mercoledì 22 luglio 2015

UN ELENCO DI POVERI DEFICIENTI (di Piero Nicola)

  Per chi non se ne fosse accorto, stiamo vivendo in una seconda era dei Lumi. Lumi ancor più fulgenti di quelli del '700, che in confronto all'aurora avveniristica che ci rischiara erano pallidi e peritosi.
  Mi riferisco al morale riscatto dalle tenebre, nelle quali il mondo è stato avvolto fin qui, riguardo alla parità dei diritti dovuta agli umani aventi qualsivoglia inclinazione e costume sessuale. In nome della sacrosanta uguaglianza è finalmente vietato discriminare definendo abusivi e anormali gli usi del sesso già definiti contro natura. Per logica conseguenza, le norme giuridiche devono regolare le unioni tra due maschi o due femmine come avviene per le unioni di uomo e donna.
  Volendo avere un'idea dell'ignoranza e dell'iniquità che afflissero personaggi famosi e popoli nel corso della Storia, e del sorgere alla luce di questa evoluta civiltà, risaliamo al tempo apostolico e alla redazione della Sacra Scrittura, altrimenti detta fonte della Rivelazione.
  San Paolo, l'Apostolo delle genti, visto nella splendente ottica dei legislatori e giudici onusiani e dell'UE, appare come un povero esaltato, affetto da accanimento inconsulto verso gli omosessuali praticanti. Egli arrivò a dirli abbandonati da Dio ai loro "reprobi sensi", quindi sulla via dell'inferno. E si spinse a sentenziare:
  "Le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. Similmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne [...] E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa" (Rom. 26-32).
  Forse San Paolo subì l'influsso del Genesi 19, ove si narra dei sodomiti che vorrebbero abusare degli inviati del Signore, e la stessa interpretazione assimilò John Huston che, storditamente, rappresentò l'episodio di Lot salvato dagli angeli, da essi condotto fuori d'una città dedita ai vizi sessuali.
  Lungo il seguito dei Padri, dei Dottori, dei Santi e dei legislatori cristiani che, nella loro pedissequa conformità alla dottrina convenuta e nel loro esagerato attaccamento alla ragione, condannarono le pratiche sodomitiche, la Chiesa si adeguò a tale andazzo.
  Non solo negli stati cattolici, sino a qualche decennio or sono, furono in vigore le leggi retrograde che discriminarono gli omosessuali, ma nella liberale Inghilterra personaggi del calibro di Oscar Wilde vennero perseguiti per delitti contro il buon costume sessuale, e negli USA, patria dell'egualitarismo, codici stantii e puritani, così come bollavano l'aborto, commettevano ingiustizia verso gli amori considerati anomali, se non animaleschi e di esseri viziosi e indemoniati.
  Quanta predicazione, quanta filosofia (San Tommaso), quanti Beati aborrenti il peccato che avrebbe gridato vendetta al cospetto di Dio, quante sentenze e pene oscurarono i millenni, con spreco di insegnamenti, di filosofia e olocausto di vittime ignare!
  Finalmente, allo scorcio del XX Secolo i lenti governanti, risvegliati da mentori luminosi, hanno recepito la verità. Anche la pigra tradizione della nuova chiesa, che tuttora si fregia del nome di romana, ha alquanto rinvenuto in sé il verbo della saggezza postmoderna.
  Col tacito consenso del Vaticano, in un'intervista alla Radio vaticana sulla recente "raccomandazione" (leggi ingiunzione) della UE allo stato italiano di introdurre leggi che facciano valere i diritti degli omosessuali, il segretario generale della CEI mons. Galantino ha dichiarato, secondo una condotta ormai affermata:
  "Vorrei dire che questa raccomandazione, di fatto, continua ad andare sulla linea di questa cultura, di questo sentire abbastanza diffuso in Europa, e che tende ad imporre un certo modo di vedere, di pensare rispetto a questi temi  [se il sentire è diffuso, non sarà imposto!]. La raccomandazione [...] da parte nostra [...] non vuol dire assolutamente adeguarsi [...] Bisogna che continuiamo con chiarezza [...] a dire la verità sulle cose, nel rispetto di tutti [e come sarebbe possibile!], nel rispetto dei diritti [quali?] dei singoli, evitando che queste formule di raccomandazione creino soltanto appiattimento e facciano danno a quella che, invece, è la bellezza della differenza".
