"Il
terzo millennio"
Un'abbagliante
futurologia
"C'è una
trascendenza che accomuna credenti e non credenti: è quella del futuro sul
presente, specie quando il futuro viene con il passo della imprevedibile
diversità".
Ernesto Balducci
Mario
Pagliai, elegante ed affermato editore in Firenze, propone la rilettura del
saggio "Il terzo millennio", scritto nel 1981 dallo scolopio padre
Ernesto Balducci, al fine di giustificare l'incontro della speranza cristiana
(quale fu ripensata dai teologi modernizzati nel Vaticano II) con l'ideologia
californiana e con il mito del progresso, revisionato e ridimensionato dal Club
di Roma.
Nella
premessa alla nuova edizione del saggio il presidente della fondazione
Balducci, Andrea Cecconi, afferma che "il monito espresso allora da
padre Balducci - gli uomini del futuro o saranno uomini di pace o non saranno -
appare ancor oggi di una attualità sconcertante, così come il Pontificato di
Papa Francesco sembra alimentare la speranza in quella direzione auspicata per
la chiesa da Balducci oltre trent'anni or sono".
E'
probabile che le enigmatiche e/o sincopate esternazioni di papa Bergoglio
alludano, in qualche modo, alla chiassosa teologia secolarizzata, che padre
Balducci aveva dedotto dall'eterodosso e fulminante pensiero di Teilhard de
Chardin. Il celebrato scolopio sostiene, infatti, che "Nessuno come
Teilhard aveva reso esplicita la correlazione, fatta poi dal concilio [il
Vaticano II], tra il mistero dell'uomo e il mistero di Cristo. La
correlazione è, nella visione teilhardiana, vera e propria identità".
Certo è
che la nuova direzione della Chiesa desiderata e auspicata da Balducci
non escludeva tassativamente l'incombere di un vago dubbio sulla trascendenza
del fine assegnato alla vita umana ("ogni pretesa di dare al sentimento
religioso un orizzonte immediato fuori di questo mondo e delle sue concrete
contraddizioni mi appare come una variante del principio di morte"),
dubbio che si rovesciava
nell'inquietante affermazione della necessità di resistere alla tentazione
di compiere atti di pietà: "di anno in anno si moltiplicano le
occasioni in cui il credente, proprio perché credente, è costretto a combattere
la religione come una delle più subdole minacce al futuro dell'uomo".
Nell'orizzonte
della nuova, aggiornata cristianità, inoltre, sembra svanire, in una sarcastica
risata, la fede nella divina provvidenza: "le costruzioni
provvidenzialistiche della storia, come quelle di Agostino, di Dante, di
Bossuet e di Hegel [stupisce l'inedito e avventuroso accostamento della
teologia/immanente di Hegel alla coscienza storica dei veri credenti] cadono
come scenari infantili e con esse cade nel nulla una parte di me, una parte
della coscienza occidentale che io avevo assimilato, ivi compresa la coscienza
biblico-cristiana in quanto eredità culturale".
Padre
Balducci era convinto che, prima del Vaticano II, la Chiesa cattolica fosse
posseduta dal pessimismo, un vizio di mente che l'aveva resa capace di
condannare come apostata il mondo moderno e "di contestare momento dopo
momento le tappe della cultura laica".
La
polemica di Balducci sembra indirizzata
contro una realistica e puntuale affermazione contenuta nel
Radiomessaggio letto da Pio XII nel Natale del 1956: "Qualche cosa
non procede rettamente nell'intero sistema della vita moderna, un essenziale
errore deve corrodere la sua radice".
Pio XII
aveva tuttavia affermato (Radiomessaggio nel Natale del 1953) che "è
innegabile che il progresso tecnico viene da Dio, dunque può e deve con durre a
Dio", pertanto il fedele è "ben lontano dal sentirsi mosso a
sconfessare le meraviglie della tecnica".
Papa
Pacelli segnalava un pericolo strisciante sotto l'entusiasmo: "la tecnica moderna dispiega intorno
all'uomo contemporaneo una visione così vasta da essere confusa da molti con
l'infinito stesso". Di tale
confusione erano vittime i banditori della cultura laica, strenuamente e
irremovibilmente difesa da Teilhard e da Balducci, sordi o refrattari
all'insegnamento di Pio XII.
Il
giudizio di Pio XII sull'abbaglio accolto dal pensiero progressista, secondo
l'opinione di Balducci, teologo carismatico ma non vedente la trionfale
avanzata dell'errore moderno, sarebbe stato corretto e smentito dalla candida semplicità di Giovanni XXIII,
il quale "senza appoggiarsi a nessun argomento di cultura
ha scosso la sua chiesa in profondità
semplicemente perché ha rievocato con forza la sua ragione d'essere che è
niente più e niente meno che il servizio dell'uomo. Egli ha dimostrato contro i
profeti di sventura che la loro intransigenza e la fedeltà alle vere
attese dell'uomo sono inconciliabili".
Il
rigore e intellettuale. la fedeltà ai principi e la sana intransigenza sono la pasta
di cui sono fatti quei profeti di sventura, che ostacolano la corsa
dei profeti verso l'umanesimo senza aggettivi.
Il
servizio all'uomo sembra sostituire il fine tradizionale della cristianità, che
è rendere gloria a Dio. Una sostituzione che è coerente con l'ardita e
apprezzata [da Balducci] opinione secondo cui la liberazione dal pessimismo
arcaico avrebbe avuto lontano inizio dalla insorgenza attuata dai sofisti nel
VI secolo a. C., "quando l'uomo sciogliendosi dalla sua originaria
sudditanza alla natura e al gruppo tribale, si pose quale misura di tutte le
cose".
