I
tradizionalpopolari di Sicilia
La sfida della
tradizione
nell'ora zero
della destra italiana
Un
segnale di intelligenza avanguardistica è lanciato dalla Sicilia, l'area in cui
agiscono gli esponenti del realismo tradizionale. Autori sono alcuni studiosi e
politici scampati al destino gruppuscolare dell'estenuata / bombardata /
ostinata destra. Il loro target è rinunciare alla farsa inscenata sulle
ceneri di un passato irrevocabile, allontanarsi dal frastuono comiziale per
pochi intimi, smetterla con i calcoli cervellotici intorno alle percentuali
inutili, sottrarsi al disperato confronto con gli oratori abilitati e
lubrificati dal Grande Burattinaio, insediato tra la sublime banca ed il
salotto eleusino.
Dalla
Sicilia, scrive Tommaso Romano, già sagace e strenuo ispiratore del Partito
Tradizional Popolare, ora in fuga dall'inutile strage comiziale: "La
modifica liberticida della legge elettorale soffoca le minoranze, e le
opposizioni radicali" e non consente la presenza attiva di partiti
politici che propongono una sostanziale riforma del sistema.
Di qui
la saggia, inevitabile decisione di trasformare il piccolo, battagliero partito
in movimento culturale, finalizzato allo studio sistematico dei princìpi del
diritto naturale, alla riflessione sulla controversa verità storica, alla
formulazione di un progetto politico capace di navigare lontano dalla fluviale
chiacchiera televisiva e dall'angustiante e umiliante delirio nella piazza
desolata.
Il
partito tradizionalista ebbe militanti valorosi e disinteressati quali, ad
esempio, Nino Sala e Vito Mauro, e interlocutori di alto profilo intellettuale
e civile, quali Adriana Poli Bortone, Publio Fiori, Guido Lo Porto, Gianfranco
Micciché, Nello Musumeci, Alberto Rosselli, Silvano Moffa, Javier Garisoain Otero,
Massimo Mallucci, Alessandra D'Aguanno, Paolo Deotto, ecc..
Se non
che il sistema della menzogna, esteso da destra a sinistra, dalle reti
televisive alle case editrici "in", dai salotti che promuovono
la gay perversione fino al "basso impero super mediatico di Berlusconi",
esercita un potere che la ragion politica non riescono a scalfire.
Romano
suggerisce pertanto di passare dalla visione micro-maniacale dei politicanti
alla cultura del veder grande. Prende le distanze dalle inutili fatiche sopportate
della diaspora comiziante a destra. Congeda le pattuglie degli attori in lotta
contro l'inevitabile. Si allontana dal palco inascoltato e farsesco. Strappa
l'ultimo velo deposto sulla danza manfrina a destra.
La
caduta del pensiero politico nella chiacchiera senza pensiero, recitata dai
capi della perdente/circense destra, infatti, opera attratta e sedotta dalla
marginalità, lasciando dietro di sé i frammenti tossici di una sconfitta
demenziale e di una rivincita impossibile.
Tra le
rovine di una casa politica, selvaggiamente auto-bombardata, è possibile
solamente un gioco infantile per uditori effervescenti e sfaccendati.
Amaramente
Romano definisce l'ossimoro della sopravvivenza mortuaria: "vediamo
intorno a noi una babelica confusione fra alcune buone opinioni e troppe
fallaci operazioni trasformiste o di mera sopravvivenza".
D'ora
in avanti, prosegue Tommaso Romano, il compito dei militanti tradizionali sarà
far tesoro di idee e di cultura, "che metteremo a disposizione ove sarà
possibile scrivere un libro e un articolo e partecipare a un convegno,
organizzare eventi e piccoli seminari di formazione, fondare riviste, blog,
usare insomma i media e le loro oggettive potenzialità".
In
diverse città italiane, peraltro, si stanno costituendo centri di cultura
finalizzati a rimettere in circolo le idee umiliate e sepolte dalla destra
militante per la chiacchiera e per la cadrega.
Le
testimonianze autorevoli raccolti dagli scrittori Antonio Sala e Vito Mauro nel
volume "L'identità comunitaria Dal Partito tradizional popolare ai
tradizional popolari", ISSPE, Palermo 2014, dimostrano le ragioni del
passaggio dalla tabula rasa in cui si agitano i frammenti della falsa destra,
alla grande biblioteca in cui sono conservati i segreti della rinascita italiana.
D'ora in avanti il progetto culturale dei tradizionalisti palermitani sarà
inteso alla ricerca di un'intesa con i centri di studio e di formazione che
finora operano (a Roma, a Milano, a Firenze, a Genova, a Padova, a Bologna, a
Benevento, a Vicenza, a Torino,) e con le case editrici, gli ingenti prodotti
della quali circola in mezzo alle difficoltà seminate dall'eversione culturale
al potere.
Nelle
città di cui sopra operano numerosi giovani di alto profilo intellettuale e di
collaudate attitudini alla comunicazione. Si tratta di un robusto nucleo capace
di sostenere l'urto di una macchina culturale potente ma ridotta allo spurgo di
idee che hanno cittadinanza nel vespasiano.
E' dunque possibile progettare l'uscita della
cultura tradizionale dall'isolamento in
cui la ha precipitati la folle guerra della destra in guerra contro il libro e
contro la formazione. (Una guerra avviata negli anni Settanta
dall'emarginazione degli editori Giovanni Volpe, Pucci Cipriani e Tommaso
Romano)
r
Attualmente
la presenza politica dei cattolici è segnata da un frazionamento patologico e
paralizzante, causato dall'incombere di teologi ruminanti, che l'incapacità di
capire l'inversione nichilistica delle ideologie moderne mette in bocca
le imperiose ma defunte chiacchiere del modernismo.
Nel
migliore dei casi i teologi accreditati e incensati sono fermi a quella lettura
ottimistica e gongolante del "moderno" che fu proposta negli anni
Trenta da Jacques Maritain e imposta al suono dei tamburi rahneriani durante i
travagliati anni del post-concilio.
Alcuni
autorevoli prelati, quasi promuovendo Scalfari alla dignità di padre della
chiesa modernizzante, sono addirittura convinti della liceità del tentativo
inteso ad associare la dottrina cattolica alla gnosi hegeliana, alla morale
francofortese e al fracasso demenziale dei sedicenti carismatici.
La
ripresa della politica d'ispirazione cristiana tuttavia non è impossibile,
purché l'iniziativa sia condotta da persone capaci di sottrarsi all'influsso
mortifero delle tramontate filosofie dopo Cartesio e pertanto decise a
non prestare ascolto alle indicazioni provenienti dal sottobosco, in cui
trionfano le anacronistiche e atrofizzanti sentinelle del neomodernismo e del
dossettismo.
Al
proposito scrive l'autorevole Publio Fiori: "Se le varie anime della
Gerarchia Ecclesiastica appaiono ancora incerte e divise, i cattolici laici
debbono rivendicare la loro autonomia di analisi, di progetto e di iniziativa
politica".
Il
cuore della politica cristiana deve essere lanciato oltre la baraonda delle
teologie estenuate dal perpetuo dialogo tra bigotti stralunati e vescovi
deliranti.
L'uscita
dei tradizionalisti di Sicilia dal teatrino della destra marginale/residuale e
dal clericalismo pseudo cattolico è un primo, importante passo indirizzato alla
restaurazione e al rinnovamento della cultura politica degli italiani.
Piero Vassallo
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