Per chi non se ne fosse accorto, stiamo
vivendo in una seconda era dei Lumi. Lumi ancor più fulgenti di quelli del
'700, che in confronto all'aurora avveniristica che ci rischiara erano pallidi
e peritosi.
Mi riferisco al morale riscatto dalle
tenebre, nelle quali il mondo è stato avvolto fin qui, riguardo alla parità dei
diritti dovuta agli umani aventi qualsivoglia inclinazione e costume sessuale.
In nome della sacrosanta uguaglianza è finalmente vietato discriminare definendo
abusivi e anormali gli usi del sesso già definiti contro natura. Per logica conseguenza,
le norme giuridiche devono regolare le unioni tra due maschi o due femmine come
avviene per le unioni di uomo e donna.
Volendo avere un'idea dell'ignoranza e
dell'iniquità che afflissero personaggi famosi e popoli nel corso della Storia,
e del sorgere alla luce di questa evoluta civiltà, risaliamo al tempo
apostolico e alla redazione della Sacra Scrittura, altrimenti detta fonte della
Rivelazione.
San Paolo, l'Apostolo delle genti, visto
nella splendente ottica dei legislatori e giudici onusiani e dell'UE, appare
come un povero esaltato, affetto da accanimento inconsulto verso gli
omosessuali praticanti. Egli arrivò a dirli abbandonati da Dio ai loro
"reprobi sensi", quindi sulla via dell'inferno. E si spinse a
sentenziare:
"Le loro femmine hanno cambiato i
rapporti naturali in quelli contro natura. Similmente anche i maschi, lasciando
il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per
gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se
stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di
dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza
depravata ed essi hanno commesso azioni indegne [...] E, pur conoscendo il
giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo
le commettono, ma anche approvano chi le fa" (Rom. 26-32).
Forse San Paolo subì l'influsso del Genesi
19, ove si narra dei sodomiti che vorrebbero abusare degli inviati del Signore,
e la stessa interpretazione assimilò John Huston che, storditamente,
rappresentò l'episodio di Lot salvato dagli angeli, da essi condotto fuori d'una
città dedita ai vizi sessuali.
Lungo il seguito dei Padri, dei Dottori, dei
Santi e dei legislatori cristiani che, nella loro pedissequa conformità alla
dottrina convenuta e nel loro esagerato attaccamento alla ragione, condannarono
le pratiche sodomitiche, la Chiesa si adeguò a tale andazzo.
Non solo negli stati cattolici, sino a
qualche decennio or sono, furono in vigore le leggi retrograde che
discriminarono gli omosessuali, ma nella liberale Inghilterra personaggi del
calibro di Oscar Wilde vennero perseguiti per delitti contro il buon costume
sessuale, e negli USA, patria dell'egualitarismo, codici stantii e puritani, così
come bollavano l'aborto, commettevano ingiustizia verso gli amori considerati
anomali, se non animaleschi e di esseri viziosi e indemoniati.
Quanta predicazione, quanta filosofia (San
Tommaso), quanti Beati aborrenti il peccato che avrebbe gridato vendetta al
cospetto di Dio, quante sentenze e pene oscurarono i millenni, con spreco di
insegnamenti, di filosofia e olocausto di vittime ignare!
Finalmente, allo scorcio del XX Secolo i
lenti governanti, risvegliati da mentori luminosi, hanno recepito la verità.
Anche la pigra tradizione della nuova chiesa, che tuttora si fregia del nome di
romana, ha alquanto rinvenuto in sé il verbo della saggezza postmoderna.
