lunedì 5 dicembre 2016

TOTALITARISMO O MORTE (di Piero Nicola)

Valutiamo la condizione civile della nostra nazione. È forse degna e accettabile? La domanda è retorica. Ma vale la pena di ricordare ancora una volta i principali mali mortiferi di questa società: classe politica e dirigente disonesta o inetta, divorzio, aborto, diritto di famiglia pervertito, procreazione artificiale, pornografia, aperture legali all'eutanasia, matrimonio omosessuale e teoria del gender ammessa nell'insegnamento, aperture legali all'immigrazione senza prospettiva di assimilazione, droga e mafia tollerate, diffuso gioco d'azzardo di stato, cessione di importanti branche della sovranità nazionale a organismi internazionali che impongono leggi e direttive empie e di perversione, soggezione a poteri finanziari mondialisti che deprimono altresì l'economia e generano milioni di poveri, trasferimento di industrie all'estero, imperante cultura nichilista, internazionalista, fautrice della convivenza multietnica, antipatriottica, negatrice dei valori militari e della guerra giusta.
  Indubbiamente si è giunti a tanta desolazione e abiezione venendo da migliori condizioni. Se mai tutto ciò non sia dipeso per intero dal sistema democratico, è innegabile che esso lo abbia permesso con la sua intrinseca debolezza, con il suo laicismo, con la sua divisione partitica e faziosa, con i suoi principi di sovranità popolare, di eguaglianza e di libertà inique, con la propria demagogia corruttrice, basata sul materialismo, sull'edonismo e sulla concessione di diritti abusivi.
  L'esperienza storica dimostra che le democrazie sono sempre state regno di oligarchie, mutevoli ma aventi in comune il dominio di pescecani e di politici corruttori, almeno circa l'ideologia professata e praticata (liberalismo, socialismo), circa la tolleranza di movimenti sovvertitori del bene comune, e circa la disponibilità al compromesso inaccettabile, nonché inevitabile perché imposto dai poteri forti interni ed esteri.
  Pendiamo ad esempio gli USA. Dalla loro nascita in avanti essi sono stati il campo su cui hanno imperversato l'impostura dell'utopica felicità e preminenza raggiungibile da chiunque con i mezzi individuali favoriti dalla costituzione, l'impostura del libero potere popolare, l'impostura di un presidente e di un governo che invocano e onorano un dio inesistente perché comune a religioni fra loro incompatibili e false, la grande corruzione politica, il banditismo su vasti territori e poi il gangsterismo, un liberalismo che fece, e fa, milioni di indigenti e di diseredati. Di lì, si diffuse un imperialismo immorale e machiavellico.
  Se mai qualche democrazia abbia dato l'impressione di essere onesta essa è sempre ricaduta sotto l'influenza della generale disonestà.
  E allora come se ne esce? Che cosa c'entra il totalitarismo? Se prendiamo un qualsiasi dizionario ne abbiamo la definizione. "Dottrina politica che ammette un solo partito informatore e guida dell'azione statale o sostiene che il potere governativo debba disciplinare direttamente tutti i rapporti sociali, in particolare quelli economici" (Dizionario Zingarelli, 1970), "Sistema, regime politico in cui il potere viene concentrato nelle mai di un gruppo dominante, che assume il controllo di tutti gli aspetti della vita dello stato imponendo la propria esclusiva ideologia; anche dottrina, teoria politica fautrice di un sistema di questo tipo" (Dizionario Garzanti, 1987).
  Escludendo tale soluzione autoritaria non sembra esistere altra costituzione di Stato etico né una via di mezzo. Ogni regime contiene diversità di vedute e di giudizi, e può lasciare spazio a una sufficiente libertà sociale e individuale. Il totalitarismo può essere mitigato da un corporativismo consultivo e di relative autonomie amministrative. Ma qualsiasi attribuzione dell'elezione al popolo, qualsiasi ordinamento dei partiti rivali e dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario in conflitto, dei sindacati autonomi e delle controversie di lavoro affidate allo sciopero o alla serrata anziché al giudizio di un magistratura, tutto ciò fa ricadere nel disordine, nella corruzione, nella decadenza.
  Va da sé il pericolo del totalitarismo. Esso sarà buono o cattivo. Ma non correre il rischio equivale ad accettare lo status quo.
  Naturalmente il discorso è teorico. Spesso non si pone la scelta. Oppure gli eventi la propongono con un'elezione popolare. Nella storia si ebbero regni più o meno assoluti con esito positivo o negativo. In ogni caso un certo consenso della gente, una certa unanimità è sempre stata indispensabile alla loro sopravvivenza. Ciò che non è valido decade di per sé. Ed è quanto sta avvenendo delle attuali democrazie. Il cosiddetto populismo che avanza rappresenta il loro discredito, il loro sfacelo. Che cosa ne sortirà è imprevedibile, dipende dagli uomini, dai capi dei movimenti. Sta di fatto che per uscire dalla palude occorrerà un regime che si renda indipendente dal sistema democratico ora universalmente convenuto, un regime efficiente che rispetti la realtà della nazione, della sua cultura, della tradizione storicamente distillata, vicina al rispetto della legge naturale e della Chiesa, tradizione sempre valida e necessaria ad ogni ripresa.
  Infine, non è detto che il totalitarismo proficuo sia del tutto come Dio lo vorrebbe, non è detto che sia esente dai germi della dissoluzione, tuttavia otterrà una certa ripresa e l'arresto della perversione in atto.
  Qualcuno obietterà che oggi in Russia la conduzione di Putin si svolge vigenti certe regole democratiche. Di fatto egli governa discretamente grazie al grande consenso di cui gode e non in virtù di quei liberi istituti. Nulla vieta che sussista una forma posta in non cale dalla prassi. Tanto è vero che i custodi delle libertà occidentali contestano allo "Zar" la violazione di diritti umani. Maggiori violazioni si possono imputare alla Cina totalitaria, sebbene le Potenze interessate non le muovano accuse per ragioni di convenienza, ovvero di realpolitik.


Piero Nicola

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