  Digià l'asserto contraddice la verità - che è obbligatorio dichiarare - omettendosi la netta e dovuta confutazione, meglio, la condanna della "raccomandazione". Questa non costituisce affatto "appiattimento" o generico "danno" alla "bellezza della differenza", ma comporta un delitto di lesa maestà contro la legge naturale e il Creatore.
  S'intende che ho dato voce alla mente del vecchio e superato Magistero.
  "Come credenti cattolici e come cittadini italiani è fuor di dubbio la nostra contrarietà alla proposta di legge Cirinnà, come è chiara la contrarietà ad ogni tentativo di omologazione, di equiparazione di forme di convivenza con la famiglia costituzionale. Questo deve essere chiaro, come il fatto - approfitto di questa circostanza per dirlo – che vada ostacolato in ogni modo il tentativo di scippare in maniera subdola alla famiglia il diritto di educare i figli alla bontà della differenza sessuale".
  L'affermazione continua ad eludere - direbbe l'Apostolo dal suo gran posto in Paradiso - la questione del matrimonio che dispiace immensamente al Signore.
  Invano il prelato ripete che la Chiesa mostra sempre "la sua contrarietà a qualsiasi equiparazione di convivenze con la famiglia costituzionale".
  Egli ricorda i vari movimenti di laici ce di chierici che diversamente si oppongono alla legge Cirinnà e alla "dittatura che si vuole imporre del pensiero unico, attraverso la gender theory [teoria del genere]".
  Definitiva diserzione dal dovere di accusare le unioni contro natura, e generica invocazione di libertà rispetto all'imposta teoria del genere sessuale, osserva il tradizionalista bacchettone.
  Per il monsignore "è chiaro che di fronte alla difesa della famiglia naturale che, ripeto, è di tutti, non è di una parte del laicato, non è di una parte dei vescovi, non è dei vescovi e non dei laici o dei laici e non dei vescovi, è chiaro che le modalità concrete con le quali far valere la chiara posizione che è di tutta la Chiesa, la modalità concreta può essere espressa legittimamente in forme diverse. Una diversità che deriva da sensibilità, da letture della situazione anche diverse. E proprio a proposito di quello che lei mi chiedeva, voglio dire che c’è stato un incontro, un momento di confronto tra aggregazioni, movimenti, nuove comunità e associazioni. Si sono incontrate e da lì, da questo incontro, è emersa una diversa valutazione [..] c’è stato un incontro, un momento di confronto tra aggregazioni, movimenti, nuove comunità e associazioni. Si sono incontrate e da lì, da questo incontro, è emersa una diversa valutazione, relativa solo alla modalità con la quale manifestare il proprio chiaro e condiviso dissenso".
  Ma che fine ha fatto il Vaticano, la Chiesa docente, il vescovo, il pastore del gregge, in questa repubblica di sacerdoti e laici, in questo miscuglio di laiche società disparate e di clero, che dialogano senza distinzione gerarchica? trova da ridire il barbogio amante del tempo preconciliare.
