giovedì 25 febbraio 2016

Umbratili vespasiani intorno alla teoria del gender

Palmiro Togliatti “era un fascista con i gay”. Lo sostiene scandalizzato un redattore del sito gay giornalettismo. L'immaginario, settoriale e fratto fascismo di Togliatti è senza dubbio una esagerazione di stampo quasi isterico.
 E' innegabile, tuttavia, che il 30 settembre del 1949 Pier Paolo Pasolini fu espulso dal Pci (togliattiano e cripto fascista) per indegnità morale, dopo che l'autorità giudiziaria aveva riconosciuto il poeta colpevole di corruzione di minori.  
 In un corsivo pubblicato nel quotidiano l'Unità si leggeva che “la responsabilità di tali atteggiamenti [pasoliniani] era dovuta a influenze nefaste di tipo letterario”,  influenze esercitate da scrittori, un tempo non stimati dai comunisti, quali Jean Paul Sartre (autore della commedia anticomunista Le mani sporche) e André Gide (autore di dichiarazioni antistaliniste, diffuse dopo il suo  deludente viaggio a Mosca). 
 La flessione eseguita dai redattori del quotidiano ateo e comunista davanti alla morale cattolica e alla cultura del deprecato ventennio, dimostra che, nel primo dopoguerra, il ribrezzo e l'avversione alla pederastia erano condivisi da una schiacciante e obbligante maggioranza di italiani trasversali.
 Si celebravano i massacri dei fascisti nella primavera radiosa, ma si accoglieva la bieca avversione delle camicie nere alla pederastia.
 D'altra parte era rispettata universalmente e incensata la costituzione repubblicana, che all'articolo 29 privilegiava “la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” e ne riconosceva gli speciali diritti, diversamente da ogni altro tipo di unione.
 L'impetuoso vento pederastico, che soffiava dalla California dell'instancabile militante Herbert Marcuse, purtroppo investì l'Italia alterandone la cultura e infettandone la tradizione religiosa e civile.
 Pasolini fu riabilitato e incensato dagli intellettuali emergenti nella sinistra affascinata o posseduta dal vizio californiano. Al suono martellante del jazz estremo, la sodomia entrò nelle severe e refrattarie cellule del partito operaio. 
 Il 3 novembre del 1975 Pasolini, assassinato da Giuseppe Pelosi, un ragazzo di vita con il quale  l'illustre pederasta si era appartato per consumare (a pagamento) atti sessuali contro natura, fu addirittura promosso al nobile grado di vittima sacrificata sul pio altare della trasgressione.
 Nel giro di un quarto di secolo il poeta, che era stato squalificato e reietto dal Pci proletario, diventò emblema e testimone (martire) del vizio praticato nei circoli della borghesia, espugnata e rieducata dagli intellettuali progressisti.
 Al pensiero sodomitico il potere politico e il salotto culturale competono, lo ha rammentato ultimamente l'umorista Marcello Rambaldi Guidasci di Parabiago, autore del divertente atto unico Incularella ridens, che suscita la risata che compete a un fosforescente delirio nel vespasiano.
 Aurelio Pace e Carlo Di Pietro, autori del ponderoso saggio Gender, dal loro canto affermano risolutamente che “L'omosessualismo si configura come un movimento ideologizzato, spesso abitato anche da soggetti eterosessuali, sovente anticlericali ed insofferenti alle regole, secondo cui il comportamento omosessuale deve essere sempre oggetto di orgoglio e vanto, mai di critica e mai di ponderata valutazione”.  
 Non contrastata dal potere esercitato  da un boy scout circondato da bellone di sacrestia e di cellula, capo di una squadra pavida e rassegnata ai al peggio, l'infezione omosessualista infine si rovescia nel pensiero chic, che contagia la pedagogia della repubblica e offre agli scolaretti delle elementari fiabe pornografiche, ad esempio la sconcezza intitolata “Perché ho due papà”.
 Con venti anni di ritardo rispetto ai governi del Nord Europa, che hanno applicato alla pedagogia  il pregiudizio omosessualista prima di scoprirne la strutturale e furente insensatezza, i progressisti al potere in Italia, tentano d'insinuare  surrettiziamente un progetto screditato e ridicolizzato.  
 Dall'aspersorio di Vespasiano scende l'acqua della rivoluzione ultima. Scalfarotto e Cirinnà, promotori crepuscolari ma squillanti delle leggi gay, manifestano l'invincibile ridicolaggine e la miseria dei loro ardenti pruriti e tradiscono  l'appartenenza alle vischiosità storiche, a tempo debito catalogate e messe fuori gioco dagli scritti dell'insospettabile Benedetto Croce.
 Va da sé che non è nostra intenzione contrastare la bollente/rovente/indomabili circolazione dl pruriti nelle vene dei riformatori omofili. Attraversate le festanti trincee del buonismo, la filosofia e la teologia a monte della sodomia sfuggono alla presa dei frenatori (peraltro deboli e impauriti).
 L'abbattimento delle barriere elevate dal senso comune e la renitenza del clero progressista hanno incendiato la volontà dei riformatori sodomitici, attualmente posseduti dall'invincibile convinzione di rappresentare la sapienza di un futuro, scritto nelle infuocate passioni dei sodomiti e dei gomorriti.
  La sconfitta della scolastica gay incombe tuttavia nelle assurdità gridate dai banditori di un progetto laido, che ferisce l'innocenza dei piccoli prima di cozzare contro il muro della verità.
 La ragione capovolta e intossicata dagli sculettanti progressisti e la viltà dei sedicenti  moderati metteranno in pista un vizio mosso da una invincibile balordaggine e perciò destinato ad estenuarsi correndo sulla pista del disordine.

 Non rimane altra risorsa che la seduta sulla riva del fiume che trasporterà, infallibilmente, i rottami di un sogno malnato e malvissuto. 

Piero Vassallo

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