Il saggio di
Julio Loredo Teologia della liberazione.
Un salvagente di piombo per i poveri, edito da Cantagalli di Siena nel
2014, è un profondo e documentatissimo studio sull’inquietante realtà della
cosiddetta “Teologia della liberazione” (Tdl), uno studio che si segnala anche
per la nitidezza didattica, che ne farebbe un ideale testo universitario, se
solo l’università italiana non fosse marcia di omocrazia e di mafie delle
cattedre.
La Tdl è
tornata di recente alla ribalta dopo un lungo periodo di oscuramento dovuto a
varie condanne papali, mai però abbastanza drastiche da impedire alla funesta
ideologia di rialzare la testa, grazie alla serpentina capacità dei suoi
esponenti di minimizzare e distorcere i pronunciamenti contro di loro, e al
tradimento di una consistente parte del clero. Vale la pena di ricordare le
terribili parole profetiche rivolte, mentre ancora durava la seconda guerra
mondiale, alla mistica Maria Valtorta dal Divino Maestro: “La Chiesa non sarà
colpita che dalla Chiesa”.
Mentre il Papa
emerito Benedetto XVI, in una recente intervista ricordava che occorre opporsi
alla Tdl proprio “per amore dei poveri e a pro del servizio che va reso loro”,
Papa Francesco, con le sue imprudenti iniziative, come incontri con “teologi”
Tdl, prefazioni papali a loro libri, scomuniche tolte, concelebrazioni insieme
ad essi, e via deragliando, ha permesso agli osservatori laicisti di parlare di
“sdoganamento” della Tdl. Al ravvivarsi della Tdl contribuisce naturalmente
anche la grave crisi economica globale, risultato della denatalità propugnata
dai “padroni del mondo”, come ben rileva il grande economista Ettore Gotti
Tedeschi, non a caso cacciato dalla direzione dello Ior perché non in linea con
le direttive della massoneria vaticana.
Non i poveri
amano i “teologi” Tdl, ma la povertà (altrui) e amano in particolare quei
poveri livorosi e pieni di invidia che si prestano a farsi strumenti
rivoluzionari per consegnare debitamente il potere a lorsignori, e soltanto
quelli. Nessuna compassione, invece, per i poveri fedeli alla Chiesa, ossia per
la stragrande maggioranza. La Tdl è un “salvagente di piombo per i poveri”
(secondo l’appropriata definizione del teologo gesuita Horacio Bojorge), un coacervo
di menzogne eretiche abilmente propagate attraverso le “Comunità ecclesiali di
base” (Ceb), che ne costituiscono una delle maggiori cinghie di trasmissione.
La catastrofica
ideologia è ben nota a Julio Loredo, che l’ha sperimentata sulla propria pelle
e ha dovuto fuggire, ancora giovanissimo, dal natìo Perù, sotto la dittatura
assassina del generale Juan Velasco Alvarado (1910-1977), che aggravò in modo
terribile la situazione dei poveri e represse nel sangue ogni sollevazione
proprio di quei poveri che, a parole, doveva difendere. Solo col ritorno
all’economia di mercato, il Perù poté risollevarsi e ridurre in modo
significativo la povertà. Del tutto analoga è l’esperienza di altri Paesi
latinoamericani lanciatisi nella disastrosa esperienza comunista. Menzogne su
menzogne stanno dietro anche al Movimento dei Senza Terra del Brasile, dove
esistono enormi estensioni di terra vergine che richiedono una usucapione di
soli due anni, per cui niente di più facile che diventare proprietari terrieri.
Mai avrebbe potuto la Tdl guadagnare consensi nell’America Latina,
massicciamente cattolica, senza l’aiuto di un cospicuo numero di preti e
prelati traditori.
La Tdl nasce in
linea diretta dalla confluenza del “cattolicesimo sociale” (divenuto
“cristianesimo democratico” e infine “socialismo cristiano”), e del
“cattolicesimo liberale” (divenuto “modernismo” e infine “Nouvelle Théologie”):
due correnti esiziali per la retta dottrina e per un’autentica cura dei poveri.
