martedì 14 luglio 2015

ARCHITETTURA SIMBOLO DELLA STORTURA (di Piero Nicola)

  Ci avete fatto caso? Il casamento vetrificato dell'UE, a Bruxelles, presenta nella parte inferiore un evidente prospetto sbieco, un insulto alla perpendicolare, alla legge di gravità. Esso rappresenta bene il contenuto.
  Stesso disprezzo per le cose diritte, elevato sino al culmine mediante inclinazione, si operò a Francoforte con il grattacielo della BCE.  
 Nel nostro piccolo, a Milano, per chi ci arriva da Sud, ecco facciate di recenti edifici in cui spicca una stravaganza priva di gusto estetico come di funzionalità. Finestre di varia dimensione si aprono variamente inclinate su superfici piatte, e invano distrarrebbero da una miseria di rivestimenti, da un'assenza di sostanza, invano appigliandosi a un cubismo per di più anacronistico.
  Che l'architettura contemporanea, destituita d'uno stile, brancoli alla ricerca di espressione è un fatto ormai vecchio, è uno stantio rifugiarsi nell'eccentrico per sfuggire alla banalità e al risparmio imposto dalle leggi dell'economia.
  Nel vasto mondo, i capitali da spendere per il vanto dei petrolieri o dei regimi, per attrarre turisti in zone deserte di civiltà, ove le antiche tradizioni devono essere abbandonate, innalzano a grattare il cielo, all'insegna del megalitico, monumenti abitabili aventi una foggia di megaobelischi, di steli smisurate senza iscrizione, né storia, né significato, salvo quello del fantastico infantile e pacchiano, tuttavia non essendo neppure torri fiabesche, neppure guglie gigantesche. Robe che pendono piuttosto dalla parte di Las Vegas che dalla parte di Disneyland. 
  È tutto un volersi superare pour épater le bourgeois, ma lascia il tempo che trova e domani sarà precocemente obsoleto, da rottamare e da rifare. Costruzioni-simbolo dell'effimero, del precario, del tempo presente disancorato, eradicato. 
  Non faccio d'ogni erba un fascio. Qua e là nel mondo, per avventura, emergono sulle città forme gradevoli, armoniche, a evidenziare lo scempio di quelle che accanto a loro si stagliano sopra l'orizzonte. Le prime sono esemplari del buon gusto isolato, d'un'arte infine personale, avulsa dallo storico contesto cittadino.
  Da lunga pezza, si sprecano i progetti di moderno ampliamento delle città, di conciliazione del loro antico e vecchio col nuovo, di città satelliti, con risultati nel complesso penosi. Il nuovo di sino a circa cent'anni fa, persino il liberty, circondò, penetrò nel secolare multi-stile urbano, se non con uno sposalizio, almeno con un accordo, perché sussistevano comuni tratti ideali. Qualcosa di simile avvenne tra romanico e gotico, tra entrambi ed il rinascimento, quindi, tra questi ultimi tre ed il barocco. L'aggiunta del neoclassico in qualche modo richiamò il rinascimento, e l'eclettismo post-liberty poté non di rado farsi perdonare la sua mancanza di carattere.
  Ma il razionalismo ruppe la sequela; parve necessario al progresso tecnologico. In Italia e, sporadicamente  altrove, si inventò un aggiornamento della classicità, la quale costituisce l'insuperabile idea dell'armonia, del decoro, della ragione, insomma della degna vita. A questa conviene una dose di semplice solennità e di sodo pregio materiale, che riscattino le miserie e rispettino l'anima eterna, la sua vocazione ultraterrena.
  Alla vacuità del razionalismo e delle opere dovute agli originali architetti che, sulla scorta dell'arte moderna, pretendevano di offuscare l'aureo canone del bello, succedettero, da un lato, lo squallore degli edifici ordinari, esteticamente insignificanti, dall'altro, il proseguimento delle creazioni velleitarie.
  Lo spirito del mondo postmoderno, distruttore della tradizione e sostanzialmente nichilista, comportava tale andamento. Abbandonata la nota decorativa essenziale e il pregio del mattone, della pietra, del marmo, ci si ridusse a comporre linee e volumi, castrando la nobile espressione architettonica, abbassata al livello del disegno dei flaconi per la toeletta o degli oggetti per l'arredamento, tuttavia, questi, valorizzati dalle materie prime. Disegni e volumi non poterono affermare un carattere, una bellezza, che non avrebbe trovato riscontro, come tuttora non lo trova, in alcuna affermazione dell'esistenza reale. Donde, i conati dell'ingegno schiavo, che si contorce essendo impedito ad elevarsi, e concepisce le facciate sbilenche per gli sbilenchi suoi signori.
  Tornando al palazzo dell'Unione Europea, ricordate la sua facciata maestra, rivolta alle bandiere dei paesi aderenti, ricorrente nei telegiornali? Essa assomiglia a una gabbia incurvata, ad una vasta stia multipiano.
  Sicché, le suddette mosche bianche incomprese o comprese nonostante tutto e per intuito, trovarono qualche eccezionale società mecenate, che attuò i loro progetti isolati.

Piero Nicola

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