martedì 10 febbraio 2015

RENZI E LA BOSCHI INVARIABILI PIMPANTI? (di Piero Nicola)

Che Renzino abbia il pelo sullo stomaco ormai ne siamo persuasi. Egli si comporta quasi come il Duce quando diceva: “Noi tireremo diritto!” - senza che con questo accostamento io voglia mancare di rispetto a nessuno. La sua spregiudicatezza è volata nel sereno, in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica, lasciando il povero Berlusca con le pive nel sacco. Della razza fiorentina, egli possiede di certo l’anima acciaiosa e affilata che lo sostiene.
  La sua giovane pupilla dalle fattezze di bambola vivente e dal riso tanto inossidabile quanto sfoderato ad ogni piè sospinto, così che mi vien fatto di definirla affettuosamente ministra ridens, ha bene assimilato la lezione della realpolitik. Allorché si tratta di menar fendenti all’avversario, ci va diretta e non guarda per il sottile.
  Però non vorrei che entrambi abbiano preso troppa confidenza con la disinvoltura. È un vezzo rischioso.
  Circola una notizia di stampa. Nelle borse di Milano e di Londra, c’è stata una enorme speculazione al rialzo sui titoli delle Banche Popolari italiane. E questa iniziativa è cominciata prima che il governo Renzi annunciasse il progetto di trasformare tali Istituti in società per azioni.
  Se ne deduce che alcuni erano stati informati in anticipo sul disegno che l’esecutivo italiano aveva in animo di attuare.
  La Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio ha visto un suo rialzo in Borsa del 66%, grazie alla suddetta speculazione. Il vicepresidente di questo Istituto di credito si chiama Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme e Direttore generale della Fondazione Open.
  Il signor Davide Serra, amico di Matteo Renzi, è proprietario del fondo Algebris, che opera nella City di Londra, nel campo azionario.
  Che c’è da eccepire?
  Ma si viene a sapere che la Consob indaga su “presunte speculazioni di mercato” che “a Londra avrebbero anticipato il balzo delle popolari in Borsa, successivo alla riforma degli asset societari varata dall’esecutivo italiano”.
  La riforma consiste nell’abolire nelle Banche Popolari il criterio di “una testa un voto”, per cui i soci sono uguali indipendentemente dalle azioni che possiedono.
  Il Fatto quotidiano scrive che sarebbero dolori per la compagine Renzi, se tra i vari investitori internazionali sul mercato inglese, che hanno compiuto speculazioni sulle azioni delle Banche Popolari italiane, venisse individuato il fondo Algebris di Davide Serra, “amico, foraggiatore nonché guru finanziario del premier”.
 D’altra parte, Il Corriere della Sera dice: “Sulla base di convergenti fonti di mercato, alcuni soggetti con base a Londra avrebbero creato posizioni anche rilevanti in azioni delle Banche Popolari nei giorni e nelle ore precedenti le prime circostanziate indiscrezioni sul decreto di riforma che abolisce il voto capitario nelle Popolari […] Considerando l’effetto dirompente che la notizia ha avuto sul mercato a partire dal lunedì 19 gennaio, con rialzi a due cifre di tutte le banche coinvolte, è evidente quanto siano stati abili gli ‘accumulatori’ di pacchetti”.
  Gli osservatori rilevano che per ottenere simili aumenti occorre innescare una speculazione illecita, del resto sospettata dalla Consob. Da ciò si evince che la manovra è stata possibile potendo conoscere in anticipo le intenzioni governative, ossia potendo usufruire d’una fuga di notizie dalla cerchia dei ministri.
  Sospetti da dimostrare?
  Chissà se gli avversari di Renzi si lasceranno scappare l’occasione per porre domande imbarazzanti a lui, e capaci di spegnere le sorridenti belle fattezze della sua ministra? Chissà che piega prenderanno gli sviluppi della faccenda? E sarebbe interessante sapere che cosa circola nella mente di Berlusconi che, un dì non molto lontano, fu un non tanto segreto ammiratore di ambedue.


Piero Nicola

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