Il professore Norberto Bobbio, pensatore
incensato e profeta incallito dell'antifascismo torinese, sostenne che, per la
durata di venti tenebrosi anni, gli italiani furono concentrati nelle
umilianti piazze, nelle quali squillavano le detestate orazioni del dittatore
Benito Mussolini (truce duce che fu peraltro destinatario di una
celebre, adulatoria supplica firmata dal sullodato e quasi adamantino
professore).
La tirannia, che ispirò l'opera (a due
divergenti piste) dell'intrepido professore Bobbio, fu bombardata dagli
educatori, volanti su aerei detti liberatori. Il bieco tiranno fu
giustiziato, nella radiosa primavera del 1945, dalle gloriose mitragliette di
fabbricazione americana.
Fine della storia fascista e addobbo
democratico del distributore di piazza Loreto, il sito che è severamente
vietato citare senza maledire le vittime appese ai ganci della resistenziale
giustizia.
Per vie misteriose l'ammonizione, che si legge
nella Bhagavad Gita – “Krishna disse ad Arjuna tu piangi per chi non merita
il pianto” - ha penetrato e informato il pensiero degli storici italiani,
persuadendoli a dividere le vittime della guerra civile in partigiani,
meritevoli di lacrimosi monumenti, e fascisti giustiziati, per i quali non è
lecito esporre segni di lutto.
Una ferrea legge vieta e condanna, infatti, il
nostalgico desiderio di confutare la severa ma buona lezione impartita dagli
storici Camera & Fabietti intorno alle differenze che corrono tra gli
italiani civili (democratici) e i barbari fascisti.
L'equanime Renzo De Felice, che, con
scientifico distacco, consultò i documenti e ascoltò le testimonianze dei
vincitori e dei vinti, fu severamente redarguito, messo a tacere e soverchiato
dall'alto grido dei giusti.
Infine l'impavido Giampaolo Pansa, reo di
storica obiettività e di colpevole misericordia verso il sangue dei vinti, fu
criminalizzato ed espulso dall'onorato e incensato popolo degli intelligenti
democratici.
Sergio Pessot e Piero Vassallo, superati gli
impunibili ottanta compleanni, hanno infine compiuto il proibito viaggio nelle
vicende e nei pensieri degli italiani vinti dagli eserciti della plutocrazia e
del bolscevismo.
Gli italiani non furono indenni da modeste
colpe e ideologici errori, tuttavia furono condannati e severamente bombardati
dai velivoli liberali, finanziati e armati dalle banche strozzine.
Gli italiani non furono del tutto disertati
dalle eroiche ragioni della verità e della giustizia. Ragioni che furono invece
nascoste dietro le nubi americane su Hiroshima e Nagasaki, ombre sollevate dai
fuochi di un umanesimo a stelle e strisce inteso a risparmiare i soldati
schierandoli dietro i fuochi che disintegrarono migliaia di civili inermi.
Il viaggio nel Novecento, influenza
intellettuale e politica della rivoluzione italiana nel mondo, il
saggio di Pessot e Vassallo, edito in questi giorni dall'intrepido e
refrattario Marco Solfanelli, rammenta,
infatti, che l'Italia del ventennio, interpretando la dottrina sociale del
Cattolicesimo, sfidò e ribaltò la truffaldina e soffocante ideologia liberale,
istituendo un'economia corporativa, atta a promuovere la classe dei lavoratori
senza diminuire anzi incrementando l'efficienza del sistema produttivo.
Sconfitto e severamente condannato dalle armi
democratiche, il pensiero irriducibile al capitalismo puro sopravvisse
(pur dimezzato e occultato) nell'Italia del miracolo economico, prima di
svanire negli incubi infurianti nell'Europa liberal-regressista.
Il fascismo è (ovviamente) innominabile. Lo
esige il padrone americano dei nostri destini e dei nostri pensieri. Prima che
i riformatori italiani fossero emarginati, vinti, umiliati e diffamati dalle
armate liberal, la cultura della terza via compì, tuttavia, un
memorabile giro nelle nazioni refrattarie al sistema capitalistico. Ultimamente
all'ammirazione degli italiani è proposta invece l'esecuzione dei delicati,
metafisici colpi di spillo, che il presidente del consiglio dei ministri,Matteo
Renzi, tra un bacio e un abbraccio, appoggia sulle monumentali e massicce
natiche della cancelliera tedesca.
La impertinente gag dello spillo
renziano rappresentano la somma e l'acme della finta insorgenza del governo
italiano contro la soffocante, carnale tempesta scatenata dall'economia
liberale trionfante in Germania.
L'italiano che immagina la dignità nazionale,
nascosta dietro l'imperiosa e impetuosa carne della cancelliera tedesca, può
intravvedere (e rimpiangere) la pagina di storia nella quale si contempla
un'Italia capace di insegnare al mondo (prima della Germania e senza
concessioni al teutonico, efferato delirio) la via d'uscita dalle strettoie
della libertà strozzina. Pagine nascoste alla memoria dell'Italia stordita e
umiliata dalla storiografia scritta dai vincitori della seconda guerra mondiale
e dai loro pedissequi collaborazionisti, e finalmente ritrovate da Pessot e
Vassallo.
Duccio de' Neri
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