Sull'epoca che precedette la Prima Guerra
Mondiale alcuni intellettuali sinceri, ma giocati dalla nostalgia della loro
gioventù o invaghiti d'una giolittiana gestione del parlamento, smarrirono la Stella
Polare. Furono gli anni della borghesia apostata che ancora frequentava le chiese,
del socialismo ambiguo o ateo erivoluzionario, d'un clero snervato o fellone, dopo Pio X, d'una classe dirigente
liberale e massonica, d'una licenziosità compiuta, atta a riprodursi con mostri
di lei soltanto più grossi e invadenti, non appena avesse avuto l'agio di
imporsi e predominare. Quindi, il periodo della guerra e del dopoguerra, rimasto
a bagno nelle acque putride in cui era cominciato, andò di male in peggio
(fatte salve le eccezioni votate a crescere).
Colui che azzeccò la sociale mostruosità e,
mostrandola nuda, forse l'ingigantì (con alcune pretese di mondana perfezione),
tuttavia profeticamente, fu Domenico Giuliotti (S. Casciano in Val di Pesa 1877
- Greve in Chianti 1956).
Gli organi della schifosa bestia sociale
erano, nella luetica e leucemica circolazione sanguigna della democrazia, il
farisaico e orribile arrangiamento di Cristo con Mammona, che serviva al
laicismo statale, il liberalismo amorale, la neoplasia comunista, il partito
cristiano abusivo, il modernismo strisciante, di già ecumenico, di già agente
dell'Anticristo, sentore d'Apocalisse.
Il testo antiveggente senza volerlo essere, e
pungolante con punte ficcate sino all'osso, culmine d'un apostolato laico e
guerresco, è L'ora di Barabba
(accenno al tempo in cui Barabba è salito al potere). Se volessimo ripetere le
sue invettive che menano all'essenza delle cose, bisognerebbe ricopiare la
composizione per filo e per segno. A parte poche ripetizioni e sbavature, dispiace
scartarne un rigo, tant'è asciutto e compendioso nella girandola dei traslati e
delle similitudini.
Che riguardi lo svelamento delle cause, gli squarci
aperti nelle situazioni, i personaggi della storia recente o passata, gli
aneddoti significativi, l'arte, le risposte ai propri critici, il paradigma sta
nell'attuazione di verità imprescindibili, la cui qualsiasi inosservanza
risulta esecrabile, perché lesione della natura e del suo Creatore, lesione
deformante e degenerante. Infatti errore e peccato, come una presa di lievito
immessa nella massa, l'alterano tutta, senza che vi sia chi preserva il pane
infornandolo al punto giusto.
Nella dedica ai Cattolici, l'autore osserva
che la stampa cattolica, in generale, l'ha rispettato, che i RR. PP. di Civiltà cattolica hanno espresso
soltanto qualche riserva per "certi eccessi di stile".
Ogni frase giuliottiana erutta il discredito
sanguinoso sul buonismo ante litteram,
sui sofismi filosofici e religiosi, che ingannano con la veste della scienza,
del moderatismo, della rispettabilità conformista, dell'autorità d'accatto.
Egli giunge ad irridere i portati delle scoperte scientifiche e della tecnica.
Non a torto, dato il loro uso, data la loro distruttiva rivoluzione mercantile.
Egli arriva a screditare l'eroismo di un Giosuè Borsi, immolatosi per uccidere,
invece di convertirsi per curare. Egli, impavido uomo di spada (ne uccide più
la lingua che la spada) avversa la guerra mondiale quasi da pacifista. Ma non
nega la Patria, purché ubbidisca alla Chiesa. Un degno ossequio, che viene
prima di tutto. Contrario al despota (il dittatore è ancora di là da venire, né
si pronuncia sul fascismo nascente), si augura un Cesare che annienti la libertà
come viene concepita nel regime dell'ordinamento camerale e partitico.
È il 1919.
"Il giornale è un'arma borghese [oggi si
tratta dei media].
"Noi fondiamo un giornale e lo chiamiamo
L'Antiborghese".
"Siamo quattro gatti contro tutto il
mondo.
"Vero è che siamo quattro gatti
selvatici, e che ci avventiamo, di preferenza, sulla rigonfia nuca
dell'asfissiante borghese [oggi anche il popolo è imborghesito], col pelo ritto
e l'unghie sguainate, cercando d'affondarle quant'è possibile e di stracciar
più carne che sia possibile, non senza una deliziosa speranza che le ferite
inferte faccian cancrena".