Dalla giusta preoccupazione per le condizioni del proletariato urbano, nato
dalla rivoluzione industriale, si sviluppò il “trasbordo ideologico” (per usare
l’efficace espressione di Plinio Corrêa de Oliveira), che portò i Circoli
cattolici operai francesi ed altre consimili organizzazioni europee, verso il
socialismo statalista, sotto l’influsso delle idee egualitarie ereditate dalla
Rivoluzione Francese: eliminato il Re, occorreva togliere di mezzo anche i “re”
della sfera economica. Dall’ala populista del cristianesimo sociale, e
all’insegna dell’ambiguità dottrinale, nacque quindi la democrazia cristiana,
la cui caratteristica di fondo era la rinuncia all’ideale di un ordine sociale
cattolico, con una perversa capacità di trascinare verso l’estrema sinistra
uomini di destra e soprattutto centristi ingenui: ecco quindi il famigerato
“centro che ci portò a sinistra”, secondo l’illuminante espressione del Prof.
Roberto De Mattei.
Molte radici
cattoliche tradizionali, in Francia e altrove, furono troncate dalla deriva a
sinistra dell’Azione cattolica, sotto il peso di pseudocattolici deragliati ma
di grande peso nel panorama culturale e sociale, come Jacques Maritain e
Emmanuel Mounier. La Tdl è figlia della nefasta penetrazione di tendenze
moderniste e democratico-cristiane nell’Azione cattolica, in Francia, in Italia
e nell’America latina, ed è arrivata a propagarsi anche nel Nord America, tra
gli ispanici e gli Amerindi. In Italia la deriva democristiana giunse ad
approvare senza batter ciglio leggi tanatofile come divorzio e aborto, mentre
sotto la protettrice ala di una Chiesa deragliata covava l’uovo avvelenato
delle Brigate Rosse.
L’autore
traccia, con grande competenza storica e dovizia di documenti, la progressiva
degenerazione del pensiero cattolico, dalla vigliaccheria di una parte del
clero che apostatò aderendo alla Rivoluzione francese, alle farneticazioni
liberali di adeguamento allo “spirito del tempo” a discapito della fedeltà
all’eterno Magistero, al delirio di “rivoluzioni moderne come opera di Dio” e
di “Cristianesimo come propulsore del processo rivoluzionario”. Un estremista
che si espose in questo senso, come Robert de Lamennais, finì scomunicato; ma
l’opera demolitrice, non sufficientemente contrastata dalle gerarchia, continuò
con il più scaltro Henri Lacordaire. L’Ottocento è il secolo delle rivoluzioni,
culminate nel 1848, che vede una vera ondata anticristica di stampo chiaramente
massonico investire tutta l’Europa, e l’arcivescovo di Parigi, mons. Denis
Auguste Affre, assassinato dalla plebaglia in rivolta mentre tentava di calmare
gli animi, come aveva profetizzato nel 1830 la Santissima Vergine a santa
Caterina Labouré nelle apparizioni della Rue du Bac.
Stendiamo un
pietoso velo di silenzio sull’inesorabile avanzata del cosiddetto
“risorgimento” sull’infelice Italia, divorata pezzo per pezzo dal regime
sabaudo-massonico con la complicità della massoneria anglo-americana, a partire
dal 1815 (stupro della Repubblica di Genova) fino al 1870 (stupro finale dello
Stato della Chiesa), passando per il massacro del Mezzogiorno d’Italia (1860) e
l’ingloriosa conquista del Veneto (1866), ottenuta grazie alle baionette
prussiane. Invano il Santo Padre Pio IX puntualizzava lucidamente gli errori
moderni e i mali della società contemporanea con la fondamentale enciclica Quanta cura e con il Syllabus errorum. A braccetto con il
laicismo massonico, il “cattolicesimo” modernista, già allora padrone della
stampa “che conta”, procedeva a rullo compressore schiacciando la Verità
evangelica e illudendosi di poterla distruggere. A gente abituata a ragionare
solo in termini di potere umano pareva infatti che, eliminando il potere
temporale della Chiesa, l’intera Chiesa sarebbe caduta.
