giovedì 31 marzo 2016

Considerazioni sulla dissoluzione

L'Italia non è solo l'ultima colonia di ha vinto la Seconda Guerra Mondiale, ma l’unica a essere colonia anche di chi l’ha persa e questo a ormai più di settanta anni di distanza.
 Massimo Viglione


 Contro la sconsolata e quasi perfetta assenza di organizzazioni politiche fedeli alla tradizione, e di fronte al vuoto desolante e squillante, da cui ha origine la metamorfosi libertina della destra nazionale, la affollata scolastica d'ispirazione tradizionalista da' segni ostinati di una sorprendente vitalità, che (forse) prepara il risveglio degli elettori dal coma liberal-libertino, in cui l'Italia è discesa attratta da illusorie vie d'uscita dalla cultura della sinistra atea e dalla perfetta non cultura di Berlusconi e Fini.
 Contro i muratori della desolazione agisce instancabilmente l'editore Marco Solfanelli, che in questi giorni propone una robusta antologia di saggi e articoli di Massimo Viglione (Considerazioni sulla dissoluzione), autorevole interprete di una strategia finalizzata a sottrarre il tradizionalismo cattolico dalla suggestione democristiana, iscritta “nel 25 aprile, festa del mitra e delle foibe”, e dalla oscura mitologia disunitaria.
 Viglione afferma che la cultura della destra politica deve aggiornarsi ovvero comprendere che il nemico della Cristianità e dell'ordine civile non è più a Mosca ma a Washington, capitale della finanza mondialista e fomite dell'eversione. Prodotto squisitamente americano è infatti l'insanabile deficit della politica democristiana: “una destra vera, cioè cattolica e tradizionale, antitetica alla dissoluzione rivoluzionaria, non è mai esistita in questa repubblica”
 Visto l'incombente pericolo del sincretismo religioso, promosso e applaudito dall'ostilità occidentale alla tradizione e alla storia degli italiani, Viglione, respinta la suggestione liberale insieme con le estenuanti mitologie antirisorgimentali, sostiene energicamente che “l'unita politica [della nazione italiana] è un valore che non può essere messo in discussione, pena la distruzione economica de Paese e – quello che nessuno dice – l'invasione del territorio peninsulare e la più completa umiliazione della nostra civiltà e società”.
 Ora il modello politico, che Viglione propone agli italiani refrattari al radical chic, esclude il vano e impotente nostalgismo mentre assume quale modello l'amor di patria, oggi vivente come antidoto al falso ecumenismo e al meticciato culturale.
 Si esce dal velleitarismo onirico per contemplare e (possibilmente imitare) la legislazione della civilissima e refrattaria Ungheria, che contempla, fra l'altro, il cristianesimo come religione base del popolo ungherese, la protezione della vita del feto sin dal concepimento, la promozione della famiglia costituita da un uomo e una donna.
 L'attuazione in Ungheria di un disegno politico conforme alla tradizione civile dei cattolici destituisce il nominalismo della destra libertina, rappresentata dalla starlette Mara Carfagna, diventata fiera sostenitrice dei diritti dei pederasti, “forse consigliata dal suo amico Italo Bocchino”.
 La luce insana del libertinismo, infatti, si diffonde a macchia d'olio nelle magioni degli eversori e dei pornografi di destra.
 In Italia lo chic abbaglia le corte vedute delle arrampicatrici, che partecipano alle serate eleganti nella villa di Arcore o nella surreale residenza del révenant Gianfranco Fini.
 Lo stile di vita libertino, che ha per base la folla delle mignotte politicanti e/o rampanti e per vertice una senescente oligarchia di erotomani affranti e smidollati, contagia le sedi della destra italiana, abbassandole al livello del lupanare elegante.
 L'avversario della tradizione italiana non è più solo a sinistra ma ovunque. Scrive Viglione “Esiste un partito del tutto trasversale, che è di fatto la testa d'ariete del mondo omosessualista, abortista, immigrazionista italiano che fa da sponda alla Rivoluzione mondialista, sinarchica e sovversiva in atto a livello planetario”.
 Il deserto occidentale suggerisce e quasi costringe a cercare aiuto nell'oriente della politica: “Forse Putin è un po' cattivo e pericoloso, pensa la gente, ma davvero ha tutte le colpe? E soprattutto davvero stavolta i buoni siamo noi? Davvero l'Occidente è giustificato a quintuplicare le forze d'attacco al confine della Russia, tradendo per altro tutti gli accordi internazionali degli anni Novanta?”
 Contro Putin, l'Occidente, “il peggiore dei mondi possibili”, che alza le bandiere dell'eutanasia, dell'usura, del libertinismo, della sodomia, del nudismo, dell'ecumenismo d'accatto “è davvero giustificato a quintuplicare le forze d'attacco al confine della Russia, tradendo peraltro tutti gli accordi internazionali degli anni Novanta?”
 Viglione osa alzare lo sguardo sulle pie cause della decadenza occidentale e di conseguenza afferma che “è innegabilmente evidente che l'attuale crisi ha le sue radici anche (non solo) nello spirito di innovazione buonista partito dal Concilio Vaticano II e accresciutosi senza fine nei decenni post-conciliari”.
 La crisi della Cristianità, infatti, ha origine dalla smania di avvicinare la fede al delirio agonico in atto nella mente dei moderni, una frenesia che ultimamente è insorta, con ingiustificato rigore, contro l'ordine dei francescani dell'Immacolata, avanguardia della pietà vivente oltre l'infelice e disastrosa avventura della teologia progressista. Al proposito, Viglione rammenta la follia che sconvolge i cattolici intossicati dalla ciancia dei nuovi teologi, ad esempio “le suore americane che predicano aborto, libero amore, libera omosessualità, sacerdozio femminile”.
 A proposito del delirio imperversante nella mente dei teologi post conciliari, Viglione rammenta che il cardinale Oscar Maradiaga, in un saggio intitolato Parlare di Dio nel mondo, ha scritto che “la Rivoluzione francese, ed essa soltanto, occupa il posto di rivoluzione autenticamente umana”.
 Il delirio clericale è ridicolizzato e sconfitto dal rumore delle sue parole d'ordine. Squilli l'inutilità dei quali fu rammentata dal cardinale Ercole Consalvi a Napoleone, che minacciava la imminente distruzione della Chiesa cattolica.
 La discendente cometa del bonapartismo testimonia l'inutilità della guerra contro la Chiesa cattolica e giustifica la fedeltà irriducibile dei fedeli che osano sognare il paradiso in terra, “il mondo dei doveri, il mondo del Decalogo dettato da Dio per la salvezza degli eletti”.

