giovedì 18 febbraio 2016

BLU DI MODA (di Piero Nicola)

  Prima di entrare in argomento, ossia di parlare dell'attuale uso del blu, propagato piuttosto come imposizione che come moda, spendo due righe per far capire quale sia il colore incriminato.
  Si potrebbe definire turchino, ma la parola ricorda il turchese e la fata turchina. Anche la tinta cobalto avrebbe la stessa tonalità, ma richiama gli occhi, il cielo, il mare. Indaco è pure un termine ricercato e tende al violetto. Azzurro si addice al cielo terso ed è comunque più chiaro. Azzurro intenso è bensì l'oltremare, definizione decisamente ancora troppo bella.
  Il blu cui mi riferisco è scuro, talvolta violento, livido, deprimente. È il contrario della finezza, della delicatezza appartenenti al cerulo, al glauco, al celeste; è privo della lucentezza, dell'intensità cromatica ravvivante il blu che, se non può acquistare calore, può in qualche modo risplendere.
  Psicologicamente, credo di sapere che questo colore generalmente si confaccia a animi che vanno dal romantico al crepuscolare, al tenebroso. I blu nudo e crudo, o quello elettrico, ispirano tetraggine ancor più del nero, che ha un tono deciso, forte, privo di ambiguità. Il blu ha qualcosa di insinuante, di fosco e di notturno.
  Ebbene questo colore ci è stato imposto quasi di soppiatto in tutte le salse, in tutte le rappresentazioni.
  Al telegiornale lo sfondo dell'ambiente è azzurrognolo o più scuro, in un'atmosfera alquanto buia. Nei teatri ritroviamo le stesse luci e spesso fondali tenebrosi, da cui possono emergere pareti e sagome tinteggiati di blu o di altri colori smorti e cupi. Film e telenovele fanno grande uso di blu, che si intona agli interni oscuri. Bluastri sono i palcoscenici dei rockettari, e tutto vi è livido come i loro ceffi. Al Festival di San Remo la storia si è ripetuta. Nello studio di Porta a Porta, di recente si sono visti Vespa e Berlusconi tristemente avvolti nel blu. Le gi di Google sono di un blu squallido. I contorni delle pagine del computer sono blu polveroso o azzurro sporco. Anche le pubblicità, che ritengono di approfittare di questa influenza del colore, lo hanno adottato ugualmente brutto.
  Altre ditte invece, dubitando che il pubblico sia del tutto soggiogato da un gusto barbaro, contano ancora su luce e tinte rallegranti, solari, per attirare l'attenzione.  
  Da qualche anno, anche le luminarie natalizie sulle strade cittadine sono composte di led blu elettrico, che farebbero scappare la voglia di festeggiare al più gaio dei gaudenti.
  Evidentemente si sono contraddette le classiche regole governanti la vendita dei prodotti. Le quali richiedono la novità e la piacevolezza. Ricevere clienti, spettatori o elettori nel blu non può costituire una innovazione, se non negativa. Accoglierli in un contorno da incubo, che arieggia l'antro delle streghe, è il contrario di qualsiasi sano allettamento. Ed ecco uno scioglimento del busillis: allettare il piacere dell'orrido, dell'autolesionismo, del nichilismo, o meglio, indurre a tali perversioni, in un primo tempo, con un bombardamento del colore deprimente, finché, nel generale clima di aberrazione (droga, gioco d'azzardo, concerti rock, pornografia, concubinato, divorzio, famiglie arcobaleno, vizi di Sodoma e Gomorra) la massa non ci prenda gusto.


Piero Nicola

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