"I nostri nemici, presi in blocco, si
chiaman folla. Essi ballano il tango della loro ignominia sopra un terreno
insanguinato e minato.
"La gran tinozza, dove tutte queste persone
allegre vanno a rinfrescarsi le natiche, è la Democrazia.
"Il locale che conserva, per ora, questa tinozza è la civiltà
moderna; e la civiltà moderna è sinonimo di borghesia; e la borghesia è
sinonimo, a sua volta, della più ipocrita, piatta, ottusa, burocratica, feroce,
sporca e mostruosa tirannide.
"Noi siamo [...] gli unici e autentici
antiborghesi, perché (a differenza dei socialisti, biascicotti infetti della
borghesia), rifiutiamo in blocco la civiltà moderna, con tutte le sue
diaboliche meraviglie, e non ci abbassiamo d'un pollice dinanzi alla già
barcollante statua d'oro".
"Nessuno di noi crede più, da gran
tempo, nelle sacre parole: progresso,
libertà, umanità, fratellanza, uguaglianza, ecc.
"Anzi, dopo averle, per necessità,
pronunciate ciascuno di noi si disinfetta la bocca e sputa.
"Crediamo nel si e nel no.
"In Dio e, per conseguenza, nel Diavolo.
"Il sì è la Chiesa Cattolica Apostolica
Romana, sebbene la sua faccia solare sia temporaneamente imbrattata da un
eclisse; il no è l'anarchia; e batte alla porta, invano appuntellata, del già
soddisfatto borghese che si beffava di Cristo, ma che, oggi, incomincia a
impallidire e a tremare, per il rumore crescente che vien di fuori.
"Tutto ciò ci rallegra.
"L'Anarchia
è l'ultima punizione e l'avanguardia dell'Ordine. Perciò venga".
"Ciò che il libero cittadino
assolutamente non tollera è il re per diritto divino, il re senza aggettivi
[non costituzionale], l'apice della piramide, insomma il Re.
"Egli non vuole una piramide finita;
vuole una piramide tronca; una piramide con tanto di spazio in cima per poterci
mettere una seggiola per le natiche elettive d'uno spidocchiato cialtrone.
"Ecco l'ideale!"
"Posto ad ugual distanza fra la
Teocrazia e l'Anarchia, il libero cittadino non va né avanti né indietro.
"La Teocrazia e l'Anarchia (una montagna
e un abisso) gli fanno orrore.
"Egli (abitatore dell'acquitrino) non
vuole né il no né il sì, ma il ni".
"Ai due poli, l'eroicomico barbagianni
asfissia".
"Conclusione: Il libero cittadino sta
alla repubblica come l'opposto della bocca all'orinale".
"Espressione lapidaria del mulo di legno
[Sidney Sonnino] nel cretinificio parlamentare:
"'Il paese
ha fatto la guerra, il paese deve fare la pace'.
"Parole idiote se non ipocrite, e
ipocrite se non idiote.
"Il paese, come volontà, non esiste.
Esistono, volta a volta, minoranze delittuose (agitanti fogli da mille o cenci
variopinti) alle quali e dalle quali i timonieri dello Stato danno o ricevono
ordini".
Ho detto che i saggi di questa violenta
fustigazione - da cui ascende nitido il panorama oscurato da timore o interesse
- sono troppi, tante le sfaccettature convergenti e persuasive. Eppure brucia
il rammarico di non poterle citare. Pazienza: spigoliamo; a pro di chi avrà il
piacere di regalarsi l'incognito completamento.
Allora era moda retorica il prendere in prestito
dalla religione una terminologia applicata agli ideali civili. Mazzini aveva
fatto eretica scuola. Un manifesto di repubblicani a commemorazione del
"Maestro", parlava di "missione", di "fratellanza dei
popoli", di "religione del dovere", d'"emancipazione dal
dogma" e si finiva col proclamare Mazzini "Iniziatore d'una nuova
Era" e "moderno Cristo".
"Un'altra volta, in un paese toscano
[...] un Tizio dal largo cappello a cencio e dal nero fiocco rivelatore, dopo
aver letto nel sommario d'un giornale la notizia d'un attentato anarchico, con
voce di basso tuonò: 'Sante bombe!'