La Chiesa non
cadde, ma dopo l’intransigenza di Pio IX, la linea dialogante del suo
successore Leone XIII (salito al Soglio pontificio nel 1878) con lo Zeitgeist, facilitò l’infausta ascesa
della democrazia cristiana, mentre nella Belle
Epoque dilagava uno spirito ottimista e buonista. Vi si aggiungeva il
diffondersi dell’“americanismo”, basato sull’illuminismo anglo-scozzese, meno
radicale e violento di quello continentale, più sorridente e moderato, e
proprio per questo più insidioso, portatore di liberalismo, democrazia e
riconciliazione con il mitico “spirito dei tempi”. L’americanismo finì per
alimentare il modernismo, le cui dottrine erano sempre più gravemente
sovversive della retta dottrina.
Vi era
anzitutto una funesta infatuazione per il mondo moderno (pensiero agnostico
derivante dall’idealismo kantiano, metodo storico-critico sviluppato dai
protestanti per impugnare i fondamenti storici della Rivelazione, filosofia
dell’azione sviluppata da Maurice Blondel e altri, e infine darwinismo usato
per scardinare la Verità biblica). A ciò si aggiungeva la sovversione della
dottrina cattolica, l’incoerenza (col rigetto del principio di non
contraddizione, per cui l’assurdo non sarebbe più segno di errore),
l’anti-intellettualismo e l’agnosticismo (il delirante “slancio vitale” di
Bergson che sfocia nell’immanentismo, per cui Dio non è una Persona, ma un
“puro divenire”). Si giunse così alla blasfema affermazione secondo cui Nostro
Signore non avrebbe voluto fondare una Chiesa, e, peggio, alla critica storica
volta a negare o almeno a mettere in dubbio la natura divina di Gesù, in base
al postulato agnostico secondo cui l’unico campo accessibile alla nostra
conoscenza sarebbe quello dei fenomeni sensibili.
Ed ecco
finalmente, ad opera di Leone XIII, la condanna del modernismo, con l’enciclica
Providentissimus Deus, del 1893, al
solito formulata a base di vaselina, evitando di condannare direttamente
persone o libri, lasciando quindi ampie scappatoie ai distruttori della Fede.
Più energica fu la condanna di san Pio X, con l’enciclica Pascendi dominici gregis e con altre importanti iniziative come
l’istituzione del giuramento antimodernista col motu proprio Sanctorum Antistitum. Ma il modernismo sopravvisse con
mezzi subdoli, segretezza e “massoneria cattolica”, tutti mezzi confermati
dagli stessi progressisti, come il teologo svizzero Hans Küng, e non senza
l’aperta disobbedienza di non pochi vescovi, per cui il santo Pio X,
nell’aprile 1912, confidava all’amico mons. Alfonso Archi, vescovo di Como, di
sentirsi abbandonato da tutti. La crisi della Chiesa non è dunque cosa recente,
apparsa solo con postconcilio, come taluno ottimisticamente afferma: al
contrario essa affonda le sue radici assai indietro nel tempo, come ben
sottolinea l’insigne storico Prof. Roberto De Mattei nel suo fondamentale
studio sul Vaticano II.
Morto san Pio
X, il 20 agosto 1914, affranto per non aver potuto fermare l’immane, inutile
massacro, il suo successore Benedetto XV condannò ripetutamente il modernismo,
ma attenuando nella pratica l’opposizione all’eresia, mentre i modernisti
rialzavano la testa. Ma il guaio peggiore era costituito dai “modernizzanti” o “terzo
partito”, il cui focolaio era la facoltà teologica della provincia domenicana
francese di Le Saulchoir, cui si
aggiunse la facoltà teologica di Lione-Fourvière. I modernizzanti, almeno in
apparenza più moderati, si riconoscevano “figli di Lacordaire”, ed erano
maestri di “belle formule”, giri semantici agli antipodi dal “sì sì no no”
evangelico; e i libri che scrivevano contenevano le formulazioni più moderate,
mentre quelle estremiste circolavano ugualmente in forma di samizdat ciclostilati. Fu da questo
subdolo lavorìo che scaturì a poco per volta la Nouvelle Théologie, erede del modernismo e precorritrice della Tdl
che, a partire dagli anni 1930, cominciò a diffondersi tra il popolo cattolico,
grazie all’Azione cattolica deragliata e ad un’inquietante macchina
propagandistica, forse legata alle forze oscure che miravano al sovvertimento
della società. Va aggiunto che si era in piena epoca staliniana, e che ai
servizi segreti sovietici di certo non potevano sfuggire i vantaggi che il
dilagare dell’eresia in campo cattolico avrebbe recato alla causa del comunismo
ateo. Prove del coinvolgimento del KGB nella stessa formulazione della Tdl
furono successivamente trovate, come l’autore dimostra più oltre.
