lunedì 8 giugno 2015

A "tavolo" con Gian Luigi Gigli: Pensieri sulla cometa abortista

La bestiale, infame legge 194 del 22 maggio 1978, dai surrealisti politicanti definita "norma per la tutela della maternità", ha finora giustificato l'eliminazione di sei milioni di nascituri.
 Per tutelare la maternità è stato sacrificato, sull'altare di stregoni e squallide megere radical-chic, un  numero di italiani innocenti, superiore dieci volte a quello dei caduti nella Grande Guerra.
 Un fiume di sangue innocente circola nelle sedi della medicina democratica e progressiva, che di conseguenza supera in volata le normali associazione per delinquere.
 Nel quotidiano  dei vescovi italiani, l'onorevole Gian Luigi Gigli, un pensatore che, sfidando il ridicolo, afferma di sopportare eroicamente l'esiguo stipendio da deputato, rammenta che il Movimento per la vita ha salvato centosettanta mila nascituri.
 Il risultato dell'azione di Gigli non si discute. Genera invece apprensione il silenzio di Gigli sulla causa prima del feroce macello attivo nelle cliniche ginecologiche. Un silenzio che induce ad immaginare l'azione di una anonima mano magica a sostegno della medicina disumana.
 E' una pia banalità dichiarare che l'aborto è un delitto orrendo, senza risalire alle cause filosofiche e politiche della legislazione che lo istituisce a carico del contribuente.
 Il qualunque osservatore, che rifiuta di girare intorno al sacro palo dell'ipocrisia clericale e/o politicante, sa, infatti, che la legge abortista è una violazione della legge naturale, un abuso bestiale, discendente dall'articolo primo della costituzione italiana: "la sovranità appartiene al popolo", un'empia e folle menzogna, che traduce il principio eversivo di tutte le rivoluzioni moderne:  summa in cives legibus soluta potestas.
 Una tale disonesta e falsa affermazione giustifica invisibilmente la doppiezza dei cattolici - appartenenti alla scolastica di Rosy Bindi - in ridicolo equilibro fra due libri, la Sacra Scrittura e la costituzione italiana.
 I cattolici italiani sono impotenti perché esposti al vento della democrazia assoluta, affermata nella costituzione, feticcio venerato dagli impuniti assassini e dagli utili idioti. 
 Si pone quindi l'obbligo di meditare le obiezioni che Francisco Elias de Tejada ha rovesciato sugli iniziatori dell'eversione moderna, i ghibellini farneticante nella scuola di Padova, e al loro seguito Jean Bodin, Ugo Grozio, gli illuministi, gli idealisti e i positivisti giuridici.
 Una cultura cattolica che, rifiutata la lezione di San Tommaso d'Aquino in nome del delirio sincretista impropriamente detto ecumenismo, diventa incapace di reagire agli errori della modernità, ed è pertanto destinata ad affondare insieme con la zavorra che è sapientemente associata al sacro feticcio. 

 La comparsa in scena dei vaniloquenti o silenti cattolici della esangue generazione post-conciliare, cui appartengono i Gigli, i Buttiglione, i Formigoni, le Bindi, i Casini, le Binetti e gli Introvigne, è un segnale che incoraggia l'azione degli eversori attivi sotto la falsa e maledetta luce della costituzione.

Piero Vassallo

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