venerdì 8 maggio 2015

LA QUESTIONE ‘MIGRANTI’ (di Lino Di Stefano)

La solidarietà – verso questa umanità sfortunata - bisogna esprimerla, l’aiuto occorre dimostrarlo con i fatti, la comprensione la si deve manifestare con sincerità. Ciò premesso, è giocoforza, doverosamente, aggiungere, che anche i trasferimenti in massa, per non dire invasioni, nella fattispecie da un continente ad un altro, necessitano di una composizione definitiva.
   Laddove non è meno giusto precisare che l’Africa – e si tratta di dati ufficiali – conta la bellezza di 1 miliardo e 111 milioni di abitanti: cifre spaventose con tutta la comprensione che si può e si deve nutrire nei riguardi di tali popoli in cerca di fortuna. Ora, con la quasi totale indifferenza dell’Europa e del mondo, l’Italia, da sola, sta profondendo uno sforzo immane visto che essa è alle prese con un fenomeno di carattere eccezionale per non dire biblico.
   E questo, con conseguenze inimmaginabili se la cosiddetta comunità internazionale, segnatamente occidentale, non troverà, in tempi brevi, una soluzione, la più equa possibile, poiché non è tollerabile che interi Paesi dell’Africa, e non solo di questo continente, si svuotino della loro forza-lavoro producendo – ivi  e nelle nazioni di trasferimento - alterazioni etniche, culturali, ambientali ed economiche di tale immane portata.
   L’altro pericolosissimo corollario consiste nell’intasamento e nello scombussolamento di equilibri di nazioni di diverse tradizioni e di differenti estrazioni culturali da quelle in marcia verso l’Occidente col fondato rischio di provocare uno scontro di civiltà di entità incalcolabile; questi, nella loro essenzialità - visto che il razzismo, in merito, non c’entra nulla – i fatti nudi e crudi.
    Ora. È vero che lungo il corso dei secoli si sono, spesso, verificate circostanze di queste dimensioni, ma è opportuno riconoscere che nemmeno le invasioni barbariche hanno causato i disastri che si stanno verificando, in particolare, in Italia per la miopia non solo delle nostre istituzioni, ma pure di quelle cosiddette europee.
   Anche le invasioni barbariche, Roma le ha assorbite e fuse nella romanità se è vero come è vero, che il poeta Rutilio Namaziano ( V sec.) - una delle ultime voci della latinità e ‘Praefectus Urbi’ sotto l’Impero di Onorio - poté, orgogliosamente, esclamare, rivolto alla capitale del mondo:  “Fecisti patriam diversis gentibus unam”.
   Sicché, dopo la breve diagnosi, ecco la nostra ragionevole prognosi. Constatato, infatti, il quasi totale disinteresse, e tale termine è solo un eufemismo, della Comunità internazionale, solo UE e NATO, con l’insostituibile apporto delle superpotenze, quali USA., Russia  col contributo di alcuni Paesi europei come Francia, Inghilterra e Germania, per fare qualche esempio, devono mettere a disposizione, sotto l’egida dell’ONU, un consistente contingente di truppe e intervenire “manu militari”.
   Naturalmente, negli Stati in cui regna l’instabilità più ingovernabile - ad iniziare dalla Libia - col compito di ripristinare i legittimi governi mantenendo ‘in loco’ tali forze militari fino al completo ritorno dell’ordine e della legalità. La presente, ci sembra l’unica strada per riportare la pacificazione nelle regioni destabilizzate, per diversi e complessi motivi; in particolare, nei territori dove si scontrano le fazioni più agguerrite causando le fughe in massa e le tragedie in mare, ogni giorno sotto gli occhi di tutti.
   E’ evidente che la Libia non è la sola compagine coinvolta in tale ‘status’ di confusione e di bellicosità, ma  anche, e soprattutto, i tanti paesi dell’Africa centro-meridionale, non escluse molte comunità musulmane ed asiatiche, in generale. Per queste ragioni, i confini nazionali vanno tutelati ivi compresa la cosiddetta area di Schengen considerato che nella citata zona dovrebbero liberamente circolare solo i cittadini comunitari mentre, al contrario, nei suoi confini si muovono tutte le genti del mondo.
   Stando così le cose, se i menzionati organismi non adotteranno, con urgenza i necessari provvedimenti del caso, l’intero universo occidentale, e non solo quello, è destinato ad essere sopraffatto e spazzato via per il semplice motivo che se è vero, che le civiltà, pur nelle loro diversità, devono incontrarsi e confrontarsi, è altrettanto certo che quelle occidentali non devono venire alterate dalla forza del numero, come sta accadendo e come continuerà ad accadere col trasferimento incontrollato, mediante barconi e altri mezzi, di considerevoli fette di popoli in marcia verso l’Europa con l’intento di sostituirvisi.
   Non è tollerabile che vengano minate le basi della civiltà occidentale; civiltà che ha dato alla collettività Atene e Roma nonché quel patrimonio di cultura che risponde ai nomi di Umanesimo-Rinascimento, Illuminismo e di altri numerosissimi fenomeni filosofici, letterari, scientifici ed artistici di valenza universale. Ma, è necessario far presto per evirare che la situazione si aggravi in maniera irrimediabile .
   L’ONU, in testa, dimostri la sua autorità e la propria autorevolezza – dato che l’ha fatto in pochissimi casi – assumendosi le responsabilità che le competono e ponendosi alla testa della comunità internazionale per risolvere i conflitti presenti un po’ in tutto il pianeta e riportare la pace già messa a dura prova dalla litigiosità di nazioni anche con un passato degno di rispetto.
   Per quel che riguarda la questione dei cosiddetti ‘migranti’, non è possibile che si vìoli la sovranità di tanti stati con istituzioni ordinate sebbene al cospetto di situazioni di particolari gravità vigenti, in particolare, nel continente africano. Al riguardo, l’Italia, lasciata sola, sta facendo più di quanto le compete – anche se con politici non all’altezza - salvando molte vite e accogliendo migliaia e migliaia di migranti con l’esborso, e la cifra è destinata a salire, di ben 10 milioni di euro al mese.

 E tenendo impegnati, infine, “terra marique”, direbbero i Romani, una fetta imponente delle sue forze armate, come è facile constatare tutti i giorni in televisione e sui rimanenti mezzi di comunicazione di massa, non senza la sentita partecipazione del nostro popolo.     

Lino Di Stefano

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