Col tacito consenso del Vaticano, in
un'intervista alla Radio vaticana sulla recente "raccomandazione"
(leggi ingiunzione) della UE allo
stato italiano di introdurre leggi che facciano valere i diritti degli
omosessuali, il segretario generale della CEI mons. Galantino ha dichiarato,
secondo una condotta ormai affermata:
"Vorrei dire che questa raccomandazione,
di fatto, continua ad andare sulla linea di questa cultura, di questo sentire
abbastanza diffuso in Europa, e che tende ad imporre un certo modo di vedere,
di pensare rispetto a questi temi [se il
sentire è diffuso, non sarà imposto!]. La raccomandazione [...] da parte nostra
[...] non vuol dire assolutamente adeguarsi [...] Bisogna che continuiamo con
chiarezza [...] a dire la verità sulle cose, nel rispetto di tutti [e come
sarebbe possibile!], nel rispetto dei diritti [quali?] dei singoli, evitando
che queste formule di raccomandazione creino soltanto appiattimento e facciano
danno a quella che, invece, è la bellezza della differenza".
Digià l'asserto contraddice la verità - che è obbligatorio dichiarare -
omettendosi la netta e dovuta confutazione, meglio, la condanna della
"raccomandazione". Questa non costituisce affatto
"appiattimento" o generico "danno" alla "bellezza della
differenza", ma comporta un delitto di lesa maestà contro la legge
naturale e il Creatore.
S'intende che ho dato voce alla mente del
vecchio e superato Magistero.
"Come credenti cattolici e
come cittadini italiani è fuor di dubbio la nostra contrarietà alla proposta di
legge Cirinnà, come è chiara la contrarietà ad ogni tentativo di omologazione,
di equiparazione di forme di convivenza con la famiglia costituzionale. Questo
deve essere chiaro, come il fatto - approfitto di questa circostanza per dirlo
– che vada ostacolato in ogni modo il tentativo di scippare in maniera subdola
alla famiglia il diritto di educare i figli alla bontà della differenza
sessuale".
L'affermazione
continua ad eludere - direbbe l'Apostolo dal suo gran posto in Paradiso - la questione del matrimonio che dispiace
immensamente al Signore.
Invano il prelato ripete che la Chiesa mostra
sempre "la sua contrarietà a qualsiasi equiparazione di convivenze con la
famiglia costituzionale".
Egli ricorda i vari movimenti di laici ce di
chierici che diversamente si oppongono alla legge Cirinnà e alla
"dittatura che si vuole imporre del pensiero unico, attraverso la gender
theory [teoria del genere]".
Definitiva diserzione dal dovere di accusare
le unioni contro natura, e generica invocazione di libertà rispetto all'imposta
teoria del genere sessuale, osserva il tradizionalista bacchettone.
Per il monsignore "è chiaro che di fronte alla difesa della famiglia naturale che, ripeto, è
di tutti, non è di una parte del laicato, non è di una parte dei vescovi, non è
dei vescovi e non dei laici o dei laici e non dei vescovi, è chiaro che le
modalità concrete con le quali far valere la chiara posizione che è di tutta la
Chiesa, la modalità concreta può essere espressa legittimamente in forme
diverse. Una diversità che deriva da sensibilità, da letture della situazione
anche diverse. E proprio a proposito di quello che lei mi chiedeva, voglio dire che c’è
stato un incontro, un momento di confronto tra aggregazioni, movimenti, nuove
comunità e associazioni. Si sono incontrate e da lì, da questo incontro, è
emersa una diversa valutazione [..] c’è stato un incontro, un momento di
confronto tra aggregazioni, movimenti, nuove comunità e associazioni. Si sono
incontrate e da lì, da questo incontro, è emersa una diversa valutazione,
relativa solo alla modalità con la quale manifestare il proprio chiaro e
condiviso dissenso".
Ma che fine ha fatto il Vaticano, la Chiesa
docente, il vescovo, il pastore del gregge, in questa repubblica di sacerdoti e
laici, in questo miscuglio di laiche società disparate e di clero, che
dialogano senza distinzione gerarchica? trova da ridire il barbogio amante del tempo
preconciliare.
L'intervistato
prosegue considerando "un processo - che al di là del singolo evento
- veda tutti i impegnati a fronteggiare la cultura individualista che è alla
base di leggi e proposte estemporanee che tendono a mettere all’angolo la
famiglia costituzionale e a privilegiare i diritti dei singoli sul bene comune.