Quali le
dottrine della Nouvelle Théologie?
Anzitutto la tendenza ad ascoltare lo “spirito dei tempi”, e quindi il mondo,
più che la Parola di Dio, con vera bramosia di “adattare” la dottrina cattolica
al mondo, invece di convertire questo alla Verità, con la giustificazione (o
scusa) di “rendersi più comprensibili agli uomini di oggi”, gettando via il
bambino (la Verità stessa) insieme all’acqua sporca (certe carenze della
teologia neoscolastica). Ne derivò la tragica deriva dottrinale, con errori
concatenati gli uni negli altri.
Ecco quindi la
penetrazione dell’esistenzialismo, dello storicismo, dell’immanentismo storico
(la fonte della Rivelazione da ricercarsi nella storia), aggravata da una
scelta faziosa dei fatti storici in cui Dio si rivelerebbe (non la
consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria, non i risvegli spirituali
in Francia, Spagna, Austria, non i messaggi di Fatima, che pure erano fatti
storici di prima grandezza, ma piuttosto i movimenti sovversivi che spuntavano
come funghi velenosi per ogni dove), e ancora la confusione tra il piano
soprannaturale e quello naturale, una nuova ecclesiologia alla mercé delle
circostanze storiche, uno spostamento dell’attenzione dalla Chiesa come Corpo
Mistico alla Chiesa come “popolo di Dio”: una perdita del senso del sacro,
sostituita da uno strisciante umanesimo.
La condanna
della Nouvelle Théologie da parte del
grande Papa Pio XII, con un serie di encicliche culminata con la fondamentale Humani generis del 1950, non sortì
l’effetto sperato: l’insegnamento papale venne sottilmente minimizzato dai novatori.
Venne poi Giovanni XXIII a riabilitare i “nuovi teologi”, aprendo le cateratte
all’innovazione sfrenata e alla penetrazione del “fumo di satana nel tempio”,
come dovette riconoscere Paolo VI, senza peraltro prendere gli energici
provvedimenti che la situazione richiedeva.
I tempi erano
maturi per il lancio della Tdl, nata in America latina sotto l’influsso del
ribollire della Nouvelle Théologie
europea. L’autore, con un colpo d’ala di profonda erudizione storica, rivolge
indietro l’attenzione anche alle radici remote della Tdl, che affondano nella
gnosi dell’Antichità e nelle correnti pauperiste, utopistiche ed eretiche sorte
nell’autunno del Medioevo e perpetuate dai millenaristi della sinistra
protestante, dall’illuminismo, dall’anarchismo, dal socialismo utopico, fino a
quello “scientifico” di Marx.
Le fondamenta
malate della Tdl (che non è propriamente una teologia perché di tutto parla
fuorché di Dio) si comprendono bene ponendole a confronto con la retta dottrina
cattolica. La ragione umana, pur viziata dal peccato originale, è capace di
conoscere Dio, ma in modo limitato. Alle limitazioni umane Dio viene incontro
con la Rivelazione soprannaturale accettata dalla Fede per Divina Autorità: ciò
costituisce il Depositum Fidei. Ma la
Tdl non ha Dio per oggetto, inverte il processo teologico perché parte dalle
situazioni contingenti invece che dalla Rivelazione, non ammette che la
Rivelazione stessa sia conclusa con la morte dell’ultimo apostolo, considera
come principale locus theologicus i
“poveri” e gli “oppressi”, si vale come strumento teologico del marxismo ateo.
