mercoledì 23 marzo 2016

Viaggio nel Novecento italiano (di Duccio de' Neri)

 Il professore Norberto Bobbio, pensatore incensato e profeta incallito dell'antifascismo torinese, sostenne che, per la durata di venti tenebrosi anni, gli italiani furono concentrati nelle umilianti piazze, nelle quali squillavano le detestate orazioni del dittatore Benito Mussolini (truce duce che fu peraltro destinatario di una celebre, adulatoria supplica firmata dal sullodato e quasi adamantino professore).
 La tirannia, che ispirò l'opera (a due divergenti piste) dell'intrepido professore Bobbio, fu bombardata dagli educatori, volanti su aerei detti liberatori. Il bieco tiranno fu giustiziato, nella radiosa primavera del 1945, dalle gloriose mitragliette di fabbricazione americana.
 Fine della storia fascista e addobbo democratico del distributore di piazza Loreto, il sito che è severamente vietato citare senza maledire le vittime appese ai ganci della resistenziale giustizia.
 Per vie misteriose l'ammonizione, che si legge nella Bhagavad Gita – “Krishna disse ad Arjuna tu piangi per chi non merita il pianto” - ha penetrato e informato il pensiero degli storici italiani, persuadendoli a dividere le vittime della guerra civile in partigiani, meritevoli di lacrimosi monumenti, e fascisti giustiziati, per i quali non è lecito esporre segni di lutto.
 Una ferrea legge vieta e condanna, infatti, il nostalgico desiderio di confutare la severa ma buona lezione impartita dagli storici Camera & Fabietti intorno alle differenze che corrono tra gli italiani civili (democratici) e i barbari fascisti.
 L'equanime Renzo De Felice, che, con scientifico distacco, consultò i documenti e ascoltò le testimonianze dei vincitori e dei vinti, fu severamente redarguito, messo a tacere e soverchiato dall'alto grido dei giusti.
 Infine l'impavido Giampaolo Pansa, reo di storica obiettività e di colpevole misericordia verso il sangue dei vinti, fu criminalizzato ed espulso dall'onorato e incensato popolo degli intelligenti democratici.
 Sergio Pessot e Piero Vassallo, superati gli impunibili ottanta compleanni, hanno infine compiuto il proibito viaggio nelle vicende e nei pensieri degli italiani vinti dagli eserciti della plutocrazia e del bolscevismo.
 Gli italiani non furono indenni da modeste colpe e ideologici errori, tuttavia furono condannati e severamente bombardati dai velivoli liberali, finanziati e armati dalle banche strozzine.
 Gli italiani non furono del tutto disertati dalle eroiche ragioni della verità e della giustizia. Ragioni che furono invece nascoste dietro le nubi americane su Hiroshima e Nagasaki, ombre sollevate dai fuochi di un umanesimo a stelle e strisce inteso a risparmiare i soldati schierandoli dietro i fuochi che disintegrarono migliaia di civili inermi.
Il viaggio nel Novecento, influenza intellettuale e politica della rivoluzione italiana nel mondo, il saggio di Pessot e Vassallo, edito in questi giorni dall'intrepido e refrattario Marco Solfanelli, rammenta, infatti, che l'Italia del ventennio, interpretando la dottrina sociale del Cattolicesimo, sfidò e ribaltò la truffaldina e soffocante ideologia liberale, istituendo un'economia corporativa, atta a promuovere la classe dei lavoratori senza diminuire anzi incrementando l'efficienza del sistema produttivo.
 Sconfitto e severamente condannato dalle armi democratiche, il pensiero irriducibile al capitalismo puro sopravvisse (pur dimezzato e occultato) nell'Italia del miracolo economico, prima di svanire negli incubi infurianti nell'Europa liberal-regressista.
 Il fascismo è (ovviamente) innominabile. Lo esige il padrone americano dei nostri destini e dei nostri pensieri. Prima che i riformatori italiani fossero emarginati, vinti, umiliati e diffamati dalle armate liberal, la cultura della terza via compì, tuttavia, un memorabile giro nelle nazioni refrattarie al sistema capitalistico. Ultimamente all'ammirazione degli italiani è proposta invece l'esecuzione dei delicati, metafisici colpi di spillo, che il presidente del consiglio dei ministri,Matteo Renzi, tra un bacio e un abbraccio, appoggia sulle monumentali e massicce natiche della cancelliera tedesca.
 La impertinente gag dello spillo renziano rappresentano la somma e l'acme della finta insorgenza del governo italiano contro la soffocante, carnale tempesta scatenata dall'economia liberale trionfante in Germania.

 L'italiano che immagina la dignità nazionale, nascosta dietro l'imperiosa e impetuosa carne della cancelliera tedesca, può intravvedere (e rimpiangere) la pagina di storia nella quale si contempla un'Italia capace di insegnare al mondo (prima della Germania e senza concessioni al teutonico, efferato delirio) la via d'uscita dalle strettoie della libertà strozzina. Pagine nascoste alla memoria dell'Italia stordita e umiliata dalla storiografia scritta dai vincitori della seconda guerra mondiale e dai loro pedissequi collaborazionisti, e finalmente ritrovate da Pessot e Vassallo.

Duccio de' Neri


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