Piero Vassallo


1 commento:

  1. Non conoscevo il testo, ma da quanto letto sopra si tratterebbe di una raccolta di saggi, già usciti in sedi diverse. Ottimo! Lo leggerò e ne farò una recensione ad locum nel mio blog. Condivido gran parte dell'analisi, tranne due punti. Anzitutto, che “l'unita politica [della nazione italiana] è un valore che non può essere messo in discussione, pena la distruzione economica de Paese e – quello che nessuno dice – l'invasione del territorio peninsulare e la più completa umiliazione della nostra civiltà e società”. Il Risorgimento è pars integrante della Rivoluzione. La sua disarticolazione a vantaggio di un nuovo assetto micro-statuale rafforza l'identià e l'ethos italiani, non li mortifica. Ci ritornerò.
    Secondo, pur stimando il lavoro di Putin e osteggiando l'occidentalismo libertino e nichilista, non credo che ancora si possa cantar vittoria: l'amata Russia non è stata consacrata, non è tornata nel gregge di San Pietro, non può essere braccio secolare della Chiesa...Un'improvvisa quanto violenta - Dio non voglia!- defenestrazione di Putin potrebbe farci ripiombare nel peggiore degli incubi. Non vedo, poi, nelle analisi di molti pensatori della nostra area una critica serrata alla democrazia liberale unita all'adesione a monocrazie autoritarie come mezzi efficaci per risalire la china. Oggi non è sufficiente ideare o sognare un partito della Tradizione, le società sono apostate. Inoltre, elemento integrante di una rifondazione cattolico-tradizionale è la reconquista della cultura e delle arti non con l'arroccamento e la chiusura, ma rieditando in chiave post-moderna l'agostiniano furto sacro verso la cultura laicista e i suoi campioni,evitando gli errori del monadismo dei gruppi autoreferenziali ed in nome di un'umiltà neovandeana fare sistema. Il resto nella recensione che farò in futuro

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