Ora, questo processo, non meno impegnativo, anzi più esigente di altri,
richiede comunque un sentire e un impegno comune che non è solo frutto di
paure, ma si costruisce invece sul dialogo e sulla consapevolezza che, pur nel
rispetto dei differenti modi di farsi sentire, c’è bisogno di tenere insieme motivazioni
e ragioni per mantenere salda la realtà della famiglia, i suoi diritti e prima
di tutto quelli dell’educazione e della formazione dei figli".
Non è forse questa, materia di morale e di
costumi, che spetterebbe al Magistero trattare e sulla quale dire la parola
definitiva, se mai non sia già stata detta? Non basta rinfrescare le sentenze
dei Papi sui falsi diritti, sul bene comune, sul relativismo morale, sui
diritti dei genitori nell'educazione della prole, ecc.? Come tanta ignoranza e
dimenticanza, che fanno presumere l'errore dello storicismo? si permette
di contestare il cavilloso attaccato ai dogmi.
"Non si
difende la famiglia e i suoi diritti nutrendosi di divisione o peggio ancora
non si sostengono valori calpestandone altri, quali il rispetto per l’altro, il
dialogo e l’uso della verità al posto di vere e proprie aggressioni verbali;
non si risolvono così i problemi. Le aggressioni verbali lasciamole ad altri, a
noi non servono!"
Dicevo bene: - il
cavilloso torna alla carica - Ma che ci sta
a fare il clero, se non è capace di insegnare la priorità dei valori, la morale
dogmatica, e si esime dall'applicare la casistica ai casi contingenti, e dal
fissare la disciplina?Alla stessa stregua, hanno ragione quelli che accusano i
preti d'essere pastori mercenari i quali si mettono in regola riaffermando
eresie come quella relativa al dialogo e all'ecumenismo.
"Si
assiste e si leggono dei blog che si nutrono di affermazioni e quindi di
giudizi offensivi verso persone che hanno l’unico torto di voler difendere con
la stessa passione e intensità gli stessi valori. Questa è una ricchezza: la
diversità del modo di sentire anche nella Chiesa. Ma questo succede
dall’inizio! Noi abbiamo quattro Vangeli… Perché? Perché rispondevano a quattro
modalità diverse di accogliere il Kerigma, di annunciarlo, di viverlo, di
testimoniarlo. Certo, fa tristezza vedere trasformate in derive negative
passioni nate invece dal desiderio del bene e di fare il bene. Quindi ben venga
tutto ciò che può servire in questo momento a far capire qual è la
posizione della Chiesa, dei vescovi, evitando di ergerci a giudici degli altri".
Il discorso di costui è sconclusionato: non
si offende, non si giudica male un socio in quanto difende i nostri stessi
valori con un procedimento che non approviamo, ma l'offesa nasce quando tale
azione riguarda il "modo di sentire", che sarebbe "una
ricchezza", nasce da un contrasto nella fede, alla soluzione del quale il
prete si sottrae con arzigogoli ed espedienti ereticali, come la "ricchezza"
delle differenti maniere di ricevere, annunziare, vivere e testimoniare il
Vangelo. La differenza in tale comportamento religioso è frutto di errore. Ed è
un insulto alla Rivelazione attribuire ai Vangeli simili diversità.
Così elucubra
il fedele consultatore di manuali religiosi ripescati in scaffali polverosi.
Dunque, se ne discorre tanto per mettere in guardia i bravi cattolici
dialoganti dal farsi turbare da certa chiacchiera molto peggiore della diatribe
che preoccupano mons. Galantino. A meno che egli abbia anche sottaciuto gli
offensivi blog dei tradizionalisti.
"Le modalità possono essere diverse, ma
dobbiamo essere tutti uniti per poter contrastare in maniera ragionevole,
cercando il dialogo, derive individualiste che ci stanno – ahimè – travolgendo
in Italia ma anche in Europa".
Orrore! - grida il fedele passatista - Un alto
esponente del presunto Magistero che ragiona e dialoga con gli agenti del
demonio!
Piero Nicola
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