lunedì 8 febbraio 2016

LA PERVICACIA (di Piero Nicola)

  La Chiesa, i cui giudizi sono giustamente ponderati, considera assai la pervicacia. Si astiene dal condannare per eresia l'errante che non si sia dimostrato pervicace nel trasgredire l'insegnamento del Magistero, continuando a sostenere i propri errori dogmatici.
  Parlo della vera Chiesa, non di quella apparente, che persiste nel proclamare il diritto alla libertà religiosa e contraddice diversi dogmi come il primato assoluto della papale autorità e potestà, la coincidenza di Corpo Mistico e Chiesa, della Chiesa di Cristo con la Chiesa cattolica, al di fuori della quale (di norma) non c'è salvezza, l'assoluta nocività delle false religioni, anche cosiddette cristiane, il dovere di recare il Vangelo a impenitenti e non cattolici predicandolo al fine di convertire e fare proseliti. ecc.
  Nessun dubbio che Bergoglio stia battendo la strada di tali negazioni della verità, già adottate dai predecessori. Tuttavia c'è modo e modo di scandalizzare, c'è pure una misura nel trasgredire. I precedenti occupanti del Vaticano, che hanno potuto giovarsi del fatto di non avere al di sopra di loro chi avesse la giurisdizione per ammonirli e condannarli, che quindi possono aver goduto del beneficio del dubbio circa la buona fede nel compiere i tradimenti del Vangelo, si mossero con cautela per dare l'impressione di non calpestare i dogmi e usarono ambiguità, pur dovendo essere incoerenti.
  Viceversa Bergoglio non si perita dallo scandalizzare apertamente. Ogni giorno avanza una provocazione, ogni giorno porta oltre e più in chiaro la falsa dottrina e la falsa prassi. Di certo un merito gli va riconosciuto. Egli non si contraddice o, meglio, ha talmente stabilito gli errori, che la contraddizione delle verità appare sempre più nascosta.
  In questi giorni, egli molto si compiace dell'incontro che avrà col patriarca Kirill della chiesa ortodossa di Mosca. Non mi risulta che la stampa riveli quale compromesso abbia attuato la diplomazia vaticana per ottenere che egli possa gettare questo "ponte" tra cattolicesimo e scisma (scisma non privo di eresie). Infatti sinora gli ortodossi di Russia si erano rifiutati di accettare qualsiasi comunione religiosa con Roma. Fra le righe però, qualcosa del compromesso appare. L'uomo venuto dall'Argentina ha detto che l'Occidente si è sbagliato promuovendo le primavere del Nord Africa e che Putin non ha tutti i torti.
  I peggiori ingannatori dicono sempre qualcosa di giusto e di condivisibile per accreditarsi presso la massa e per confondere le idee agli avveduti. Evviva! Bergoglio contrasta l'America, l'edonismo, i fabbricanti di armi! Ma guai se così non fosse! La stucchevole monotonia lo sommergerebbe. Del resto, all'America ha sempre fatto comodo la critica, esterna ed interna. Guai se non fosse democratica, perfezionabile e progressista! Peccato che in essa non ci sia quasi nulla da perfezionare; semmai essa è da riformare in toto, come la pseudochiesa bergogliana.
  Ma vengo al sodo. Il grande agente o succube del regno oscuro ha lodato "tre grandi italiani", fra i quali l'ex ministro degli esteri Emma Bonino. Perché "È la persona che conosce meglio l'Africa. E ha offerto il miglior servizio all'Italia per conoscere l'Africa. Mi dicono" egli soggiunge: "è gente che la pensa in modo molto diverso da noi. Vero, ma pazienza. Bisogna guardare alle persone, a quello che fanno".
  Essere del partito radicale, propagandare il libero aborto, il matrimonio omosessuale e varie nefandezze, promuovere ogni sorta di offese a Dio, per Bergoglio non sarebbero azioni cui "guardare".
  È così: siamo in un mondo in cui la facoltà razionale ha perso valore, salvo che per farla servire ai vizi.
  Gli altri due "grandi italiani", ingiustamente negletti, sarebbero l'incredulo Giorgio Napolitano e Giusi Nicolini, sindachessa ambientalista e fautrice dell'accoglienza sentimentale prestata agli stranieri, a prescindere dal diritto che abbiano d'essere accolti.
  A questo genere di pervicacia, dopo i riconoscimenti tributati a Scalfari e ad altri individui in potere dell'empietà, ormai abbiamo fatto l'abitudine, essa non merita commento.


Piero Nicola

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