Torno su una requisitoria già svolta
assai, ma occorre controbattere la propaganda pervicace e insidiosa.
Difendere risolutamente una tesi politica
contro l'opposizione politica, trovandosi al vertice del potere, è sempre stata
ritenuta un'azione dittatoriale. Da noi, le massime cariche dello stato
democratico sono costituite al di sopra delle parti. La regola sussiste sebbene
sia stata trasgredita, sebbene nella patria della democrazia il Presidente USA
abbia ampia facoltà di fare politica, con poteri governativi e di propaganda.
Ma
l'arbitrio di cui sopra sarebbe il meno, se consistesse, poniamo, in una
manovra per far cadere un capo del governo. L'insistente opera di persuasione proveniente
dal vertice, accusato da Salvini (stando alle informazioni della stampa) di
pratica complicità con gli scafisti negrieri, non si fida più dei suoi fallaci
argomenti multietnici, che stentano a fare presa sulla gente preoccupata
dall'invasione extraeuropea; perciò batte e ribatte sul sacrosanto, ineccepibile
principio secondo il quale chi è in pericolo di morte, deve essere soccorso e salvato.
Con questo, anziché aver detto l'ultima parola che tappa la bocca al
contraddittore, viene carpita la buona fede del cittadino, si inganna la sua
coscienza, operando un'omissione clamorosa circa il caso concreto. Se l'evento
funesto - che nonostante ogni sollecitudine provoca morti e disgrazie - è
evitabile e il soccorritore può prevenirlo, anche su di lui ricade la colpa, a
lui spetta la responsabilità sacrosanta di adoprarsi affinché la disgrazia non possa
avvenire.
È notorio come si svolga il soccorso in mare degli stranieri imbarcati
su natanti non solo inadatti a raggiungere l'approdo, ma positivamente
destinati a un imminente naufragio. La flotta nazionale e le organizzazioni non
statali, pronte a intervenire, non impediscono che molti emigranti periscano,
anche in condizioni atmosferiche normali. Inoltre molti trasportati nella
tratta operata dagli scafisti (tratta innegabile, i capibarca essendo
considerati fuorilegge e perseguiti dai tutori della legge) subiscono
coercizioni e violenze anche mortali. Si pensi nondimeno ai tanti bambini
mandati allo sbaraglio senza alcun loro genitore o parente. Pertanto la nazione
che si incarica di trarre in salvo i prossimi all'annegamento ha la
responsabilità di evitare le morti e le violenze subite nella suddetta
circostanza. Forse che a tale nazione mancano i mezzi per farlo? No di sicuro.
Dei criminali portano esseri umani in condizioni di perdita della vita,
addossando il loro scampo a uno Stato straniero, il quale non potrà mettere
tutti al sicuro. Le democrazie invocarono simili crimini per intraprendere
azioni di guerra contro i criminali La morale senza bisogno di etichetta prescrive
tale sollecito provvedimento, che dovrebbe assumere lo Stato cui spetta di
sconfiggere la tratta. E per farla cessare, per far cessare gli affondamenti e
i decessi di ogni genere, basta riportare sistematicamente i naufraghi nel
luogo da cui sono partiti. L'unico motivo valido per non farlo sarebbe quello
di sottrarli alle mani dei loro aguzzini, che però devono essere debellati da
chi di dovere. Il motivo dell'accoglienza di disperati costretti alla fuga non
regge. È dimostrato dai segni delle violenze loro usate in terra libica che si
tratta d'un commercio di tipo schiavistico, in cui sono coinvolti anche
individui privi di diritto d'asilo. Se ne hanno le prove e le riprove.
L'indispensabile cernita di chi ha diritto d'asilo esclude il ricevimento di
una massa eterogenea. Forse che, prima di prendere il mare, si trovano in uno
Stato che perseguita i rifugiati, che intende affamarli e li costringe alla
fuga? Lo Stato libico è sovrano,
riconosciuto dall'Italia, dalla UE, dall'ONU, e non viene accusato di siffatte
persecuzioni.
Ora, la Libia non provvede in nessun modo. Se il governo libico, che ha
la giurisdizione sulle genti venute nel suo territorio, si giustifica con la
propria impotenza, deve chiedere aiuto all'Italia e accettare l'intervento italiano,
in mancanza del quale si diventa corresponsabili del delitto, proprio come
sostiene Salvini.