Quando è divenuto impossibile mascherare il totale fallimento dell’analisi
marxista, con anguillina capacità di mistificazione, i propugnatori della Tdl
hanno spostato il tiro su altre situazioni di vera o immaginaria ingiustizia,
fino al femminismo e alla delirante ideologia del gender.
La rivoluzione
sarebbe dunque la fonte della Rivelazione. La Tdl inizia con l’insurrezione;
soltanto le persone effettivamente impegnate in un attivismo rivoluzionario
sarebbero in contatto diretto con la Rivelazione, e quindi in grado di fare
teologia. I “teologi” brasiliani Leonardo e Clodovis Boff, “pensatori” di punta
della Tdl, affermano che solo dopo la prassi rivoluzionaria viene il momento
dell’analisi teologica, la quale mira aggressivamente alla distruzione
dell’ordine esistente, e riduce i sedicenti “teologi” ad “intellettuali
organici” della rivoluzione (o meglio della sovversione) socioecclesiale. Le
azioni di Dio sarebbero soggette non al discernimento della gerarchia, ma a
quello collettivo delle comunità, in pratica plagiate dalle minoranze radicali
e dai cosiddetti “profeti”, punta di lancia delle minoranze radicali. Uno di
tali “” era il vescovo “” Helder . Nei fatti, abbattuti i paraventi ideologici,
si tratta evidentemente dei soliti rivoluzionari di professione pronti ad
insediarsi nelle poltrone lorde di sangue dopo che gli assassini da loro
aizzati hanno finito il loro lavoro.
Il nucleo
dottrinale della Tdl nasce dal rifiuto della trascendenza e quindi in un
immanentismo che tuttavia non è mai chiarito a fondo. Il concetto di un Dio
trascendente e personale viene rifiutato sulle tracce di Hegel, perché sarebbe
un divino estraneo infinito che governa il mondo finito dall’alto, un essere “alienante”.
L’idea di un Dio trascendente si sarebbe formata per un processo psicologico
cervelloticamente ricostruito da Gregory Baum risuscitando il fatiscente mito
rousseauiano del “buon selvaggio”, il quale, per un misterioso “peccato
originale”, avrebbe perso la capacità di amare e vivere una vita riconciliata;
così ”lacerato” l’uomo si sarebbe appellato al potere ordinante di un Dio
trascendente. Mentre la sensazione di un Dio immanente darebbe luogo a una
“religione buona”, l’idea di un Dio trascendente e personale sarebbe fonte
suprema di tutte le alienazioni e legittimerebbe ogni oppressione nella
società. Solo la liberazione da questa idea di Dio consentirebbe di avere una
società libera. Inutile chiedere ai propugnatori di una simile favola di offrire
uno straccio di dimostrazione delle loro idee: la rivoluzione spara e non ha
bisogno di cervelli ragionanti.
Dio diventa
l’“energia pulsante nel cosmo”, sparisce la creazione del mondo dal nulla, si
cancella la distinzione tra ordine naturale e ordine soprannaturale, l’energia
è l’anima di tutto e il “nome attivo di Dio”. Non vi sarebbe alcuna separazione
soggetto-oggetto, ma l’uno staree dentro l’altro in una “comunione di amore” e,
secondo Joe Holland, uno dei più scatenati in questo diabolico sabba, “quando
Dio ha creato il mondo è stato come una comunione sessuale” (sic).
La Rivelazione
sarebbe immanente: ne sarebbero fonte il corpo umano e i nostri movimenti
interiori; corollario inespresso ma inevitabile è che l’anima umana resta in
tal mondo esposta a qualsiasi vento di sensualità e a qualsiasi “movimento
interiore” piaccia al diavolo ispirarle. Il Regno di Dio diventa quindi utopia
popolare, libertaria e ugualitaria; un’utopia temporale “realizzata nel mondo,
escatologia: è il lieto fine della totalità della creazione in Dio”, predica
Leonardo Boff. Costruire il Regno significa lottare contro le “oppressioni”
politiche, sociali, culturali, razziali e sessuali. I più vicini al Regno di
Dio sarebbero stati i Paesi comunisti, inclusa l’Urss, nei cui confronti il
famigerato Leonardo Boff si espresse in termini elegiaci.