  L'intervistato prosegue considerando "un processo - che al di là del singolo evento  - veda tutti i impegnati a fronteggiare la cultura individualista che è alla base di leggi e proposte estemporanee che tendono a mettere all’angolo la famiglia costituzionale e a privilegiare i diritti dei singoli sul bene comune. Ora, questo processo, non meno impegnativo, anzi più esigente di altri, richiede comunque un sentire e un impegno comune che non è solo frutto di paure, ma si costruisce invece sul dialogo e sulla consapevolezza che, pur nel rispetto dei differenti modi di farsi sentire, c’è bisogno di tenere insieme motivazioni e ragioni per mantenere salda la realtà della famiglia, i suoi diritti e prima di tutto quelli dell’educazione e della formazione dei figli".
  Non è forse questa, materia di morale e di costumi, che spetterebbe al Magistero trattare e sulla quale dire la parola definitiva, se mai non sia già stata detta? Non basta rinfrescare le sentenze dei Papi sui falsi diritti, sul bene comune, sul relativismo morale, sui diritti dei genitori nell'educazione della prole, ecc.? Come tanta ignoranza e dimenticanza, che fanno presumere l'errore dello storicismo? si permette di contestare il cavilloso attaccato ai dogmi.
  "Non si difende la famiglia e i suoi diritti nutrendosi di divisione o peggio ancora non si sostengono valori calpestandone altri, quali il rispetto per l’altro, il dialogo e l’uso della verità al posto di vere e proprie aggressioni verbali; non si risolvono così i problemi. Le aggressioni verbali lasciamole ad altri, a noi non servono!"
  Dicevo bene: - il cavilloso torna alla carica - Ma che ci sta a fare il clero, se non è capace di insegnare la priorità dei valori, la morale dogmatica, e si esime dall'applicare la casistica ai casi contingenti, e dal fissare la disciplina?Alla stessa stregua, hanno ragione quelli che accusano i preti d'essere pastori mercenari i quali si mettono in regola riaffermando eresie come quella relativa al dialogo e all'ecumenismo.
  "Si assiste e si leggono dei blog che si nutrono di affermazioni e quindi di giudizi offensivi verso persone che hanno l’unico torto di voler difendere con la stessa passione e intensità gli stessi valori. Questa è una ricchezza: la diversità del modo di sentire anche nella Chiesa. Ma questo succede dall’inizio! Noi abbiamo quattro Vangeli… Perché? Perché rispondevano a quattro modalità diverse di accogliere il Kerigma, di annunciarlo, di viverlo, di testimoniarlo. Certo, fa tristezza vedere trasformate in derive negative passioni nate invece dal desiderio del bene e di fare il bene. Quindi ben venga tutto ciò che può servire in questo momento a far  capire qual è la posizione della Chiesa, dei vescovi, evitando di ergerci a giudici degli altri".
  Il discorso di costui è sconclusionato: non si offende, non si giudica male un socio in quanto difende i nostri stessi valori con un procedimento che non approviamo, ma l'offesa nasce quando tale azione riguarda il "modo di sentire", che sarebbe "una ricchezza", nasce da un contrasto nella fede, alla soluzione del quale il prete si sottrae con arzigogoli ed espedienti ereticali, come la "ricchezza" delle differenti maniere di ricevere, annunziare, vivere e testimoniare il Vangelo. La differenza in tale comportamento religioso è frutto di errore. Ed è un insulto alla Rivelazione attribuire ai Vangeli simili diversità.
  Così elucubra il fedele consultatore di manuali religiosi ripescati in scaffali polverosi. Dunque, se ne discorre tanto per mettere in guardia i bravi cattolici dialoganti dal farsi turbare da certa chiacchiera molto peggiore della diatribe che preoccupano mons. Galantino. A meno che egli abbia anche sottaciuto gli offensivi blog dei tradizionalisti.
  "Le modalità possono essere diverse, ma dobbiamo essere tutti uniti per poter contrastare in maniera ragionevole, cercando il dialogo, derive individualiste che ci stanno – ahimè – travolgendo in Italia ma anche in Europa".
  Orrore! - grida il fedele passatista - Un alto esponente del presunto Magistero che ragiona e dialoga con gli agenti del demonio!


Piero Nicola

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