domenica 7 giugno 2015

Il matrimonio cristiano prima e dopo il Vaticano II

Dai torchi delle Edizioni Fiducia è uscito in questi giorni un volume, che, insieme con lo schema Castità, Matrimonio, Famiglia e Verginità, elaborato dai teologi incaricati da Giovanni XXIII della  preparazione del Concilio Vaticano II e bocciato dai vescovi progressisti, propone un ampio, puntuale saggio scritto dall'autorevole Roberto De Mattei per rammentare che "la svolta conciliare favorì l'esplosione del Sessantotto e ne moltiplicò la forza propulsiva".
 Preambolo alla severa ma motivata critica che De Mattei indirizza alla dottrina conciliare intorno al matrimonio è la confutazione della teologia di Bernard Haring (1912-1998), un prodotto novista, che proponeva l'arbitraria sostituzione del concetto di natura con quello di persona.
 Al proposito De Mattei, che si colloca sulla linea critica tracciata da Paolo Pasqualucci e da Maria Guarini, rammenta che "secondo la filosofia classica, infatti,  la natura viene prima della persona. La natura umana è l'essenza dell'uomo, ciò che egli è prima di essere una persona. L'uomo è soggetto di diritti e di doveri perché è una persona, ma è una persona in seguito alla sua natura umana. Tutta l'opera di Haring [concepita al seguito delle fumose opinioni di Teilhard de Chardin] è tesa a vanificare la legge naturale in nome di un personalismo esistenziale cristiano".  
 Lo schema elaborato dai teologi incaricati dal Giovanni XXIII, invece, aveva fondamento nella legge naturale e coerentemente affermava che "il fine primario del matrimonio è unicamente la procreazione e l'educazione della prole. Il diritto perpetuo ed esclusivo ad atti per sé capaci di generare figli in via naturale deve essere considerato come l'oggetto proprio del consenso matrimoniale".
 Da tale inequivocabile definizione discendeva la condanna delle teorie messe in circolazione dai teologi modernizzanti, già sconfessati da Pio XII, i quali "invertendo l'ordine giusto dei valori, mettono il fine primario del matrimonio in secondo piano rispetto ai valori biologici e personali dei coniugi e che, nello stesso ordine oggettivo, indicano l'amore coniugale quale fine primario".
 I teologi incaricati della preparazione del concilio, definiva erronea l'opinione, divulgata dagli scolarchi personalisti e applaudita dal giornalismo di conio laico, opinione secondo cui "dalla sola mancanza di amore il matrimonio si possa considerare invalido e sciogliere".
 Per contrastare l'opinione malthusiana nutrita dai poteri forti e condivisa nel sottosuolo della nuova teologia, gli autori del documento preparatorio condannavano severamente "chi raccomanda o diffonde l'uso di disonesti mezzi anticoncezionali con lo scopo di limitare il numero dei figli; con tali mezzi non si difende il bene dei popoli, come oggi viene sostenuto falsamente, ma si corrompe l'ordine sociale".
 Il documento sulla famiglia, insieme con i testi preparati dalle altre commissioni istituite da Giovanni XXIII, inducevano a prevedere una breve durata del Concilio. Il papa pensava a un arco di tre mesi. Invece il Vaticano II ebbe una durata e uno svolgimento alluvionale e catastrofico.
 De Mattei indica la causa di una tale infelice svolta: "Un gruppo di padri conciliari centro-europei e latino-americani, che avevano come esperti i principali rappresentanti della nouvelle théologie, aveva deciso di rigettare gli schemi preparatori delle commissioni romane, considerati troppo tradizionali, e di riscriverli".
 Promotore della rivolta contro la teologia tradizionale fu l'arcivescovo di Malines-Bruxelles, il cardinale Léon-Joseph Suenens (1904-1996), il quale trasformò la minoranza progressista in quella invincibile macchina da guerra, che usò con alta spregiudicatezza (lo ha testimoniato don Giuseppe Dossetti) le arti in uso nelle fazioni parlamentari dedite all'intrallazzo.
 Fu avviato "un processo che il filosofo del diritto Paolo Pasqualucci ha definito brigantaggio procedurale. Gli schemi preparatori furono buttati a mare e riscritti con uno spirito e un taglio completamente diversi. Lo schema sulla famiglia e sul matrimonio era destinato a conoscere una tormentata rielaborazione". 
 Incapaci di vedere la discesa dell'ateismo trionfante in un nichilismo infangato dall'abortismo francofortese e incipriato dalla pederastia californiana, i rappresentanti della minoritaria teologia progressista, ubriacati e agitati dallo squillo e dall'applauso scrosciante nell'obitorio della modernità, balzarono  oltre il confine segnato dalla tradizione perenne, per stabilire un dialogo con gli spettri danzanti nelle colonne  dei giornali illuminati.
 Il risultato del pio intrallazzo conciliare fu il discorso del cardinale progressista/conformista Suenens, che invocò il controllo delle nascite appiattendo il suo pensiero sulle sragioni squillanti nelle colonne del giornalismo ateista: "Può darsi che abbiamo accentuato la parola delle Scritture Crescete e moltiplicatevi, fino al punto di lasciare nell'ombra l'altra parole divina, I due saranno una sola carne. Spetterà alla commissione dirci se non abbiamo sottolineato troppo il fine primario, che è la procreazione, a scapito di una finalità altrettanto imperativa, che è la crescita dell'unità coniugale ... La commissione dovrà esaminare se la dottrina classica, soprattutto quella dei manuali, tiene sufficientemente conto dei nuovi dati della scienza di oggi. ... Seguiamo il progresso della scienza, Vi scongiuro fratelli" .
 Di qui l'avvio di quell'avventuroso inseguimento della moderna pornolatria, che fu contrastato da Paolo VI, autore dell'inascoltata enciclica Humanae vitae. Di qui la corsa cieca nel vuoto della modernità indirizzata alla consacrazione della intoccabile palude sodomitica, in cui sta affondando la filosofia laica, democratica e progressista. Di qui infine l'ecumenica, rugiadosa capitolazione dei catto-buonisti di fronte all'urgente massa degli islamici, agenti di una falsa religione, che contempla il capovolgimento della vera fede e la restaurazione della tirannia contro cui gli italiani si sono battuti strenuamente e vittoriosamente nel secolo di Lepanto. 


Piero Vassallo

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