Man mano che il
fallimento del comunismo appariva sempre più inevitabile, gli imperterriti
menestrelli della Tdl, ben lungi dal dire: “Scusateci, abbiamo sbagliato”,
andavano oltre, su linee già astutamente preparate in precedenza, verso
un’enigmatica “liberazione del cosmo”, con la rinuncia allo sfruttamento
industriale delle risorse naturali e il ritorno a un mondo tribale. Questo
delirio non ha mancato di approdare alle Nazioni Unite, espressione del
mondialismo sfrenato dei padroni del mondo, con i quali i “teologi” deragliati,
sedicenti nemici di tutte le oppressioni, sono evidentemente in combutta. Nel
1979 l’Unesco ha varato la Dichiarazione
universale dei diritti dell’animale, e nel 2000 la Carta universale dei diritti delle altre specie; intanto si sta
covando una carta dei “diritti dei vegetali”. E perché – si chiede ironicamente
l’autore – questo delirio iconoclasta non dovrebbe arrivare ad includere la
“liberazione” del regno minerale?
Emergendo dalla
confusione semantica tipica del loro modo subdolo di esprimersi, che usa le
tradizionali parole della teologia per intendere tutt’altro, i “teologi” della
Tdl devastano il concetto stesso di Chiesa. Nostro Signore avrebbe inteso soltanto
predicare il Regno, e la Chiesa sarebbe stata istituita dagli apostoli, visto
che il Regno tardava. La vera Chiesa immanente si costruirebbe lungo la storia
seguendo i cambiamenti socioeconomici, e in particolare dipenderebbe dalle
trasformazioni del modo di produzione, diverrebbe “pneumatica” e “cosmica”,
“democratica”, “ugualitaria”. E poiché la Chiesa istituzionale sarebbe “alleata
degli oppressori”, si renderebbe necessaria una lotta di classe al suo interno,
parallela a quella all’interno della società: preti contro vescovi, fedeli
contro preti. Purissimo distillato di satanismo, perfettamente in linea con la
natura del diavolo: “colui che divide”.
Non stupisce
affatto, a questo punto, constatare che in questa totale sovversione della
Verità, del buon senso e della carità, abbia avuto un ruolo di primo piano il
regime sovietico. Lo dimostrano documenti dell’Accademia delle Scienze
dell’Urss e informazioni da disertori sovietici, come il generale Ion Mihai
Pacepa, il più alto ufficiale del KGB mai passato all’Occidente: la vera fonte
della Tdl sarebbero i laboratori di guerra psicologica del KGB, e, fino a che
l’Urss crollò sotto il peso delle proprie insanabili contraddizioni interne, i
“teologi” deragliati furono i perfetti utili idioti dell’imperialismo
sovietico.
Uno dei più
celebri di tali personaggi fu l’arcivescovo brasiliano Helder Câmara, “profeta”
della rovina della Chiesa, per il quale, il 25 febbraio 2015, si è aperta la
causa di beatificazione (mentre è stata vergognosamente negata per un’anima
dolcissima e obbedientissima alla Chiesa, come la mistica e grande veggente
Maria Valtorta). Il “profeta” Câmara arrivò a scrivere (vedi Tradizione, Famiglia, Proprietà, giugno
2012): “Ho sognato che il Papa diventava
pazzo e, con le proprie mani, appiccava il fuoco al Vaticano e alla Basilica di
San Pietro. Sacra Pazzia! Lo stesso Dio soffiava sul fuoco e i pompieri invano
cercavano di estinguerlo. Il Papa pazzo se ne andava per le vie di Roma
mandando via tutti gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, buttando
via la tiara nel Tevere e distribuendo ai poveri tutti i soldi del Banco
Vaticano. Che vergogna per i cristiani! Perché un Papa possa vivere il Vangelo,
dobbiamo immaginarlo totalmente pazzo!” Espressioni che, in bocca a
chiunque, e tanto più ad un alto prelato di Santa Romana Chiesa, fanno ben
comprendere come la Tdl, più che una questione di teologia, sia un problema
psichiatrico.
Emilio Biagini
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