Ottenere l’imprimatur per un’opera che si dice ispirata è molto più
laborioso che pubblicare direttamente un’opera che non abbia questa pretesa: la
proverbiale prudenza della gerarchia ecclesiastica unita alla viscerale
antipatia della gerarchia medesima verso ciò che sa di mistica, garantisce che
l’opera, fosse pure del tutto priva di pericoli per l’ortodossia, vedrà la luce
alle calende greche.
Le alte sfere dei Servi di Maria scalpitavano invece per far presto,
e pretendevano quindi che la Valtorta dichiarasse l’Opera puramente naturale e
scritta puramente da lei stessa senza alcun intervento soprannaturale. In
questo modo la pubblicazione si sarebbe potuta realizzare rapidamente e fare
tanti bei soldi. I bravi Servi di Maria sognavano perfino farne un film. Nel
convento servita di Viareggio si praticava lo spiritismo, ritenuto
“scientifico”, e i Serviti volevano appunto travestire l’Opera come
“scientifica”, ossia spiritistica”, in barba alle ripetute condanne della
Chiesa allo spiritismo.
Di qui indegne pressioni sulla Valtorta, la quale aborriva lo
spiritismo e insisteva che l’Opera non le apparteneva, perché era di Chi
gliel’aveva dettata e le aveva suscitato le visioni. I Serviti giunsero a
negare la Comunione alla veggente malata e costretta a letto. Nonostante tutto,
l’imprimatur stava per essere concesso, quando fu bloccato da una denuncia al
Sant’Uffizio da parte di un gerarca Servita (la Valtorta per carità ne tace il
nome). Stanco dell’insistenza di Padre Corrado Berti che intercedeva per la
Valtorta afflitta da atroci sofferenze fisiche, sospetti, insulti, infinite
tergiversazioni, tentazioni diaboliche, nonché dalla povertà, costui denunciò
l’Opera per mancata acquisizione dell’imprimatur, dopo che egli stesso ne aveva
ostacolato la concessione.
La messa all’Indice condizionò tutti i successivi tentennamenti
vaticani. Intanto, siccome riguardava i volumi, vi erano chierici che li
smontavano e leggevano tranquilli i fascicoli staccati, tanto la messa all’Indice
fu presa sul serio. La veggente avrebbe avuto ogni vantaggio ad accettare le
proposte dei Serviti pubblicando col proprio nome, come la tentava a fare il
diavolo. Mentre questo avveniva, l’imprimatur fu elargito a un certo Caius, il
cui libro metteva in dubbio la perpetua verginità della Madonna, mentre alcuni
monsignori della Curia romana si dicevano pronti a concedere permessi di
pubblicazione in cambio di grosse mazzette. Queste sono le circostanze, ben
documentate ma “stranamente” poco note, della messa all’Indice, che si pretende
presa “dopo ponderate motivazioni” (sic) che nessuno ha mai spiegato.
EMILIO BIAGINI
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