Non basta. La extraterritorialità delle acque internazionali non
giustifica i comportamenti illeciti, tanto più quando interferiscono con
l'azione di soccorso operata dallo Stato che raccoglie i naufraghi. Quelle navi
di organizzazioni sedicenti umanitarie che vanno a prendere i naufraghi,
partecipano della responsabilità della tratta e dei suoi esisti nefasti, che
esse siano autorizzate o no dal governo italiano, e a prescindere dagli
interessi che possano avere nella faccenda. Esse non hanno alcuna facoltà di
giudicare i diritti di esuli goduto dagli emigranti, né di stabilire dove essi
debbano essere sbarcati. Tuttavia la colpa maggiore ricade su Roma, che contribuisce
al traffico infame. Andando in acque internazionali a prendere i prossimi
immigrati e permettendo ad altri di fare lo stesso, Roma permette la
prosecuzione del fenomeno esiziale, che cesserebbe con una semplice
dichiarazione di non volervi consentire. L'Australia ha agito così verso gli
stranieri provenienti dall'Asia navigando su boat people di fortuna.
Dal sito Internet di BBC News apprendiamo che:
I due principali partiti politici dell'Australia, la coalizione
Liberal-Nazionale e l'opposizione del Lavoro, sostengono forti politiche di
asilo.
Dicono che il viaggio che i richiedenti asilo fanno è pericoloso e
controllato da bande criminali e hanno il dovere di fermarlo.
Il governo di coalizione ha reso ancora più rigida la politica australiana
in materia di asilo quando ha preso il potere nel 2013, introducendo l' operazione Sovereign Borders , che mette i militari
nel controllo delle operazioni di asilo.
Sotto questa politica, le navi militari pattugliano le acque australiane e
intercettano le imbarcazioni migranti, rimorchiandole indietro in Indonesia o rimandando
i richiedenti asilo in gommoni o imbarcazioni di salvataggio.
Il governo afferma che le sue politiche hanno ripristinato l'integrità dei
suoi confini e hanno contribuito a prevenire la morte in mare.
Tuttavia, i critici dicono che l'opposizione all'asilo è spesso motivata
dalla razza e danneggia la reputazione australiana.
Quando i richiedenti asilo raggiungono l'Australia in barca, non vengono
tenuti in Australia mentre i loro reclami vengono trattati.
Invece, vengono inviati ad un centro di elaborazione
offshore. Attualmente l'Australia ha uno di questi centri nella nazione
dell'isola del Nauru e un'altra sull'isola di Manus in Papua Nuova Guinea.
Anche se questi richiedenti asilo si trovano come rifugiati, non è permesso
di stabilirsi in Australia. Essi possono essere sistemati in Nauru o Papua
Nuova Guinea, e quattro sono stati stabiliti in Cambogia ad un costo riferito
di A $ 55m (£ 28m, $ 42m).
I gruppi dei diritti dicono che le condizioni nei campi PNG e Nauru sono
assolutamente inadeguate, citando una scarsa igiene, condizioni dure, calore
eccessivo e mancanza di strutture.
La Corte Suprema della Papua Nuova Guinea ha stabilito in aprile che la
limitazione del movimento dei richiedenti asilo che non hanno commesso alcun
reato è incostituzionale.
Il primo ministro del paese ha poi chiesto all'Australia di chiudere il
centro.
Ma l'Australia non è disposta ad accettare i 850 uomini che si trovano al
centro e non è chiaro dove dovranno stare.
La probabile chiusura dell'isola di Manus significa che i richiedenti asilo
potrebbero essere trasferiti a Nauru, il che dice che ha spazio aggiuntivo.
Oppure potrebbero essere portati nel territorio australiano dell'isola di
Natale, dove c'è un centro di detenzione esistente.
Tuttavia, difficilmente cambia la linea dura dell'Australia
sull'immigrazione.
In
questo affare mediterraneo gli interessi politici e di potenti singoli o di potenti
gruppi di varia specie sono evidenti. I nostri capi subiscono costrizioni e
minacce? Almeno conservino una parvenza di dignità e stiano zitti nel loro
malgoverno, si astengano dalle imposture che corrompono il popolo abituandolo
alla falsità, a coprire la più deleteria immoralità con una foglia di fico.
Piero Nicola
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