"Un anno dopo rividi quel prode membro
della 'Santa canaglia'; e fu proprio (m'è rimasto impresso) nel momento preciso
che un 'Santo Manganello' gli rompeva il capo.
"Fatterelli; sembrano non dir nulla; ma
dicono: 'Ça ira'.
"Eppure molti avveduti cattolici, che
sono amici di tutti e 'rispettano indistintamente
tutte le opinioni' con un pio risolino di compatimento sulla faccia rosea,
per l'ennesima volta ammoniscono:
"'Eh via, non bisogna veder troppo nero;
il male e il bene si trovano da per tutto; anche nelle idee moderne c'è del
buono; e, infine, (come ben dice il proverbio) il Diavolo non è mai tanto
brutto come si dipinge'.
"Inutile confutare, dimostrare,
insistere.
"Sul loro putrefatto ottimismo, ogni
sera, a fin di tavola s'addormentano.
"E se fossero svegliati dalle trombe
dell'Apocalisse, scambiandole per la Marcia Reale, balzerebbero in piedi
gridando: Viva il Re!".
"L'on. ex combattente a Udine, Orano
professor Paolo, parlava, chi sa perché, nel decorato trogolo parlamentare,
dell'anima.
"A un tratto, un panicato verro
bolscevico l'ha interrotto così: 'L'anima è aria e gas'.
"Ben detto.
"Soltanto mi meraviglio che non abbia
ricorso allo strumento di Barbariccia per darne immediatamente un'adeguata
dimostrazione".
"Anche il libero pensatore, ahimè!
crepa.
"Quando il libero pensatore è spacciato,
i suoi 'fratelli di fede', chiamati dalla 'voce del dovere', accorrono. Non
meno liberi e non meno pensatori di lui, essi accorrono col nobile intento
d'impedire (se ce ne fosse bisogno) che un attimo d''incoscienza' (derivato
senza dubbio da pure cause fisiologiche)
faccia piegare 'quello stoico' verso la 'superstizione cristiana'".
"In altro, sulla parete, una consolante
effigie di Garibaldi rosseggia, un nerovestito Mazzini si regge, con la mano
nervosa, la gran cervice".
"A un tratto, dopo un lungo torpore, l'agonizzante
sobbalza, sbarra gli occhi; poi, con un gorgoglio lamentoso delle labbra che
sbavano, la testa, come una palla pesante, gli ricasca giù.
"I pensatori si guardano... 'Tutto è regolarmente finito'.
"E infatti, dinanzi a loro, su quel
letto non profanato dal Crocifisso, c'è solo, regolarmente immobile, un animale morto".
"Il Diavolo, disse Cristo, è il principe
di questo mondo.
"Meschino principe e labile principato.
"Intorno (come un cerchio di fuoco che
sempre più si restringe per divorar tutto) sta Dio.
"L'orologio ha camminato, e la fine dei tempi è prossima.
"Il Diavolo e Dio lo sanno; ma l'uomo
moderno lo ignora, perché avendo rinnegato Dio, ha perduto l'intelligenza, e
muore, idrocefalo, farneticando, in un ciclone di turpitudini.
"L'uomo moderno, che gira su se stesso,
come un ubriaco sul proprio vomito, cercando invano un puntello a se stesso in
se stesso, è colui che ha spento nel proprio cuore il timor di Dio, ch'è fiamma
di scienza, per accendervi un fuoco che non riscalda né illumina: un fuoco
opaco, freddo, velenoso, che lo impiaga: l'orgoglio.
"Prometeo, l'eroe mitico, esaltato in
prosa e in rima dalla scacazzante ciurmaglia antireligiosa, è il più celebre
discepolo del Diavolo; e, come tale, è il simbolo per eccellenza del ribelle
ostinato, del ribelle scemo".
"Che leggi?
"Un libro per le scuole elementari.
"Chi l'ha scritto?
"Io.
"E perché correggi?
"Preparo la seconda edizione.
"E del temperino che ne fai?
"Raschio, per commissione, via via che
la trovo, la parola proibita.
"Quale?
"Dio.
"Senti! E chi la proibisce questa
pericolosa parola?
"La Civiltà moderna, amico mio.
"È una signora di molto per bene cotesta
civiltà moderna, o così così?
"Mah! Conosco delle donne pubbliche che
vestono come lei; ossia: è lei che le veste e, soprattutto, le spoglia a suo
piacere".
Piero
Nicola
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