lunedì 22 giugno 2015

Una letteratura a svantaggio della inesistente cosa

"... mano a mano che vedeva la giustizia soccombere, schiacciata dall'arbitrio delle classi dirigenti - neppure più in grado, per la verità, di dirigere  se stesse ma capacissime  di allearsi fra loro a salvaguardia dei più vergognosi privilegi in danno delle moltitudini disorganizzate ..."


 Dopo la visione dell'orribile mostro a quattro teste - donna Assunta & Gianfranco & La Russa & Tulliani - si fa fatica a pronunciare l'imbarazzante e cupa parola destra. Il cammino della cosa peraltro si è capovolto nella notte dei rinoceronti, in corsa rovinosa nel dramma di Eugene Ionesco.
 Gli ostinati e gli irriducibili e tra loro Giuliano Rodelli, lavorano tuttavia per narrare il deserto a monte della cosa che non c'è più, che non ha più senso e nome e che - forse - non è mai seriamente esistita.
 Con pudore e con amara ironia Rodelli, intelligenza mortificata dai politicanti d'area, nuota nelle acque grigie dell'assenza. Fiumi di pagine onestamente pensate e ben scritte sono trasmesse al fantasma della biblioteca disertata dai politicanti d'  (l'area volatilizzata dai destri, appunto).
 Uno scrittore neo-surrealista, in parallelo con la malinconia di Rodelli, sta pensando di scrivere una commedia tele/filosofica intitolata: Gasparri & Bocchino ovvero la destra polifrenica da Gentile alla Santanché.  
 Il destino è comico/amaro. La saracinesca del bar è abbassata e sulla chiacchiera del marciapiede parlante cade un'opaca pioggerellina. Il futuro è una fontana che sputa parole cadaveriche.
 L'irriducibile Rodelli ha scritto, per il torchio dell'impavido Marco Solfanelli, una sapida  miscellanea di racconti intitolato Nero plasma, ritratto della crisi di nervi - e a piacimento della scomposta senilità - in scena dietro le quinte borghesi/psichedeliche della destra et iperborea et iporeale.
 L'identità perduta a Montecarlo si confonde con le corna salottiere e i piccoli furori messi in scena dal pallido bluff di un'estenuata borghesia.
 La destra, emblema e figura profetica dell'umanoide/americanoide "dimentico del passato, ottuso rispetto al futuro, drogato dal presente, e che non sa più nulla di sé".
 Incapace di alzare il sopracciglio mortalista, Rodelli visita con implacabile e chirurgica malinconia, le nevrosi e le miserie che affollano la scena della metamorfosi postmoderna in atto nei quartieri della classe detta benpensante. Ovvero impropriamente pensante.
 Il pensiero dominante a destra è la fuga dal dovere. Lo proclama uno dei personaggi inventati (inventati?) da Rodelli: "Naturalmente, con il passare degli anni, lui si rendeva ben conto che qualunque forma di vocazione all'obbedienza veniva sopraffatta dal facile giudizio di pecoronismo e che scadeva nell'indifferenza dell'anima: si rendeva conto che l'egoismo individualistico andava gonfiando gli animi ormai vuoti, che la società si discioglieva in un crescendo disordine, mentre mentre la cura verso i più deboli sembrava non avere più senso". 

 Dietro le quinte la filosofia della destra si capovolge nella banalità dispettosa/litigiosa di una borghesia borgatara, orfana della cultura che ha alimentato le reazioni del novecento italiano al nichilismo.
 Scrittore di genio e di malinconia, Rodelli mette in scena la psicastenia e il nichilismo che scuotono i nervi fragili di quella borghesia fatua e sussiegosa, che ha attraversato la giovinezza stordita dalle trasgressioni californiane prima di gettarsi nelle braccia della sedicente destra. E di affondare nella palude guacciana, figura dell'eterno ritorno della borghesia alla propria fatuità.

Piero Vassallo

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