Guardando dal mio angolo la Germania della Merkel
e del suo partito, forse in disaccordo con lei al momento di tirare le somme, e
gli USA dell'amministrazione Obama (ma se al suo posto ci fosse un altro,
cambierebbe poco), nella macroveduta mi appaiono dei contrasti significativi.
Olandesi,
irlandesi, portoghesi e altri del Nord-Est e dell'Est si uniscono
all'intransigenza. L'Italia di Renzino e compagni del Sud stanno con la
Francia. In Europa ci sono due nazioni forti e due compagini attorno ad esse
che, sulla questione greca, si fronteggiano con soluzioni opposte.
La
Francia e soci, come l'America, intendendo accettare lo proposte di Atene,
mentre Berlino vuole il rispetto delle regole, a costo di metter fuori la Grecia.
Sarà
anche la mente tedesca coi paraocchi, e il consenso al rigore del popolo germanico,
ma, al fondo, si può scorgere un desiderio d'indipendenza, specie dopo la
posizione dirompente assunta a Washington nei confronti della Russia, in merito
alla crisi dell'Ucraina, posizione che, al solito, ha messo in riga gli
europei. Adesso un grosso calibro, e non da solo, si è alquanto defilato.
D'altronde, non possono sfuggire agli interessati il fatto che i debiti
di stato soggiacciano a un creditore usuraio, alla grande finanza speculatrice
che manovra lo spread, tanto che i paesi fortemente indebitati, in ogni modo,
non ce la fanno a pagare gli interessi e a moderare il debito, e l'evidenza per
cui questo stato di cose - dovuto assai alle banche insieme al Fondo Monetario
Internazionale (controllato dagli USA) - condanna l'area euro alla recessione o
alla stagnazione nell'impoverimento. La maligna sudditanza all'egemonia d'Oltre
Oceano, che si avvantaggia della crisi europea, avrà pure scosso l'animo di qualche
responsabile di governo, come sta prendendo corpo in strati crescenti delle
opinioni pubbliche.
Perciò
la teutonica attitudine ad essere più realista del re, fautrice del rispetto
delle convenzioni che affossano l'economia e, infine, l'indipendenza e la civiltà
del Vecchio Continente, potrebbe essere più appariscente che sostanziale. Grecia
dentro o fuori, a medio termine l'interesse allo status quo è destinato a svanire, anzi si rivelerà un bumerang per
i tedeschi. Ovvio, che tra di loro emergano impulsi a svincolarsi da un
abbraccio mortifero, sia pure cominciando a liberarsene strumentalmente con
l'invocare i patti e l'ordine d'un sistema da abbandonare.
Perciò,
in una generale prospettiva, la politica rigida ed egoistica della locomotiva
alemanna potrebbe preludere a un riscatto di cui tutti noi beneficeremmo,
essendo comunque legati allo stesso carro.
È
innegabile la contrapposizione Germania-Usa in questo frangente. Gli Stati Unti,
incuranti della loro indebita interferenza, sono scesi in campo a favore d'un
compromesso da attuarsi con il paese ellenico. Alle loro pressioni di varia
specie dev'essersi uniformato Hollande e l'esecutivo francese.
Il
braccio di ferro in atto pesa come un macigno, se la riunione plenaria delle
nazioni membri ha subito un rinvio, data la discordia tra i soci
dell'Eurogruppo. Tuttavia le risoluzioni da esso emanate sono durissime. Ai
capi di governo saranno date scarse possibilità di modificarle.
È
interessante vedere la piega che assumerà la faccenda. Tanto più che Tsipras ha
concesso parecchio, dividendo il suo partito e persino il governo, alienandosi
una parte consistente di quelli che, ascoltandolo, hanno votato No. Significa un suicidio per lui cedere
su altri punti, tornare in parlamento per l'approvazione d'ulteriori
concessioni all'austerità. Le condizioni che condannano i greci alla miseria
sembrano irrevocabili. Qualunque mossa adotti l'agente Obama al fine di
costringere i crucchi a rientrare nei ranghi, egli ha ormai perso questa
partita.
Agli italiani
non resta che stendersi in poltrona come bravi spettatori.
Piero Nicola
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