Dato per scontato che la presenza dei gruppi etnici diversi dal nostro si farà più massiccia, si aprono due vie: quella della lenta assimilazione di modo che in una o due generazioni gli immigrati diventino in tutto come noi, o quella della convivenza tra gruppi etnicamente e culturalmente diversi. Io credo che la via giusta sia quella della convivenza. Ma se questo è vero dobbiamo affrettarci a predisporre gli strumenti necessari – a cominciare dalla scuola – perché questo futuro si avveri senza traumi. Quel che occorre è una rapida instaurazione della cultura della diversità. Le culture che si chiudono in se stesse sono destinate a morire. La nostra non fa eccezione.
Ernesto Balducci
Insieme con Giorgio La Pira e don Lorenzo Milani, padre Ernesto Balducci (1922-1992) ha rappresentato la rumorosa avanguardia teologica intesa alla maturazione ecumenica/sincretista - “aprirsi al diverso” - della teologia cattolica.
Occasione o pretesto della riforma auspicata dai nuovi teologi e in special modo dal padre scolopio Balducci era la vastità del fenomeno migratorio: “esso viene verso di noi scatenando contraddizioni che mettono a dura prova i nostri strumenti di analisi e di progettazione e chiedono perciò un più alto livello di razionalità e di lungimiranza politica” (testo citato da Andrea Cecconi nella presentazione all'antologia di scritti di padre Balducci, intitolata Dobbiamo vivere insieme, e riedita nel gennaio del corrente 2016 da Marco Pagliai, editore in Firenze.
Padre Balducci fu un fervente e disinvolto ecumenista, ardito al punto di affermare che “i musulmani hanno normalmente dimostrato grande tolleranza per quanto riguarda i credenti di altre religioni (purché non politeistiche).
A sostegno della sua tesi, p. Balducci cita Erasmo da Rotterdam (“lo spirito aggressivo della chiesa era dovuto alla subordinazione del vangelo all'aristotelismo) e Pierre Bayle, “che fece di Maometto un modello di tolleranza”.
Nonostante il dichiarato apprezzamento delle religioni monoteistiche, padre Balducci, nel saggio del 1983, sferra un attacco alla fede di Israele, “combinazione fra sionismo e imperialismo … un tragico segno di contraddizione, la cui portata va ben al di là di una pur grave questione tra due popoli”.
Di qui un giudizio di stampo quasi sovietico sullo stato di Israele: “Gli Askhenaziti che hanno in mano lo Stato israeliano sono in realtà gli emissari sacrificali dell'Occidente nel cuore del Terzo Mondo”.
Associata alla condanna dello Stato d'Israele è la disapprovazione della inevitabile collocazione della Cristianità a Occidente: “oggi il cristianesimo, in quanto religione dell'Occidente, non solo è costretto a riconoscere la propria relatività, che lo rende inabile a proporsi come sintesi delle contraddizioni altrui, ma è costretto a ricostruire una memoria del suo passato in cui ritrovino il proprio posto i tradimenti e le deviazioni. Sulla linea di questa memoria c'è anche l'origine e il trionfo dell'islam”.
Al seguito di tale temerario giudizio p. Balducci si spinge fino al punto di affermare l'esemplarità dell'islam: “La comunità islamica, col suo fervore religioso e con la sua schietta fraternità, riproponeva la novità delle comunità cristiane di sei secoli prima, espropriate e finalmente annullate dalle escrescenze istituzionali”.
Infine p. Balducci non esita ad affermare la superiorità della teologia di Maometto: “Il contenuto della fede islamica è, nella sua essenza, quello del ceppo monoteistico ebraico e cristiano, ma ha in proprio una semplicità estrema, sgombro com'è di dogmi e di contaminazioni concettuali”.
Nell'apologia cattolica della falsa e grottesca religione dell'epilettico Maometto si contempla il naufragio della teologia progressista nelle acque di uno stato d'animo avvelenato dal modernismo e intossicato dalle suggestioni pseudo ecumeniche.
La teologia post conciliare era ed è tuttora avvelenata dal buonismo e dal masochismo e perciò incapace di vedere l'intolleranza navigante sulle patetiche imbarcazioni degli immigrati islamici.
All'orizzonte si annuncia la sostituzione del popolo cristiano da parte di un popolo che nasconde l'aggressività e l'imperiosità sotto la patetica figura del naufrago.
Confusa dallo spettacolo messo in scena dai migranti islamici, la teologia della diserzione cattolica si è capovolta, senza ritegno, nella “missione” di ridurre gli italiani allo stato di un popolo neo coloniale.
Piero Vassallo
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