore di Vienna.

Piero Vassallo

Nessun commento:

Posta un commento