Più
avanti il sincretismo di Balducci si spinge oltre e tesse la lode delle "grandi
visioni del mondo la cui potenza creativa non si è ancora esaurita. In Cina
presero forma il taoismo e il confucianesimo, in India, la grande spiritualità
delle Upanishad e il messaggio di liberazione del Budda, nell'Iran la
predicazione messianica di Zoroastro, tra gli Ebrei il profetismo col suo senso
della storia come cammino verso un adempimento".
A
chiarimento del significato che si deve attribuire alla fede nell'uomo
misura di tutte le cose, Balducci, affermata la "totale
laicità di Gesù di Nazareth", rammenta che "nessuno come
Teilhard aveva reso esplicita la correlazione, fatta propria dal concilio, tra
il mistero dell'uomo e il mistero di Cristo. La correlazione è, nella visione
teilhardiana, così stretta da diventare, nel suo sbocco finalistico, vera e
propria identità, in quanto come punto Omega, il Cristo sarà la supercoscienza
in cui troverà organica unità un genere umano giunto finalmente al colmo della
sua complessificazione. Dalla materia prima alla Supercoscienza unificante, le
tappe dello slancio evolutivo scandiscono anche le tappe del Regno di Dio".
Al
lettore già sbigottito da un tale atto di fede nella mitologia teilhardiana
desta stupore anche l'affermazione, di bizzarro stampo progressista, secondo
cui "le vette illuminate dal messaggio che va oltre di noi, sono le
grandi figure degli anni Sessanta - da Guevara a Luther King, da Ho-chi-minh a
Mao, da Lumumba a Cabral, da Angelo Roncalli a Camillo Torres". Un
passo indietro nel tempo e Lenin, Stalin e Beria sarebbero entrati nel pantheon
del nuovo cristianesimo. Forse anche Hitler, sotto un travestimento
eco-animalista.
Balducci,
inoltre, non esita a dichiarare che "il '68 è l'anno di nascita
dell'homo novus, che ebbe allora la sua epifania pubblica nelle piazze e nelle
aule universitarie e la sua legittimazione ideologica nelle enunciazioni di non
pochi rappresentanti del sapere antropologico. Accanto al maestro di
spiritualità contemplativa Thomas Merton [il monaco che, nel 1968, dichiarò
di stimare il buddismo, tacendo sul suo orientamento nichilista] e al più
rinomato erede di Marx e di Freud, Herbert Marcuse, possiamo chiamare in causa
lo psichiatra Ronald Laing [il fondatore della scuola anti-psichiatrica]
"autore del capovolgimento dei concetti clinici di normalità e di
follia". Non è forse inutile rammentare che Laing fu l'ispiratore
del movimento rivoluzionario i cui,
esponenti affermavano la natura profetica della follia e il carattere
demenziale della psichiatria indirizzata alla cura dei profeti (in
delirio).
r
Il
traguardo indicato dall'opera di Balducci "è una fede cristiana che
abbia integrato in sé i livelli di sviluppo della ragione moderna e si è
divezzata dall'affidare il proprio annuncio alle predisposizioni religiose
dell'uomo, dallo stare in agguato, alla periferia del villaggio, per attendere
e imprigionare l'uomo deluso in fuga. In seguito a una rilettura del Nuovo
Testamento condotta secondo i criteri dell critica storica [modernista?]
il credente si trova in grado di spogliare i fondamenti della sua fede dal
contesto apocalittico in cui lo hanno tramandato le comunità apostoliche".
Di qui
la teologia ultra-conciliare, "tesa a mettere in accordo il messaggio
biblico e l'umanesimo tecnologico". Se non che l'umanesimo
tecnologico, negli anni Ottanta, era già dimezzato e costretto a scendere a
patti con il pessimismo radicale scritto sulla bandiera ecologista, che
sventola sui potenti club malthusiani (abortisti & thanatofili), eredi e
continuatori dell'austero Club di Roma .
Gli
eredi dell'allucinato entusiasmo progressista, profetizzato da Teilhard
e incautamente strombazzato da Balducci, devono scendere a compromesso con la severa
filosofia dei poteri forti.
Balducci,
ammettendo la possibilità di aver ceduto all'estro utopico, aveva già ristretto
l'orizzonte dell'assolutismo teilhardiano.
Il suo
pensiero, di conseguenza, planava sulle speranze fantascientifiche
applaudite dagli ecologisti: "I
pannelli solari, i collettori fototermici, simili a grandi specchi che, come
quello di Archimede, ruotano in sincronia col sole".
La
ragione di una tale scelta è dichiarata senza timore del ridicolo: "L'energia
solare, è stato detto, è di sua natura democratica. Pacificato col sole l'uomo
farà pace anche con la terra. E sarà più facilmente in pace perché sarà venuta
meno una delle cause determinanti del conflitto tra i popoli: la concorrenza
nell'assicurarsi le fonti di energia".
Il
qualunque osservatore della scena contemporanea, agitata da conflitti sul gas e
sul petrolio, non ha difficoltà a misurare l'enorme mole del solare
irrealismo, in uscita dalla trasformazione della teologia in
fantascienza compiuta da un teologo volante sulle ali delle utopie di
Teilhard e del buonismo di Papa Roncalli.
Piero Vassallo
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